Gaio: «Non sono lontano dai grandi»

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di Alessandro Mastroluca

“Ho capito che non sono così lontano dai grandi giocatori. Tra me e loro ci sono tante piccole cose che fanno una grande differenza”. È questa nuova consapevolezza che ha portato Federico Gaio alla prima finale challenger in carriera e a entrare così per la prima volta tra i primi 300 del mondo. Una consapevolezza che deriva dall’exploit di Cortina, dalla vittoria su Starace, e da una finale che quelle piccole differenze le ha esacerbate. Perché Gaio e Krajinovic sono nati a una settimana di distanza, come Murray e Djokovic, eppure i percorsi delle loro ancor giovani carriere non hanno ancora raggiunto la fase delle convergenze parallele. Il serbo è numero 112, quest’anno ha vinto due Future e due Challenger e si è preso la soddisfazione di battere Fognini (e sorvoliamo sull’insulto di cui già si è parlato abbastanza, molto più che della sconfitta) e arrivare in ottavi a Amburgo.

Gaio ha dimostrato in finale a Cortina di avere più tennis, più armi, più soluzioni. Per un set e mezzo ha dominato, un po’ aiutato magari da un Krajinovic meno dinamico e reattivo avendo giocato poco prima l’ultimo set della semifinale con Troicki. “Penso comunque di aver fatto sempre più gioco io. Nel primo set ho giocato davvero molto bene, e anche nel secondo ho avuto chance”. Leggi, andare 5-3 e servizio nel tiebreak. Qui, però, la partita cambia e l’epifania dell’esito che verrà è tutta nel doppio fallo dell’azzurro. “Ho rischiato, ho provato a tirare anche la seconda, ho preso anche il nastro. Mi è andata male. Poi da lì lui è salito un po’: non posso comunque recriminare”.

Altrettanto lucida, alla luce dell’andamento della finale, è la descrizione del percorso da compiere. Gaio, insomma, sa bene dove andare per andare dove deve andare. “Più che sul tennis, devo lavorare sulla continuità, sul servizio. Devo riuscire a usare tutte le armi che ho a mio favore, e non abusare di certe soluzioni come a volte mi capita”. Poche parole che racchiudono tutto il senso della finale, tutte le ragioni della sconfitta. Perché le punte di rendimento più alte, l’efficacia della risposta, perfette alcune sbracciate di dritto a sventaglio da sinistra con la palla colpita all’altezza della spalla e schiacciata sulla riga, non sono bastate? Perché nella seconda parte di match si è un po’ intestardito con i ricami, le palle corte, le controsmorzate, ha finito per sbagliare di più e restituire fiducia a un avversario che non chiedeva altro.

Ed eccola, quella differenza piccola ma grande che trasforma in sconfitta una quasi vittoria. Krajinovic è più precoce perché più regolare, il suo tennis ha la strada segnata, Gaio invece ha piani B, C e via giù a sciorinare l’intero alfabeto, può scartare di lato e cadere. Mantenere l’estro e finalizzarlo è l’obiettivo del suo nuovo coach, Giovanni Pacchioni, direttore dell’ITF di Cesena che si è giocato a fine maggio. “Abbiamo iniziato da tre mesi, sto lavorando molto dal punto di vista mentale. Mi sento meglio in generale, in campo sono più positivo, sto migliorando in tutto e i risultati si vedono”. Cambiare gli ha fatto solo bene. “Da ogni cambiamento impari molte cose, a volte anche banali. Magari dall’interno hai determinate sensazioni, mentre da fuori il tuo gioco sembra diverso. E chi ti vede da fuori ti fa rendere conto di questo”.

Lezioni che potrà applicare subito, perché la quasi vittoria può subito diventare vittoria e basta. La rivincita è immediata: primo turno del Challenger di San Marino, in cui è entrato con lo special exempt come Marcora. Una scelta di programmazione che vale come dichiarazione di intenti: “Voglio insistere con i challenger in questa seconda parte di stagione”. Ma niente asticelle, niente obiettivi di classifica da raggiungere. “Vorrei trovare entro fine anno la continuità di questa settimana. Devo cercare di andare sempre meglio e arrivare più in alto possibile”. Il messaggio è chiaro. “Prima, quando giocavo con avversari di grande livello come Starace pensavo ‘spero di fare bella figura’. Adesso vado in campo e voglio batterli”.

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