di Marco Mazzoni
Mica facile essere Grigor Dimitrov. Presentarsi in campo con quel tennis (per sua stessa ammissione) così spudoratamente ispirato, per non dire copiato, da quello di sua Maestà Roger Federer richiede spalle larghe. Larghissime. Tutti col cannone puntato, a ricercare morbosamente lacune, differenze, difetti nel suo gioco rispetto a quello del più grande interprete moderno del nostro sport. Tutti pronti a pontificare sentenze avverse sulla sua carriera. Non facile giocare bene avendo ogni volta da dimostrare qualcosa, forse anche a se stesso, cercando di scacciare continuamente frasi tipo “Non vincerai mai quanto Federer”. Beh, almeno su quello credo che concorderà lo stesso Grigor, che nemmeno nei suoi sogni più proibiti pensa di poter uguagliare i risultati del divino svizzero. Forse, mal consigliato, l’ha fatto in passato. Venendo respinto con perdite.
Lasciando questi sterili confronti al bar sport, quello che invece ritengo interessante è analizzare la sua crescita, visto che l’indice vira verso l’alto. Ancora non verso l’altissimo, come vorrebbe il talento del ragazzo, e le speranze dei tantissimi tifosi di Federer, atterriti dall’incubo di perdere a breve le magie del proprio campione. Ma se andiamo a vedere i risultati recenti di Dimitrov, è evidente un piccolo salto di qualità. Nei primi tre mesi dell’anno il vero passo falso è stata la sconfitta immediata agli Australian Open, dove non è riuscito ad entrare in partita con Benneteau, non un campione ma una vera Treccani per come si sta in campo. Poi ha raggiunto la finale a Brisbane, dove ha giocato una buona partita contro Murray, e la semifinale a Rotterdam, sconfitto da Del Potro. In marzo, nei due Master 1000 americani, dopo aver superato il secondo turno se l’è giocata contro i 2 big del tour di oggi (e di domani): Djokovic e Murray. Due match significativi, per certi versi molto simili (anche per gli errori), che hanno denotato una crescita di Dimitrov sul piano del gioco e del modo in cui è stato in campo, ma anche i limiti attuali del ragazzo. Dal tabellino emergono dati inconfutabili: primo set eccellente, con una partenza sprint che ha quasi “stordito” i forti rivali, che non si aspettavano forse da parte di Dimitrov un tennis così offensivo, veloce, a tratti molto bello ed efficace. Però i nodi al pettine sono venuti troppo presto, e nel momento peggiore, quello di chiudere il primo set. In entrambe le occasioni Grigor ha servito per il set, buttando alle ortiche un’oretta di tennis di ottimo livello. Orribile game contro Djokovic, macchiato da 4 doppi falli, roba vista solo nei momenti peggiori di certi match femminili… Idem contro Murray, con stavolta 3 doppi falli ed altri errori, tutti prodotti non per braccino a mezza rete, ma per cattiva gestione del momento, con troppa fretta ed eccessiva esuberanza nel voler chiudere. Risultato: il forte rivale non s’è fatto ovviamente pregare, è tornato in partita, ha preso in mano il gioco, il set, la partita. Ciao ciao Dimitrov…
Come commentare nel modo corretto queste due prestazioni? Più delusi (Dimitrov e i tifosi) per come sono maturate le sconfitte, seppur con i migliori al mondo? O moderatamente soddisfatti, per l’aver messo alle strette i rivali sul piano del gioco, anche se per troppo poco tempo?
Personalmente opto per la seconda opzione. Dimitrov deve far tesoro di queste due partite, perché sono la dimostrazione che il giocatore sta crescendo. La strada è lunga, lunghissima. Erta e difficile. Se l’è scelta lui così pendente, volendo imporre un tennis demodè, troppo complicato in un circuito depresso da un tennis monocorde, appiattito da eccessi di potenza e rotazioni. Non sarà facile imporre il suo gioco classico a tutto campo ai “mostri” di continuità che dominano il circuito, perché per batterli servirà aumentare non poco il minutaggio in cui riesce ad esprimere il suo meglio. Non basta solo un set d’autore, nei grandi tornei non siamo mica nel club sotto casa a giocare l’oretta con gli amici… Servono almeno due ore, quasi tre, del miglior tennis. La bravura sua e del suo staff sarà quello di lavorare per crescere nella cilindrata, nell’autostima, per rendere al meglio anche nei momenti “duri”. In questi due match contro Djokovic e Murray i segnali che il suo tennis e il suo fisico possono reggere confronti così impegnativi ci sono stati. Segnali per ora. Per trasformare il tutto in vittorie serve lavoro e pazienza. Ci sono tante cose da mettere a posto, tasselli che possono sembrare piccoli ma che fanno tutta la differenza del mondo. Quella tra un campione ed una promessa.
Andando proprio in campo, ieri contro Murray si è visto un Dimitrov molto applicato, volitivo. Quello che ha sorpreso in positivo è stato l’atteggiamento propositivo, la voglia di non cadere in difesa ma cercare di imporre il proprio tennis. La fase d’attacco e creazione del gioco, quella che sente più sua, è nettamente superiore a quella di difesa, dove può creare una meraviglia pazzesca, come quel passantino di rovescio in controbalzo che ha lasciato di sasso Murray, delizia per palati finissimi, ma che s’è persa in mezzo a troppi errori evidenti, tirando “o la va o la spacca”. Buono il rendimento con la prima di servizio, ma la percentuale è da migliorare non di poco: con un tennis così difficile è determinante portare a casa una certa quantità di punti “facili”, e possedere alte percentuali per non cadere in difesa, attaccato sulla seconda. Nello scambio c’è ancora troppa differenza tra il suo dritto (colpo già ottimo) e il rovescio, assolutamente da rafforzare. Sul lato sinistro infatti possiede un’esecuzione piuttosto fluida, ma solo quando la palla in arrivo è bassa, poiché riesce a compensare bene con il polso, abbassandosi molto con le gambe. Altrimenti la posizione del busto e della spalla non è ottimale: troppo eretto, tende a far passare la racchetta troppo sotto, con una traiettoria non retta dentro la palla, e il colpo termina la corsa corto, poco arrotato, facilmente preda dai rivali, anche perché molto spesso lo gioca cross e rimbalza piuttosto centrale. Usare di più il back a spezzare il ritmo, migliorandone la gittata, potrebbe essere una soluzione interessante. Nello scambio può uscirgli dalla racchetta un rovescio strappa applausi, ma manca la costanza nel trovarlo in sicurezza, soprattutto quando lo scambio si allunga e c’è da correre tanto per trovare la giusta distanza dalla palla.
Gambe e distanza dalla palla. Qua casca l’asino. Rispetto all’estate scorsa si vede che Norman, Tillstrom e il team svedese a cui Grigor si sta affidando sta lavorando molto bene, i progressi sono evidenti. Ma il principale difetto di Dimitrov resta ancora il disordine con cui muove i piedi. Salta troppo, si scompone, non trova buoni appoggi, tanto da perdere frequentemente la giusta distanza dalla palla, e quindi l’equilibrio nel colpo. Un episodio emblematico: Roland Garros 2012, match d’altri tempi vs Gasquet sul Lenglen. Grigor saltava, atterrava e ripartiva nello scambio in modo così vigoroso da lasciare delle tracce enormi sulla terra parigina, solchi di profondità doppia o tripla rispetto a quelli di Richard! Una gestione totalmente errata, perché così facendo intanto disperde un’enorme quantità di energia; poi il non aver appoggi corretti con un tennis basato su gesti ampi e veloci lo porta raramente a trovare la distanza ideale dalla palla, perdendo di precisione ed efficacia. Inoltre con questo footwork totalmente errato non è possibile scaricare a terra la massima forza per sparare il winner. Quando invece riesce ad anticipare correttamente l’approccio alla palla e colpisce con saldi appoggi, soprattutto col dritto, i suoi colpi diventano velocissimi, precisi, insidiosi. In alcune occasioni contro Murray, quando è riuscito a colpire con appoggi corretti e buon anticipo, ha trovato angoli stupendi: cross letali che si abbassano terribilmente appena dopo la rete, e qualche lungolinea impattato di puro polso a cambiare dalla diagonale, trovando il winner. Soluzioni al problema? Lavoro in campo, ….e magari qualche dvd di Agassi, un maestro del footwork, per come i suoi passettini ad alta frequenza lo avvicinavano alla palla sempre in perfetto equilibrio, a trovare il momento ideale d’impatto.
Forse per Dimitrov è giunto anche il momento di tirare fuori una sua differenza, se ce l’ha, rispetto al tennis federeriano. Solo scimmiottare il gioco di Roger non lo poterà lontanissimo, perché Federer possiede un talento superiore, una fluidità di movimento, coordinazione, istinto, velocità d’esecuzione e di pensiero che Dimitrov non avrà mai. Però Dimitrov può sfruttare a suo favore quella base tecnica per costruire una propria differenza, proponendo ai rivali un gioco vario a tutto campo, con poco ritmo, difficile da controbattere. Deve sicuramente far diventare la prima di servizio la sua arma principale, e affinare la connessione tra attacco col dritto e discesa a rete, perché i passanti di oggigiorno sono dei missili terra-aria, difficili da governare a meno di non attaccare in modo molto insidioso.
Pur sconfitto (anche nettamente) contro Djokovic e Murray, è piaciuto nel tennis di Grigor l’istinto offensivo, la voglia di attaccare, la velocità nel cercare di sfruttare l’apertura di gioco, anche se minima, avanzando a chiudere il campo; è piaciuto come ha cercato di fare la differenza col dritto senza cadere in palleggi insistiti, pur reggendoli assai meglio che nel recente passato, sia sul piano atletico che mentale. Fisicamente pare molto migliorato, è sempre stato elastico e reattivo, adesso pare più potente e resistente. Piace anche la scelta di lavorare in Svezia, con un team di ex giocatori molto seri, in una città che lui stesso dice di amare perché “bella, tranquilla e che lo focalizza molto sul tennis”. Un scelta in contro tendenza, non un grande coach o una grande accademia (da cui è passato ma da cui ha tratto ben pochi risultati), ma qualcosa che forse si sente ben cucito addosso, appoggiandosi sulla sapienza di Magnus Norman, un vero “computer” in campo.
Ci sono tanti segnali di qualità in Dimitrov. Piccole pietre preziose che luccicano grande tennis, ancora da incastonare per creare un gioiello prezioso. Se avrà l’applicazione, la costanza, l’intelligenza e la pazienza di cesellare tutti i tasselli, forse potrà creare un mosaico perfetto. O quasi. Tutti coloro che amano il tennis classico non devono chiedergli di essere un nuovo Federer. Sarebbe abbastanza che diventasse un grande Dimitrov, pronto a giocarsi i tornei che contano. Il divertimento sarebbe garantito.
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