di Piero Emmolo
Vincere, si sa, aiuta a vincere. Ma anche a superare pregiudizi. Protagonista di questa breve riflessione è un ventiseienne ligure, del quale si temeva non molto tempo fa che il personaggio potesse prendere il sopravvento sull’indole facilmente suscettibile e che si potesse depauperare un talento cristallino poco noto ai più e palese a pochi. Ho pensato di condividere con gli amici di Spazio Tennis un percorso personale, che scrivo pubblicamente perchè ritengo che alcuni appassionati possano magari riconoscersi in esso. Non so, in vero, se confessarmi ex-detrattore del ligure sia sintomo di pochezza tennistica o di intelligente ravvedutezza. Mi riconoscerete comunque, con presunzione generale, delle attenuanti specifiche, se non intrinsecamente tennistiche, almeno comportamentali. Facevo fatica, con sincerità, a sostenere Fognini in passato. E lo pensavo con grande risolutezza. L’arrivo di Perlas, da molti considerato una scommessa sulla quale il coach iberico aveva tutto da guadagnare in termini di risultati e nulla da perdere, sparigliò le carte in tavola, facendomi credere che quell’istrionico giocatore potesse essere finalmente catechizzato a dovere. Josè, seppe metter ordine al tennis a volte un pò arruffone del suo allievo, forgiando nel ligure una forma mentis vincente, sull’esperienza (tra le altre) della collaborazione appena conclusa con Almagro, neo top 10. Così, dopo un 2012 nel quale raggiunse le finali di Bucarest e San Pietroburgo, giunse il 2013, anno della definitiva consacrazione. E con essa un vistoso salto di qualità, che decretò l’inizio della mia “conversione-Fognini”. Inutile aggiungere che quei simpatici sketch che imperversano sulla rete hanno contribuito a completare l’opera, facendomi apprezzare sempre più il tennista di Arma di Taggia. Stavolta in chiave vincente, creativa, divertente. Guardavo quasi con ammirazione, adesso, quel tipo dotato di spontaneo e comico physique du rôle, del quale il circuito ha bisogno per rompere la monotonia e aizzare felicemente le platee.
E così si giunge ai quarti di Davis, dopo che già il match con Dodig a Torino e con Monaco e Berlocq a Mar del Plata nei mesi precedenti, avevano sempre più contribuito affinchè Fabio prendesse consapevolezza dei propri mezzi. Quasi ero curioso, dopo la tre giorni partenopea, di vedere come massmediaticamente Fognini sarebbe stato (ri)considerato. E per ragioni non solo tennistiche. Che l’impresa del “Fogna” potesse scomodare “Studio sport” c’era da aspettarselo (la nuova dizione del programma, perdonatemi, proprio non mi garba, dopo decenni, da piccino, di programmare pasti e centellinare i secondi all’uscita da scuola per essere alle 13:12,13:13 al massimo davanti alla tv). Glissando sulla frequente superficialità con la quale talvolta il nostro amato sport viene bistrattato in tv, il lunedì ha riserbato una gran sorpresa. Che un talk show rigorosamente filo-pallonaro come Tiki Taka, approfondimento calcistico del loquace Pierluigi Pardo, potesse dedicare un’intervista alla punta di diamante del tennis azzurro era cosa assai inusitata solo qualche tempo fa. Che la stampa si stia sempre piú accorgendo del personaggio Fognini e del suo esser “emotionally involving”, nel bene e nel “male”, è cosa ben gradita e che non va sottaciuta nell’ottica della propagazione del tennis. Gli incredibili dati auditel di Super Tennis del weekend napoletano, del resto, sono già prova della inesorabile crescita di seguito tra il pubblico. Ma, senza andare troppo oltre, sono banali scene di vita quotidiana a far capire che il vento per il tennis, stia progressivamente girando. Da una flebile andatura di bolina ad un rigoroso vento di poppa. Da un banalissimo caffè al bar dove, anzichè della solita ridondante baruffa stereotipata sui luoghi comuni del tifosetto medio di calcio, senti nominare “Ceppi” e “Murrai”; a un banale incontro per i corridoi dell’Università, dove il più insospettabile collega, rinomatamente calciofilo, ti sorprende con disquisizioni tennistiche a dir poco azzardate, che ti rendono comunque felice.
Perchè parlare di tennis competentemente, si sa, è considerato roba pò elitaria dagli addetti ai lavori. Come fossero tutti un pò sapienti nomofilaci di quella scienza sportiva che il Maggiore della British Army Walter Clopton Wingfield, sul finire del diciannovesimo secolo, battezzò “sphairistikè” (dal greco, “gioco della palla” ). Fognini deve essere perspicace ed intuire di essere il traino per l’iniziazione di un nuovo movimento. Magari cavalcando anche il clamore mediatico nelle cronache rosa della frequentazione con l’assistant coach Pennetta. Fabio ne ha i crismi tennistici e la tempra caratteriale . E lo farà. Quell’acronimo ”NMM” tatuato sul fianco sinistro e penzolante dall’inseparabile collana di mille battaglie, ne sono la prova.