Non ha mai avuto paura di cambiare, Dominic Thiem. Neanche quando la fiducia, la sicurezza nel percorso intrapreso avrebbero potuto facilmente suggerire scelte più conservative. Nella fenomenologia del bravo ragazzo destinato a riportare in alto il tennis austriaco che cerca un nuovo campione sul rosso dai tempi di Muster, l’ultimo cambiamento estetico, nella sua voluta provvisorietà, racconta molto dello stile di un giovane che non cerca paragoni e non cede ai voli pindarici.
Il ciuffo ossigenato sfoggiato a Umag, quel look da boy-band anni Novanta buono per una reunion degli Ultra, è il risultato di qualche giorno di totale relax, nell’innocua “stupidità”, parole sue, di una vacanza fra ventenni che sanno come mettere da parte la seriosità senza smettere di essere ragazzi seri. “Mi sono fatto i capelli biondi e non un tatuaggio”, come il connazionale Haider Maurer, “perché i capelli poi ricrescono e li faccio tornare come prima”. In questa parentesi eccentrica a Ibiza l’ha accompagnato anche l’austro-italiano Riccardo Bellotti, che da quando aveva 12 anni fino a tutto il 2013 è stato seguito da Gunter Bresnik e da Wolfgang Thiem, il papà di Dominic.
Wolfgang è diventato coach prestissimo, a vent’anni, come la moglie Karin. Ma dopo oltre dieci anni di attività, avrebbe voluto trovare una guida per poter imparare a seguire atleti professionisti. E l’ex storico allenatore di Boris Becker, Amos Mansdorf, Patrick McEnroe e più recentemente di Gulbis, che di Thiem è grande amico, gli ha aperto le porte della sua Academy. “A un certo punto, avrò avuto 11 anni” ha raccontato Dominic in un’intervista pubblicata sul sito dell’ATP, “ha detto a Gunter che aveva un figlio, io, che voleva giocare a tennis e gli ha chiesto di darmi un’occhiata”. Due anni dopo, Bresnik è il suo coach full time.
Dominic è numero 1 d’Austria, ma gli stravolge il gioco. “La prima volta che mi ha visto, ero un giocatore molto difensivo e con il rovescio a due mani. Mi ha dato un gioco più aggressivo e mi cambiato il rovescio, me l’ha impostato a una mano. Non è stato facile, per 2 anni ho perso praticamente tutti gli incontri. Però ora sono molto soddisfatto di questo colpo. Avevo deciso di cambiare perché il mio rovescio precedente non era un granché. Ma anche perché credo sia giusto che questo colpo rimanga nel tennis. Sono l’unico dei giocatori più giovani che lo gioca così”. Al cambio di gioco, seguono anche cambiamenti fisici non semplici da gestire: cresce di 16 centimetri tra i 16 e i 17 anni e si ammala spesso, il suo sistema immunitario è piuttosto debole.
I risultati, nei primi anni da pro, arrivano a passi piccoli e costanti, anche grazie alla pittoresca preparazione atletica di Sepp Resnik, che rifugge le palestre e preferisce le corse nelle foreste trasportando tronchi d’albero e le nuotate nei fiumi sui monti d’Austria. L’esordio nel circuito maggiore nel 2011 con la prima vittoria sul “maestro” Thomas Muster nel suo folle rientro, quindi i tre titoli Futures nel 2012; l’anno successivo il battesimo a livello Challenger a Kenitra, nel 2014 l’ingresso nel primi 50 del ranking e la finale a Kitzbuhel, la più giovane del 2014 persa contro Goffin.
Quest’anno, nel momento migliore della sua finora giovane carriera, Dominic cambia ancora. Passa dalla Head Prestige alla Babolat Pure Strike. Al di là del cambio di marchio, passare da un modello all’altro richiede spesso tempi di adattamento non proprio brevi. E Thiem ha scelto di cambiare all’inizio della stagione in cui meno tempo avrebbe avuto, perché ha saltato la preparazione invernale per il servizio militare, anche se Sepp Resnik, in passato nelle Forze Armate, ha in parte agevolato l’addestramento. Dal 21 novembre, infatti, la seconda parte del servizio si è svolto al centro sportivo militare di Südstadt, in località Maria Enzersdorf, vicino a dove si allena. “E’ stata sicuramente un’esperienza molto dura e negativa per il mio inizio del 2015” ha spiegato. Sono contento di aver finito quest’avventura, il programma della giornata era sempre molto duro. Mi svegliavo alle 5.30 della mattina ed andavo a dormire solo a mezzanotte, non potendo così riposare bene, ero poi in stanza con altri otto ragazzi. Dopo una lunga stagione non è stato di certo il massimo per me”.
A Miami, però, la sua stagione accelera. Batte Schwartzman, Feliciano Lopez, Sock e Mannarino e si ferma, pur giocando una partita molto solida, solo contro Murray che alza il livello quando ne ha bisogno e fa la differenza. La sessione di allenamento a Zurigo con Federer, con cui aveva scambiato a sedici anni nel 2010, gli fa bene. Quattro ore da staccare e conservare, tra chiacchiere sul calcio (Thiem è grande tifoso del Chelsea) e segreti da assorbire. “E’ davvero qualcosa di fantastico, ogni palla che ti propone è un’esperienza a sé” spiega.
Ma è sulla terra, la superficie su cui è cresciuto e che ama di più, su cui si esprime meglio perché, ha spiegato, “se il piano A non funziona, qui puoi sempre ricorrere a un piano B, hai più alternative tattiche”, che si prende le migliori soddisfazioni. A Nizza supera Gulbis, Isner e Leonardo Mayer, cui toglie in finale l’unico break di tutto il torneo, e diventa l’ottavo giocatore nato negli anni Novanta a conquistare un titolo ATP. E a Umag, dove ha giocato più volte da junior, “ma alle otto di mattina e con due spettatori sugli spalti”, replica con una manifestazione di autorità e di brillantezza atletica che da subito cancella ogni speranza di Joao Sousa.
Resta solo un’ombra nella sua prima parte di stagione. Non ha del tutto risolto i problemi con la federazione austriaca, e inizialmente sembrava che non dovesse prendere parte al match di Gruppo I contro l’Olanda per un posto nei playoff per il World Group 2016. Giocherò solo se mi pagheranno abbastanza bene, è la sintesi del suo messaggio. Ma il nuovo capitano Koubek, un altro dei giocatori allenato in passato da Bresnik, lo convince a giocare. I risultati sono al di sotto delle attese, però. Dopo le due sconfitte contro la Slovacchia, perde altre due volte. Cede dopo quasi quattro ore con De Bakker dopo essere stato sotto due set a uno e praticamente non entra mai in partita nel singolare decisivo contro Robin Haase. Passaggi di crescita per un ragazzo che si farà, che si sta facendo, che ha la personalità per contrapporsi alla federazione ma le spalle ancora strette per reggere l’atmosfera della Davis e il peso di una nazione che vuole regalarsi un sogno. Un ragazzo che sa bene dove andare per andare dove vuole andare. “Credo che ogni giocatore provi ad essere se stesso, mi piace essere Thiem e non provare ad essere o somigliare a qualcun altro”.
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