di Fabio Ferro
Cambiare attrezzo nel tennis equivale ad assumere una nuova identità, una nuova speranza di giocare meglio e di avere una resa superiore in campo con minore sforzo, ed è esattamente ciò che fa un amatore quando decide di dover cambiare telaio, per gusto o semplicemente perché ha perso una partita con l’amico meno dotato tecnicamente. È il modo più semplice in cui si fa strada perché una patologia, una fattispecie clinica denominata “racchettite”. La racchettite, o impulso reiterato al cambio racchetta, è una caratteristica di solito attribuita ai principianti, ma negli ultimi anni anche i professionisti hanno dato prova di non avere certo le idee chiare sull’attrezzatura e non sono certo rari i casi in cui i nostri beniamini si sono persi nei meandri delle racchette, delle corde, degli schemi di incordatura e, in altri casi, addirittura abbiamo assistito al cambio compulsivo di marchio, cosa molto rara tra i pro già pochi anni fa.
L’ultima vittima illustre della racchettite è Grigor Dimitrov. Il bulgaro ha da poco chiuso la migliore stagione della sua vita, con tre titoli all’attivo, giocando un ottimo tennis e mostrando continuità e feeling non indifferenti. Ad inizio anno, abbandonata la Wilson Pro Staff, ha giocato il torneo di Chennai con un telaio tutto nero, di chiara provenienza Wilson, per poi presentarsi in campo con un telaio addirittura privo di marchio sulle corde, ma con una chiara impronta di provenienza Head, qualcosa di molto simile alle Prestige, con uno schema di incordatura 16×19, mente in Wilson adoperava un 18×17, figlio della tecnologia Spin Effect. I più maliziosi parlano di una manovra di marketing voluta dalla signora Sharapova, ma la verità è che Grigor era già uomo Head, molto prima di impugnare la Pro Staff e questo cambio, almeno per il momento, non ha giocato al suo tennis. Probabilmente ha scelto il momento meno adatto per cambiare la sua attrezzatura.
Se il cambio di Dimitrov ha suscitato curiosità, quello adoperato da Roger Federer ha fatto scalpore, anzi ha fatto rabbrividire tifosi e appassionati. È stato un momento molto delicato della carriera di Federer, che, da grande campione e persona intelligente, aveva capito che la sua fida Wilson non era più adatta alle necessità del suo gioco. Lo svizzero, nel 2014, ha infatti deciso di cominciare in anticipo la stagione europea su terra battuta, proprio per testare gli attrezzi e trovarsi pronto per l’erba e per il cemento americano. Si dice che abbia provato anche telai da 100 pollici quadrati, come Nadal, ma, non avendone trovato beneficio, ha trovato le giuste misure con quella che poi sarebbe diventata la Pro Staff RF 97, l’unica racchetta del mercato a riportare il nome di un giocatore. Prima di lui solo Roddick aveva avuto questo onore, almeno negli ultimi 30 anni. Le sue scelte gli hanno dato ragione nel medio-lungo periodo, ma ha vissuto momenti imbarazzanti tra stecche, colpi che finivano sui teloni e partite complicate conto avversari che di solito massacrava con la consueta leggiadria. Molti lo avranno dimenticato, ma Federer era divenuto umano per qualche tempo, tanto che i media lo asfissiavamo con le domande sul suo ritiro dalle competizioni. Oggi, la sua Wilson gli consente di essere ancora un fenomeno e di gareggiare per i piazzamenti dell’Olimpo tennistico.
Uno che da qualche anno è affetto da racchettite acuta è senza dubbio Fernando Verdasco. Dopo la famosa partita contro Nadal a Melbourne nel 2009, dopo aver provato anche lui la Top Ten, il torello spagnolo ha operato una serie infinita di cambi racchetta. Tecnifibre, Yonex, Dunlop, Babolat e oggi Head. Alcuni di questi cambi erano solo legati al marketing e gli attrezzi differivano davvero poco l’uno dall’altro, ma gli ultimi tre, nel giro di 12 mesi, hanno visto Fernando passare da un telaio 97 pollici ad un 100 e poi un 98, con profili e pattern profondamente differenti. Non è escluso che cambi ancora, d’altronde gli restano pochi altri marchi ancora e potrebbe completare il suo personalissimo Slam di racchette.
Gael Monfils nemmeno scherza, passato da Head a Prince, con la quale è stato in top ten, per poi approdare in Wilson dopo un infortunio. Marcos Baghdatis, famosissimo per aver spaccato ben quattro telai in un cambio campo, da Fischer passò a Pacific, poi ad Head e oggi di nuovo Pacific. A volte ritornano. Anzi, esattamente come i tennisti amatoriali, molto spesso i campioni scelgono di tornare sui propri passi e riprendere gli attrezzi già utilizzati.
Se gli uomini sono massa di traditori, le donne sono piuttosto fedeli e non vi sono casi di cambio racchetta così eclatanti. La top ten vede tenniste che al massimo hanno adoperato un cambio e che oggi giocano con i telai che le hanno consacrate tra le grandi, Maria Sharapova a parte, che cominciò a vincere con Prince, per poi imbracciare subito dopo una Head. Serena Williams non ha mai abbandonato Wilson, divenuta ormai un prolungamento naturale del suo braccio, e che braccio!
Esistono, però, anche maschietti piuttosto fedeli. Nadal e Hewitt, sono nati, cresciuti e pasciuti rispettivamente con Babolat e Yonex, tanto da diventare ambasciatori dei due marchi in tutte le produzioni. Ma se Hewitt ha cambiato modello negli anni, Nadal, dai suoi 16 anni, non ha operato alcun cambio, tanto che quando, due anni fa, zio Tony dichiarò ” Rafa sta provando un telaio più pesante”, tutti pensavano ad un contratto milionario da porre in essere e ad un modello tutto nuovo per il maiorchino, salvo poi scoprire che alla fida Aero Pro Drive sarebbe stata applicata qualche strisciolina di piombo in più, forse nemmeno 5 grammi.
Ed infine ci sono i pentiti, quelli che “se avessi cambiato…” Sampras ha raffigurato l’opposto contrario della racchettite, perché più volte era stato spinto al cambio di racchetta, dato che la sua Wilson Pro Staff 85 pollici, rigorosamente versione S. Vincent, seppure ottima nella qualità e nelle prestazioni era ormai datata rispetto all’evoluzione che il tennis stava subendo. Poco dopo essersi ritirato, la sua affermazione più carica di rammarico fu: “Se avessi accettato di cambiare racchetta nei tempi giusti, avrei vinto almeno uno Slam in più, forse due!”.
Mc Enroe, nonostante il suo carattere spumeggiante, è uno di quelli che il telaio non lo avrebbe cambiato per niente al mondo, se non per necessità di passaggio di epoca tra il legno e la graphite. Ma dopo quel momento fu solo Dunlop 200g.
La peggiore scelta di sempre, scavando nel passato, la fece Bjon Borg, che, dopo essersi ritirato in tempi di racchette di legno, decise di riprovarci quando gli avversari avevano ormai tutti telai di graphite. Si presentò in campo, dopo alcuni anni, ancora con le sue Donnay, perdendo in maniera inverosimile con avversari molto meno quotati. Decise che era finito il tempo delle racchette di legno e anche delle sue competizioni nel tennis.
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