Di Andrea Martina
Circolo Tennis “Mario Stasi” di Lecce, torneo di terza categoria. Due ragazzi sui vent’anni stanno commentando i loro progressi in classifica prima di entrare in campo; uno dei due dice all’altro: “io farò come Victor Estrella-Burgos che a più di 30 anni è andato a giocare al Roland Garros.
Questa è la dimensione esatta del miracolo che ha regalato Estrella-Burgos al mondo del tennis. Per quanto ci si sforzi a trovare nei vari Federer, Nadal o Djokovic dei punti di riferimento per le nuove generazioni, è sempre nelle storie “normali” che i veri sogni trovano un luogo più sicuro.
È un miracolo partito da uno di quei campi di periferia, spesso snobbato dai top 10 che dopo essere stato un ATP Challenger per tanti anni ha saputo crescere ed ora è un ATP 250 dal 2015: il torneo di Quito, Ecuador. Forse l’unico posto del mondo in cui il dominicano Estrella-Burgos potrà sempre sentirsi a casa.
A dir la verità, tranne che per qualche addetto ai lavori, Estrella-Burgos era praticamente un perfetto sconosciuto almeno fino al 2013, data della sua prima partecipazione ad un ATP (Bogotà). Uno dei tanti che rimbalzavano dai Futures ai Challenger, finivano nei primi 200 per qualche settimana e poi ritornavano nuovamente nel limbo dei tornei di provincia. In questo spazio è tipico trovare tennisti che hanno tutti i numeri per fare il salto di qualità, ma non riescono ad andare oltre: disponibilità economiche esaurite troppo presto, talento dilapidato, infortuni gravi, pressioni difficili da gestire, eccetera.
Estrella-Burgos ha dovuto accontentarsi di crescere con una piccolissima federazione alle spalle, la Repubblica Dominicana, e fare le valigie per Miami. Da quando è entrato nel professionismo ha girato in lungo e in largo il Sud America tra la polvere rossa dei Challenger e le condizioni non entusiasmanti dei circoli di provincia. Le armi che portava in campo erano lo specchio della sua tenacia, una qualità che non poche volte lo ha portato a diversi infortuni e immediati recuperi.
Nel 2012 a Quito si giocava l’edizione annuale del Challenger ed Estrella-Burgos era arrivato a quel torneo con un problema al gomito. Arrivato ai quarti di finale l’articolazione non ha più retto ed è stato necessario ritirarsi dal torneo e scomparire dalle scene per oltre sei mesi tra interventi e riabilitazione. Infortuni del genere, a 32 anni, avrebbero fatto smettere qualunque tennista di quella categoria: un ingresso nella top 200, la soddisfazione di vincere un Challenger e 20 tornei conquistati nel circuito Futures potevano rappresentare comunque un onestissimo palmarès.
Ma a luglio 2013 Estrella-Burgos è ancora sui campi da gioco e tocca con la posizione numero 386 uno dei punti più bassi degli ultimi anni: 8 mesi dopo entrerà nei primi 100, a neanche un anno da quella data giocherà il suo primo match in uno Slam, il Roland Garros.
In questa rimonta forse c’è stata la rabbia per un infortunio così grave proprio nel momento in cui stava andando avanti in classifica, oppure c’è stata anche la consapevolezza che a 33 anni ogni treno che passava poteva essere l’ultimo. Fatto sta che in quel famoso 2013 è arrivato ancora una volta il torneo di Quito, croce e delizia di questa storia, a dare una svolta alla carriera di Estrella-Burgos: vince il torneo e qualche settimana dopo si ripete anche a Medellìn, in Colombia, riuscendo a chiudere la stagione addirittura nei primi 150 del mondo.
La stagione successiva inizia con lo stesso piglio con cui si era chiusa la precedente: altre due finali Challenger, una persa in Messico e un’altra vinta a Salinas. Arriva il pass per la top 100 con 34 anni da compiere a breve.
Per quanto questo potrebbe essere il lieto fine perfetto, Estrella-Burgos va anche oltre e non cade in quella marea dove finiscono tanti, troppi, tennisti che hanno un paio di settimane di gloria tra i primi 100 e poi, vista la spaventosa concorrenza in quella zona di classifica, non riescono più a tornarci. Vuole giocarsi le sue carte anche nei tornei che contano, non importa essere visto ad ogni sorteggio come l’anello debole, il “vecchietto” che ha realizzato il piccolo miracolo, l’avversario che tutti vorrebbero sfidare ad un primo turno, il tennista che a mala pena viene considerato dalla stampa e dagli sponsor.
Dopo aver solcato i terreni del Roland Garros e Wimbledon, Estrella-Burgos torna in Sud America e nell’ATP 250 di Bogotà riesce addirittura a raggiungere le semifinali eliminando Richard Gasquet, numero 14 del mondo in quel periodo. Qualche settimana più tardi arriverà allo US Open come il “debuttante più longevo nella storia del torneo”, si spingerà addirittura fino al terzo turno eliminando Sijsling e Coric e darà qualche brivido al top 10 Raonic, costretto a tre tie-break per andare avanti nel tabellone. Estrella torna a giocare, da campione in carica, nel Challenger di Quito: esce fuori al secondo turno, ma è consapevole che l’appuntamento con quel torneo è solo rimandato di qualche mese. È ormai confermato, infatti, che dal prossimo febbraio il torneo diventerà un ATP 250 e la classifica di Estrella-Burgos gli consentirà di poter partecipare.
Nonostante la sua 77esima posizione, riesce addirittura ad avere l’ultima testa di serie del tabellone: questo gli permette di affrontare dei qualificati nei primi due turni e di raggiungere i quarti di finale. Contro Klizan comanda dall’inizio alla fine chiudendo con un periodico 6/2 6/2 e contro il brasiliano Bellucci, favorito del torneo e già battuto per ritiro nella finale Challenger 2013, compie un autentico capolavoro vincendo 7/6 7/5 e regalandosi la sua prima finale Atp. A sfidarlo c’è Feliciano Lopez, numero 14 del mondo e testa di serie numero 1: per Estrella-Burgos può essere l’ultimo treno e per questo in campo ci mette tutto quello che ha nel suo metro e 73 centimetri di statura, un altro piccolo deficit che ha trasformato in una qualità. Vince al tie-break del terzo set e diventa il tennista più anziano a vincere il suo primo Atp.
Inoltre, nel 2015 si toglie anche la soddisfazione di battere un top 10, Cilic, nel torneo di Barcellona, vince il suo primo match a Wimbledon contro Benjamin Becker e raggiunge addirittura la posizione numero 43 del ranking.
Un autentico miracolo sportivo che dimostra come il tempo si possa dopotutto ingannare in qualche modo. Finisce qui? Non ancora: febbraio arriva e Quito chiama il suo beniamino per l’edizione 2016.
Nella scorsa settimana il cammino per la finale ha visto capitolare nell’ordine Pella, Martin, Olivo e Albert Ramos. Chi poteva esserci con lui in finale se non Thomaz Bellucci? E per la terza volta, in un match molto sofferto e chiuso 4/6 7/6 6/2, è stato ancora Estrella-Burgos a baciare la terra di quel luogo magico, vincendo il suo secondo ATP in carriera là dove tutto sembrava finito quattro anni fa.
“En Quito me siento como Rafa Nadal on Roland Garros”.
Finisce qui? Non ancora.
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