di Alessandro Nizegorodcew (articolo tratto dal quotidiano Il Tempo del 12/01/15)
Brisbane, Australia, 11 gennaio 2015. Roger Federer ha appena raggiunto lo straordinario record di 1000 vittorie in carriera nel circuito Atp, grazie al successo in finale su Milos Raonic. Due distinti signori di nome Roy Emerson (12 Slam) e Rod Laver (11 Slam) si avvicinano allo svizzero (17 Slam) per consegarli due premi: la coppa del torneo e il riconoscimento che sancisce i 1000 successi. Un po’ come se il tennis stringesse, calorosamente e con rispetto, la mano al tennis stesso. Una commistione di cotanto talento in un solo luogo, per la precisione la Pat Rafter (2 Slam)Arena, è più unica che rara. Federer sorride, le gemelline in tribuna applaudono, il suo volto è sereno, rilassato, come forse non è stato mai. È la consapevolezza della propria grandezza a plasmare i suoi occhi; e chi li incrocia, in quel momento, non può far altro che inchinarsi simbolicamente al campione di tennis, all’uomo, al padre, al portatore sano di cultura sportiva.
La finale di Brisbane. L’ultimo atto del torneo Atp 250 di Brisbane è intenso, emozionante, ricco di colpi vincenti e vissuto sul filo di un sottolissimo equilibrio. Milos Raonic, allievo di Ivan Ljubicic e Riccardo Piatti, sta disputando una delle migliori partite della carriera: grande servizio, diritto al fulmicotone e rovescio insolitamente concreto, oltre a un gioco di volo miglioratissimo rispetto al recente passato. Federer, però, alza il livello nei momenti importanti consapevole della forza altrui. Il primo set termina 6-4 grazie a un break conquistato a inizio parziale. Avanti 2-0 anche nel secondo, Federer subisce la rimonta del canadese, finendo per cedere al tie-break. Il terzo set è tra i più belli ed equilibrati degli ultimi anni, con cinque dei primi sei giochi terminati ai vantaggi. Sul 5-4, però, lo svizzero decide che è il momento di fare la storia. Game, set and match. Il record è servito.
Dalla numero 1 alla numero 1000. È il settembre del 1998 quando Roger Federer si presenta a Tolosa da numero 878 del mondo e affronta il torneo di qualificazione: supera Wowk, Radulescu e Delaitre approdando nel main draw. Un paio di mesi prima ha conquistato Wimbledon Junior in singolare in doppio, deliziando il pubblico dell’All England Club. A Tolosa affronta all’esordio il Top-50 Guillaume Raoux, noto agli appassionati in quanto unico tennista a scendere in campo con gli occhiali da vista. Federer vince 6-2 6-2, batte anche Fromberg 6-1 7-6 e si ferma dinnanzi all’esperto olandese Jan Siemerink nei quarti di finale. Da quel giorno sono passati 17 anni, 17 vittorie dello Slam, 83 titoli Atp e una miriade di record. Grazie al successo numero 1000 Federer entra a far parte di un ristrettissimo club i cui soci sono Jimmy Connors (1253 vittorie) e Ivan Lendl (1071 vittorie).
Da Milano a Brisbane. Il primo titolo arriva in Italia, a Milano, nel febbraio 2001. Federer supera 6-4 6-7 6-4 il francese Julien Boutter e alza al cielo la prima coppa professionistica della carriera Atp. Nei successivi 15 anni giunge almeno un alloro a stagione, con exploit di livello assoluto come il 2006, annata in cui centra 12 trionfi. Dal codino del 2001 al capello corto del 2015, dal carattere irrequieto di Milano al sorriso maturo e sereno di Brisbane, il talento non ha mai smesso di brillare, così come la classe di allietare il pubblico in ogni angolo del globo. L’atleta perfetto, il campione universale.
Il futuro e il sogno. «Ci vediamo l’anno prossimo». Con queste parole Federer ha salutato il pubblico di Brisbane, voglioso di proseguire la propria carriera. Il grande sogno, una sorta di «mission impossible», è infatti ancora in piedi. Esiste un titolo che Roger Federer non ha ancora vinto: l’oro olimpico in singolare. Lo svizzero, infatti, ha conquistato la medaglia più preziosa in doppio, insieme al fido Stan Wawrinka, ma in singolare non è andato oltre l’argento. Rio 2016 appare oggi molto lontano come obiettivo, ma nella testa di Federer è chiaro e presente. E il futuro è ancora nel tennis, le chimere di Re Roger infatti non sono mai, per definizione, irraggiungibili.
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