di Luca Brancher
Lo chiamano il giocatore regolare, lo definiscono un tennista noioso, di quelli che “se c’è lui in campo dormo”, se non, addirittura, “spengo la tv, perché questo tennis moderno mi annoia parecchio”. Nulla di strano, come in genere, negli istituti di educazione di primo grado è difficile trovare bambini appassionati di geometria, parimenti, nel tennis, è più naturale essere catturati da giocate ad effetto e da uscite estemporanee di talento piuttosto che da scambi impostati sulla misura e sulla lenta ed annichilente (per gli avversarsi) ricerca degli ultimi centimetri del campo: da Simon-folgorato sulla via del Foro Italico, sette anni orsono, quale sono, comprendo fino ad un certo punto quell’alone d’astio in cui il nizzardo pare dimorare.
Non ho nemmeno voglia di ricordare quale fosse il retaggio di Simon a Shanghai, dove oggi, al termine di una settimana esaltante, ha raggiunto la seconda finale in un ATP Master 1000 della sua carriera, dopo quella madrilena del 2008 – torneo che, nella sua versione indoor, ha lasciato spazio proprio alla kermesse cinese – ed in cui, sempre nell’anno di grazia già menzionato, arrivò a giocarsi una semifinale del Master di fine anno, nella sua ultima edizione orientale prima del salutare e corretto ritorno in Occidente; tuttavia vorrei puntare l’attenzione su quanto sia stata assolutamente fuori dagli schemi, smodata e anticonvenzionale questa sua stagione, neanche stessimo parlando di un Philip Petzschner qualsiasi.
Cominciato l’anno alla diciannovesima posizione di quel ranking che lo aveva visto toccare, cinque anni prima, addirittura la sesta piazzola, e che non lo vedeva uscire dalla top-20 da tre stagioni abbondanti, tornerà a gravare attorno a quella posizione dopo l’exploit cinese – a meno di un epilogo ancora più positivo dopo la finale di domani. Trecentosessantacinque giorni scarsi che, differentemente da quanto pare celarsi dietro un’analisi “ante-post” della graduatoria, hanno regalato vari spunti di riflessione:
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Le rimonte, da quelle impossibili a quelle possibili: a gennaio, nel corso dell’Australian Open, unico Slam in cui ha raggiunto in carriera i quarti di finale, ha sfidato all’esordio il teutonico Daniel Brands, giocatore che, su campi veloci, ha le armi per metterlo in difficoltà. In verità parlare di difficoltà è restrittivo, dal momento che Daniel, per quanto in risposta, ha avuto l’occasione di giocarsi ben sette match-point, prima di capitolare al trentesimo gioco di un infinito quinto set. In questo gioco di stagione allo specchio, fatta di discese e di risalite, quell’incontro di inizio anno ben si accoppia col primo turno di un’altra manifestazione disputatasi nell’Estremo Oriente, a Tokyo, contro Roberto Bautista-Agut, in cui, dopo aver perso il primo parziale per 6-4, ha annullato ben sette match-point nella seconda frazione, vinta per 9-7 al tie-break, prima di vedersi lasciato il via libera dall’iberico all’inizio del set conclusivo. Secondo una bizzarra statistica ATP, Gilles Simon è il primo giocatore in assoluto ad aver vinto due incontri sul circuito maggiore, nel corso della stessa annata, annullando più di cinque match-point. Non solo di rimonte così estreme è stato costituito il 2014, ma anche di alcune più “moderate”, di cui ben quattro solo negli ultimi quindici giorni – da ricordare quella contro l’omonimo Muller, che si era trovato avanti 6-4 5-3 40-0 e servizio, non un’arma da sottovalutare;
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La sfida al Foro Italico con Rafa Nadal: non è stata una stagione primaverile dominante per l‘iberico come in altre occasioni, però quando abbini il nome Nadal a manifestazioni come Roma, Monte Carlo e Roland Garros (Madrid no, ci scopriamo puristi), la nomea del mallorquino imbattibile torna a farsi viva. Ebbene quest’anno, a Roma, nel corso della prima apparizione di Rafa al Foro Italico, Simon ha impensierito non poco il suo plurititolato contendente, in 200 minuti di partita che andavano in contemporanea con la finale di Europa League, dove il Benfica saggiava una volta di più la validità della “maledizione di Bela Guttmann”. Gilles non aveva nessun sortilegio da spezzare, dato che Nadal lo aveva sconfitto sei anni prima, ma è fuor di dubbio che questo match – definito da lui stesso uno dei migliori mai giocati – ha sortito l’effetto dello spartiacque nella stagione del nativo di Nizza.
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Le sconfitte contro giocatori inferiori: si fa spesso affidamento su Simon quando si pensa ad un giocatore che difficilmente perde contro tennisti inferiori a lui. In verità in questo 2014 Gilles ha subito rovesci da diversi atleti più bassi di lui in classifica, addirittura in quattro occasioni non compresi tra i primi 100 del corrispondente ranking ATP. Passi per Dominic Thiem, non sono Marius Copil, Marc Gicquel e Ricardas Berankis profili contro cui si può pensare che Simon arranchi, ed invece sono arrivate altrettante secche sconfitte in due soli set. Nulla di paragonabile, a quanto lui stesso dice, con la peggiore partita della sua intera carriera, disputata nel primo turno di qualificazione di Casablanca contro il serbo Nikola Cacic. In quei giorni la sua Francia disputava i quarti di finale di Davis Cup, la stessa selezione che lo aveva emarginato dopo la sconfitta contro l’Argentina nel singolo decisivo del quarto di finale dell’anno prima: adombrato da questi pensieri, Gilles, di rimando, accettò di giocare le qualificazioni del torneo 250 marocchino, a cui non si era iscritto per tempo. Contro Cacic Gilles dovette ricorrere ad un 7-5 al terzo set per venire a capo di una contesa in cui “non mi sono mai sentito in grado di fare quello che solitamente so fare”.
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Aver reso grande CIlic: permettetemi una piccola provocazione. A Melbourne, Simon estromise in cinque set Cilic dal torneo, il remake di quell’incontro, andato di scena negli ottavi di finale dello U.S. Open, pareva avere un andamento molto similare, con il francese capace di vincere la quarta frazione e di fronteggiare una palla break in suo favore nel primo gioco del quinto set. Come tutti sapete, il croato, da quel momento in poi, avrebbe vinto i successivi 10 set, aggiudicandosi il primo Slam della carriera. Eppure nulla toglie dalla mia testa che quell’incontro, contro un Gilles particolarmente in palla, abbia regalato ancora più linfa e tempra ad un tennis d’altissimo livello. Libero di sbagliarmi.
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Coach in divenire: Nello stesso frangente, Gilles si è lasciato andare, nel corso di una conferenza stampa, ad elogi nei confronti del suo amico Gael Monfils, definendolo un grandissimo giocatore, ma tatticamente mal gestito. Arrivò a dire che non gli sarebbe dispiaciuto affiancarlo in qualità di coach, e che questa eventualità chissà che in futuro non si possa concretizzare: nel frattempo si sarebbe limitato a dare due consigli su come affrontare Roger Federer, contro cui Simon ha uno score non così nefasto. Sarà un caso, ma Gael contro l’elvetico ha giocato la partita più accorta di sempre, giungendo ad un solo punto dalla vittoria.
In questa stagione sui generis Gilles Simon, ad essere onesti, sta per cogliere un primato che molto probabilmente preferirebbe non dover registrare. Sarebbe il primo anno, dal 2007, in cui non solleva alcun titolo: certo, colta la prima finale del 2014, non ci si può sottrarre al pensiero che il successo possa arrivare, soprattutto se ricordiamo come uno dei due precedenti tra Simon e Roger Federer, il suo avversario nella finale, vinti dal francese si è disputato proprio su questo campo. E chissà che Arnaud Clement, guardando la partita, non cambi le sue gerarchie pensando a Lille. Questa settimana lo sgambetto a Wawrinka è già riuscito….
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