di Andrea Martina
Per eseguire un buon rovescio in back, attacco o difesa che sia, non servono tantissimi accorgimenti: impugnatura continental, un movimento che scende e avanza fino al punto d’impatto con la pallina, apertura che parte dall’alto e ricerca di sensibilità anziché potenza. Avete preso nota di questi accorgimenti? Vi sentite pronti per questo colpo?
Perfetto. Il passaggio successivo è quello di guardare un video qualsiasi di un match qualsiasi dove gioca Feliciano Lopez. Nel suo movimento c’è la perfezione, la pace dei sensi, l’esatta dimostrazione che le leggi della fisica che regolano il rimbalzo vengono annullate
Questa tipologia di rovescio, nel corso di un match Federer – Nalbandian, venne etichettata dallo straordinario Rino Tommasi come “rovescio Gillette”. Chiaramente l’intenzione non era sponsorizzare quel gesto come se fosse un palazzetto dello sport, ma sottolineare come il taglio dato dallo svizzero alla pallina mandasse in confusione i ribattitori da fondo campo (specie quelli con il rovescio bimane).
Ma parlare di tecnica e associare l’immagine di Federer è una cosa ovvia e scoraggiante per chiunque si avvicini al tennis. Guardate come gioca Federer e dimenticatevi di poter colpire la pallina in quel mondo.
Su Feliciano Lopez, invece, è molto più stimolante spendere qualche parola. Lo spagnolo è uno degli ultimi superstiti di quel tennis inventato sulle racchette di legno, giocato piatto e offensivo, spettacolare. Un’anomalia visto il modo di giocare di gran parte dei suoi connazionali. Ma sia in termini di rendimento che di popolarità è parecchi gradini più in giù rispetto al principe dell’estetica Federer.
È come la storia del rock americano degli inizi anni ’70: i Rolling Stones erano su tutte le copertine, nelle radio e godevano di un successo planetario. Però nello stesso continente c’era un gruppo di cui si parlava molto meno e suonava con una classe rara: i Creedence Clearwater Revival. Feliciano Lopez, nella sfera del tennis nostalgico, vive la storia dei Creedence. Bello e di nicchia.
È uno dei pochi a non resistere alla tentazione del serve and volley, nonostante ribattitori sempre più aggressivi e superfici rallentate (con più settimane giocate sull’erba come in passato avrebbe avuto una classifica migliore). In gran parte dei suoi match è rarissimo vederlo giocare un rovescio piatto o in top, taglia qualsiasi cosa. Una rarità che lo accomuna, nel tennis femminile, alla nostra Roberta Vinci.
Può un tennis di questo tipo essere un’alternativa al futuro? La risposta è no, o almeno non in queste condizioni. Però può essere un’arma molto interessante in chiave tattica. Il Federer della “cura Edberg”, ad esempio, ricorre al serve and volley molto più frequentemente rispetto a prima per due evidenti ragioni: riesce ad eseguirlo molto bene e gli consente di accorciare i suoi match, aspetto che a 33 anni occorre prendere in considerazione se si vogliono giocare oltre 70 partite in un anno.
Lopez, invece, usa l’arma del serve and volley come un vero e proprio marchio di fabbrica. Se questo colpo funziona rischia di mettere in difficoltà chiunque, se la giornata è storta si perde e avanti con il prossimo torneo. È rimasto uno degli ultimi interpreti di questa filosofia se si considera che un tennista a lui molto somigliante, il mancino Micheal Llodra, ha praticamente abbandonato il singolare. Altri specialisti, invece, non riuscendo a sfondare nel singolare si rifugiano in ottime carriere da doppista.
Il tennis di Feliciano, però, dimostra ancora oggi di essere sorprendentemente efficace ad alti livelli. Non parliamo di una scheggia scatenata alla Dustin Brown, ma di un tennista capace di mantenere un alto livello di classifica per tutta la stagione. I successi della sua carriera in singolare non saranno esaltanti, in 17 anni di professionismo ha vinto solo 4 tornei e raggiunto per tre volte i quarti di finale a Wimbledon. Ma è arrivato alla posizione numero 15 e, con la semifinale raggiunta a Shanghai, si avvicinerà nuovamente a quel traguardo nonostante i suoi 32 anni.
Le sue cose migliori, stando alle sue dichiarazioni, le ha fatte vedere in Davis. Infatti è stato uno dei maggiori protagonisti della vittoria spagnola nel 2008 a Mar de Plata: fu capace di battere Del Potro in singolare e di vincere il doppio insieme a Verdasco, in un team orfano di Nadal. Fu prezioso anche nei doppi del bis avvenuto nel 2009 coronato con il 5-0 in finale (Barcellona) sulla Repubblica Ceca. Anche nella vittoria del 2011 era tra i convocati.
A Shanghai non ha smesso di sfornare capolavori eliminando a suon di volée l’amico convalescente Nadal (tre vittorie in carriera contro il maiorchino). Con Federer, invece, ha un devastante 11-0 a suo sfavore, ma molti appassionati hanno ancora negli occhi quel famoso secondo turno al Master 1000 di Madrid del 2011: si giocarono in totale tre tiebreak e in quello del terzo set Lopez era avanti 5/2 quando sbagliò uno smash clamoroso, più che il risultato fu il tennis espresso dallo spagnolo a infiammare la “Caja Magica”.
Non può e non deve essere paragonato ai livelli di Nadal e Federer, ma sulle superfici veloci e in match giocati 2 su 3 continua ad essere sempre più pericoloso e, se vogliamo, il suo tennis è anche migliorato in questi ultimi anni con qualche top di rovescio in più e qualche discesa a rete in meno.
Fuori dal campo, invece, Feliciano Lopez è già leggenda tanto da essere battezzato “Il tronista del Serve and volley” (copyright di Andrea Scanzi). Infatti le sue relazioni hanno sempre fatto molto clamore tanto da portarlo a giocare molti più match con le modelle che con i tennisti nel corso delle sue stagioni. Invidiato dagli uomini e desiderato dalle donne, lo spagnolo ha anche espresso scetticismo verso le tenniste: “sarebbe impossibile avere una relazione con loro, si parlerebbe sempre di tennis”. Non è rimasta immune dal suo fascino nemmeno mamma Murray che, tramite social network, lo chiamò “Deliciano” in un tweet al miele.
L’articolo si può chiudere qui con questa ventata di trash. Feliciano apprezzerebbe.
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