di Luca Brancher
Luca Vanni nei top-200. Sarebbe facile lasciarsi andare a facili commenti sulla stregua del “crederci sempre”, “non mollare” “se lavori bene, i risultati arrivano”, ma sarebbe ingeneroso, perché la storia di questo ragazzo toscano, di 29 anni, nasconde qualcosa di più. Per diventare tennisti di un certo livello le componenti sono svariate: bisogna saper giocare, sopportare la pressione che un ambiente competitivo e assolutamente meritocratico (se vinci, vali, se perdi, no) impone ed in più ci vuole la fortuna, come in ogni ambito della vita. Fortuna, nello stare bene, fortuna, nell’avere le condizioni per potersi permettere questo tipo di vita.
Ecco, nel caso di Luca Vanni, si può tranquillamente dire che la fortuna se l’è guadagnata, e questo 2014 ne è emblema quantomai valido, che ci conferisce quanto forte sia l’ardore di questo ragazzo, la sua voglia di sfondare, anche quando, per molti, l’età imporrebbe ben altri pensieri. Lo guardi in campo e resti stupito: il suo comportamento è impeccabile, mai sopra le righe, nemmeno quando la situazione potrebbe suggerirlo, eppure non per questo ha mai smesso di crederci. Sono passati quasi otto anni da quella settimana di agosto in cui Luca colse il primo titolo in carriera. Lo scenario, Avezzano, ben incorniciava un momento importante, per un ragazzo che, solo quell’anno, aveva cominciato a fare sul serio con i tornei internazionali. Per intenderci, in quel 10.000$ era partito dalle qualificazioni ed aveva dovuto regolare ben 7 avversari prima di alzare il trofeo al cielo.
Otto anni dopo Luca stava per vivere una nuova prima volta, in un posto ben più lontano da Avezzano però. A Kaohsiung, seconda città dell’isola di Taipei, il tennista azzurro ha condotto per un set di fronte all’idolo di casa, Yen-Hsun Lu, nel corso della finale del locale challenger, dotato di un montepremi di 125.000$. Vinto il tie-break, nonostante la rimonta del più esperto avversario da una situazione alquanto svantaggiosa, 1-5, Luca ha tenuto la testa avanti nella seconda frazione fino al 3-2, prima di lasciare spazio a Lu, che avrebbe chiuso vittoriosamente al terzo set. Non si è trattato di “tremarella”, Vanni ha dato tutto, ma ha sopperito davanti ad un tennista di assoluto valore: già il giorno prima l’azzurro aveva dato prova delle proprie capacità, superando in due set l’ostico giapponese Yuichi Sugita, che su questi campi e in queste manifestazioni si costruisce la classifica, non sbagliando mai, nemmeno quando, andato a servire per il match, ha capitalizzato al massimo quello che dal suo tennis può trarre: due servizi vincenti e due dritti a chiudere. Facile, a dirsi.
Per Luca era la prima semifinale in un challenger, dopo che nel 2012, in quella che sembrava dovesse rimanere la sua stagione migliore, aveva raggiunto i quarti di finale a Bogotà e Sacramento. Già, doveva sembrare, perché il fisico gli aveva presentato il conto prima dell’inizio di questo 2014, con un’operazione al ginocchio piuttosto invadente, che gli lascia tutt’ora qualche strascico, come lui ha ricordato nell’intervista recente rilasciata durante la trasmissione radiofonica “Spazio Tennis” “Sono costantemente tenuto sotto controllo dai medici, qualche problemino al ginocchio e alla schiena lo sento, ma stringo i denti e tiro dritto”.
Quell’intervista era stata rilasciata poche settimane prima del suo sbarco nel mondo challenger, Luca aveva infatti fatto parlare di se perché si era reso protagonista di una serie di successi parecchio interessante a livello futures (a cui era costretto dalla classifica che lo aveva fatto uscire dai primi 800 della classifica, dopo che nel 2012, per la prima volta, aveva messo piede nella top-300), ben 7 – Sondrio, Rovereto, Santa Margherita di Pula (2 volte), Cesena, Napoli e Mantova, in tre occasioni senza concedere alcun set – oltre ad una finale in Israele che aveva inaugurato la stagione e quattro semifinali. Fino al 5 luglio, data del suo ultimo titolo, Vanni aveva giocato ben 66 partite stagionali, un numero importante, anche dal punto di vista fisico, che testimoniava come i malanni non gli avessero impedito di mietere successi e vittime. Era giunta l’ora di provare a migliorarsi.
“A giugno concludo l’esperienza con la Serie A, che è importante perché economicamente mi aiuta non poco, dopodiché proverò a giocare qualche challenger” aveva annunciato, non dimenticando di rimarcare quanto la sua scelta di insistere con gli ITF non fosse legata ad una mancata voglia di mettersi in gioco, come spesso e volentieri si legge ingiustamente in giro, ma per motivazioni molto più ovvie: non è facile prendere armi e bagagli ed andare dall’altra parte del mondo, con la tensione e la pressione di dover comunque vincere se si vuole rientrare di qualche spesa. Il tempo era maturo: con l’amico e compagno di allenamenti Thomas Fabbiano, con cui frequenta le stesse strutture del Tennis Training di Villa Candida, Foligno, si è prima spostato di poco, a Portoroz, dove un sorteggio beffardo li aveva contrapposti già al secondo turno: a vincere era stato il più giovane dei due.
Luca, però, dava segnali di stare bene, appariva in buona forma, e il destino, che proprio non resisteva dal chiamarsi fuori, ha voluto che nuovamente i due tornassero ad incrociare la propria strada, proprio a Kaohsiung, a livello di quarti di finale: questa volta Vanni, però, non ha lasciato adito alle repliche dell’amico. Dopo quel successo, sarebbe arrivata la vittoria su Sugita e la battaglia, persa per 6-4 al terzo, contro Lu. E non solo, perché coi 75 punti, Luca sarebbe giunto a quota 300, che gli sarebbero valsi la posizione numero 172 della classifica mondiale.
“Sono piuttosto restio dal farmi i complimenti, non mi piace elogiarmi troppo, ma questa volta devo fare un’eccezione” diceva a metà giugno Luca, che non deve avere paura a collocarsi nel posto in cui il mondo del tennis ha decretato lui debba stare. Ha saputo vincere i malanni fisici ed aspettare il suo momento, è stato quindi capace di andarsi a trovare quella fortuna di cui necessitava per fare un ulteriore salto: forza e coraggio, ora i complimenti te li facciamo noi e tutti coloro i quali abbiano nel cuore una racchetta.
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