(ESCLUSIVA DELL’AMICO E COLLEGA RICCARDO BISTI PER TENNISBEST, CHE TROVATE A QUESTO LINK)
di Riccardo Bisti – 16 luglio 2013
Vincendo il torneo ATP di Stoccarda, Fabio Fognini ha compiuto un passo forse decisivo nella sua carriera. Lunedì mattina si è svegliato da numero 25 ATP (e 19 nella Race), ma non gli basta: il ligure vuole raccogliere fino in fondo i frutti della collaborazione con coach Josè Perlas e raggiungere i propri limiti. Adesso punta a giocare bene ad Amburgo e Umago, ma non si nasconde: “Vorrei tirare fuori il meglio anche sul veloce. Fino ad oggi l’ho fatto poco: è il momento di riuscirci”.
Fabio, ecco il primo titolo ATP. Pensi che sia arrivato al momento giusto o lo avresti meritato prima?
Mi sentivo pronto già da un po’, ma probabilmente non lo ero. Mi mancava ancora qualcosa sul piano mentale e della continuità. Tutti i pezzi si sono messi insieme a Stoccarda.
Cosa ti è passato per la testa nel secondo set della finale, quando Steiner ha fatto l’overrule sul setpoint e sei andato a servire sul 5-4, con tutta la pressione addosso?
Ho cercato di non pensare. Chi ha visto la partita si è reso conto che non ho detto una parola, sono rimasto concentrato e ho pensato soltanto a giocare. Credo di aver mostrato un atteggiamento davvero positivo.
Appunto, sul campo sembri davvero maturato. E’ un’evoluzione naturale, dovuta all’esperienza, oppure ci hai lavorato su?
E’ normale lavorarci. Chi mi sta vicino conosce i sacrifici che faccio per migliorare, giorno dopo giorno. Sono davvero soddisfatto, mi sono tolto un piccolo sassolino dalla scarpa. Mi sarebbe piaciuto farlo prima, ma l’importante è avercela fatta e ripartire più motivato che mai.
Chi è stato il primo a chiamarti dopo la vittoria? Quanti messaggi hai ricevuto?
Il primo con cui ho parlato è stato papà. Era da tanto che non lo sentivo e mi ha cercato subito. I messaggi sono stati tantissimi, ho finito di leggerli soltanto ieri! Non sono riuscito a rispondere a tutti, spero che capiscano. Anzi, colgo l’occasione per ringraziarli: se è vero che i tifosi veri si vedono nei momenti difficili, è altrettanto bello sentire la loro vicinanza quando arriva un successo importante. E per fortuna, di tifosi veri, ne ho tanti.
Dici spesso che la classifica è solo questione di numeri e ciò che conta è stare bene con se stessi. Ma ti piacerebbe essere numero 1 d’Italia a fine anno?
Devo essere sincero? Non mi interessa granchè. Se sto bene i risultati arrivano. Ciò che conta, per me, è stare bene fisicamente dopo aver avuto un mucchio di problemi. Ed è altrettanto importante avvertire tanti piccoli cambiamenti che mi hanno reso un giocatore migliore, come ad esempio la capacità di saper cogliere le occasioni.
Se Bolelli non si fosse fatto male, avreste provato a lottare per un posto al Masters di doppio? L’hai sentito in questi giorni, come sta?
E’ un rammarico. Dopo i primi due mesi, giocati alla grande, era diventato un obiettivo. A un certo punti siamo stati numero 2 della Race alle spalle dei gemelli Bryan. Certo, avremmo dovuto stare sempre “sul pezzo”. Io e Simone siamo principalmente singolaristi e ci sono alcuni periodi, soprattutto d’estate, in cui cerchiamo di risparmiare energie per giocare al meglio in singolare. Ma l’obiettivo c’era: oggi, dopo quattro mesi di inattività, siamo ancora undicesimi nella Race! Purtroppo la stagione di Simone è finita, se ne riparlerà l’anno prossimo. Ci sentiamo spesso: mi ha scritto dopo la finale a Stoccarda, abbiamo messaggiato un po’. In questo momento si trova a Barcellona e mi ha chiesto consigli su qualche buon ristorante! Si opera proprio oggi, gli mando un grosso in bocca al lupo. E’ stato sfortunato perché stava tornando su ottimi livelli, ricordo ancora il bel torneo che ha giocato a San Paolo. Era davvero sulla strada giusta.
Non ti chiedo chi ti sta più antipatico nel tour, ma c’è un giocatore contro cui ti piacerebbe vincere una finale importante?
Una finale mi piacerebbe vincerla contro chiunque! Guarda, il circuito è molto duro. Con la maggior parte dei giocatori “ci stiamo sulle scatole” sul campo e poi siamo amici fuori. Penso che le rivalità facciano il bene dello sport. Certo, non nego che ci siano anche delle antipatie…
Qualche nome?
Meglio di no!
Qual è il pregio più importante di Josè Perlas? Come si lavora con lui?
Chi lo conosce sa come lavora e che qualità abbia. Finalmente lo stanno dimostrando anche i risultati. I tifosi guardano soprattutto i risultati e la classifica, li capisco. Ma io che lavoro tutti i giorni vedo anche anche altre cose, a partire dai cambiamenti che ho messo in atto per migliorare. Quando prendi una decisione del genere, devi essere disposto a rimetterci nell’immediato, magari anche per 4-5 mesi. Josè mi ha spinto a un cambiamento, è stata una vera scommessa. Il tempo ci ha dato ragione, anche se ammetto che avrei voluto raccogliere prima i frutti. Avevo preparato molto bene la stagione e pensavo di fare bene già nei primi tornei…poi capita di perdere con Zemlja a Doha e con Bautista Agut in Australia. Però già allora si vedeva che qualcosa stava cambiando in meglio. Sulla terra ho raccolto i risultati e adesso ho un nuovo obiettivo: fare altrettanto sul veloce. Fino ad oggi non ho fatto granchè: è tempo di dare una svolta anche lì.
Quanto è importante la presenza di Svetoslava (Simeonova, la sua fidanzata, ndr) ? A volte capita che i tennisti siano rovinati dalle donne, mentre a te succede il contrario.
In effetti è molto importante. E’ sempre molto positiva e cerca di trasmettermi tranquillità. Come tutti quelli che mi stanno intorno soffre tanto durante le partite, ma riesce ad essere positiva anche nei momenti peggiori. Inoltre, essendo più grande, sa come prendermi e dirmi le cose, anche le più scomode. Certo, ogni tanto mi manda a quel paese, ma serve anche questo! In generale, la sua positività è molto importante per me.
Leggi quello che dicono-scrivono di te? Ti è mai capitato che una tua prestazione fosse condizionata dalle critiche che spesso ti piovono addosso?
Rispondere è più facile di quel che sembra. Chi mi conosce sa bene che tipo sono, come mi comporto quando sono in compagnia e con gli amici. Mi rendo perfettamente conto che, per chi mi vede solo in TV, posso risultare antipatico. L’ho sempre detto: non posso piacere a tutti. Quando sei un personaggio pubblico, è inevitabile che la gente faccia commenti. Le critiche sono ben accette, ma credetemi: chi parla e sparla guardandomi solo in TV, fa così soltanto perché non mi conosce. Per questo non ho alcun tipo di condizionamento.
Domanda già fatta, ma magari il nuovo Fognini risponde in modo diverso: qual è stato l’errore più grande che hai commesso e che non rifaresti?
Gli errori si fanno tutti i giorni. Ciò che conta è rendersene conto e non commetterne più. Nel nostro sport è ancora più difficile, perché ogni giorno si riparte da zero. Il passato non conta. Prendi Stoccarda: non me lo dimenticherò mai, ma adesso devo concentrarmi solo su Amburgo. Ogni giorno c’è una nuova sfida.
Nel “nuovo” Fognini c’è ancora qualcosa del “vecchio” che non ti piace e che vorresti eliminare?
Si, qualcosa c’è. Quando parte un processo di cambiamento è normale che ogni tanto la mente torni indietro e riafforino certi comportamenti. E come chiudere una porta, ma senti che ti bussano e ti dicono: ‘Ehi, guarda che ci siamo ancora’. Tuttavia, lavoro giorno dopo giorno e cerco di cambiare. Sono atteggiamenti che non piacciono alla gente, ma soprattutto non piacciono a me. E allora vorrei eliminarli del tutto.
Fabio, come ti piacerebbe essere ricordato a fine carriera?
Chi non mi conosce parla per sentito dire, utilizzando il telecomando della TV o la tastiera del computer. Dall’esterno è facile. Per questo mi piacerebbe vincere questa sfida: essere ricordato per quello che ho fatto, ma anche per quello che sono: un ragazzo tranquillo, di compagnia e giocherellone. Spero di riuscirci!