La giornata inaugurale del Challger romano del Garden è omaggiata dal primo vero caldo del 2015. C’è una luce avvolgente che abbraccia il bellissimo circolo alle porte della Città Eterna. Col sole tutto è più bello, sereno, pacioso. L’atmosfera è distesa, i tennisti rilassati, ci sono tutti gli ingredienti per assaporare una giornata di tennis puro.
La prima figura nota che mi si staglia davanti non appena arrivato al circolo è una sagoma unica ed inconfondibile, è Dustin Brown. Il tedesco, la cui celebrità supera forse il suo reale valore come tennista, qui è la seconda testa di serie del seeding e farà il suo ingresso nel torneo nella giornata di domani (primo match sul campo centrale alle 12:00 contro l’azzurro Cipolla). Il buon Dustin sprofonda nei divanetti adiacenti ai campi accompagnato dalle feledi cuffie rosse. Si posizione lì attorno a mezzogiorno e per due ore buone non si sposta di un centimetro, poi si alza, strapazza in doppio Starace e Di Meo in 46 minuti e se ne va. Bella vita!
Abbandonato Brown, mi catapulto sul campo centrale dove il palinsesto prevede il derby azzurro tra Stefano Travaglia e Flavio Cipolla, match valevole come ultimo turno di qualificazioni. Steto parte forte, va avanti un break e domina Cipolla nelle prime battute, poi lentamente si spegne fino a subire le sempre argute trame del romano. Flavio, che qui è di casa, incassa il primo set per 7-5 e passeggia nel secondo lasciando un misero game al tennista ascolano. E’ un Travaglia piuttosto nervoso, scontento del suo gioco e di alcune decisioni arbitrali come i due warning ricevuti (uno per time violation, l’altro per un volontario home run a fine primo set).
Al termine del match sul centrale mi sposto sul campo 3 appena in tempo per vedere Lorenzo Giustino soccombere al tie break del terzo set contro l’interessante diciottenne russo Karen Khachanov, mentre sul 4 un grande Matteo Berrettini passeggia su Michalicka, quarta testa di serie delle qualificazioni ed oltre settecento posizioni avanti all’azzurro.
Dopo una breve intervista concessa da un disponibilissimo Cecchinato, torno sul centrale dove già sono in campo Elias Ymer e Miloslav Mecir. Lo svedese perde a sorpresa il primo set, ma poi si aggiudica dodici degli ultimi quattordici game che confermano una vittoria più che preventivabile.
In attesa di Rublev, faccio un salto sul campo 1 dove c’è Kyle Edmund, altro giovane prospetto di primo interesse. Il biondissimo britannico di origini sudafricane è opposto ad Hans Podlipnik-Castillo, cileno tutt’altro che indimenticabile ed infatti in campo c’è poca storia con Edmund che timbra un comodo duplice 6-3, ma tra i pochi astanti scorgo una bionda che è impossibile non notare. Successivamente giunge una scoperta tanto inaspettata quanto sgradevole: l’avvenente ragazza è la fidanzata di Podlipnik-Castillo.
Dopo una sosta per un meritato gelato accompagnato da un rinvigorente (si spera) caffè, è finalmente arrivato il momento clou della giornata. Il momento si chiama Andrey Rublev e vederlo giocare va ben oltre le già alte aspettative. Ammirare il diciassettenne russo, opposto a Trungelliti (avversario per nulla banale col mattone tritato sotto i piedi), è spaesante. La percezione che questo pelle & ossa sia un fenomeno vero arriva subito. Il suo tennis è un trattato di violenza applicata al gioco, una violenza francamente inspiegabile perché un ragazzo con quella struttura fisica (è veramente, ma veramente magro) non può tirare così forte. Rublev, che il giudice di sedia (anzi di ssssedia) pronuncia immancabilmente ed erroneamente così com’è scritto, cerca in modo spasmodico il colpo vincente, l’accelerazione definitiva e quasi sempre la trova. Trungelliti gioca un signor match dominando a tratti il primo set fino al tie break, quando Rublev sale in cattedra spolverando sostanzialmente tutte le righe del campo. Nel secondo il russo mette in mostra tutto il repertorio comportandosi egregiamente anche nei pressi della rete. I suoi movimenti sono essenziali, quasi minimalisti, il braccio è di supersonica velocità, la palla schiocca, è un piacere. Le concitate esortazioni in lingua russa che provengono a un metro da me, mi fanno capire di essere posizionato (inconsapevolmente) in mezzo ai genitori di Rublev. I due vivono il match agli antipodi: la mamma è agitatissima, non si scompone mai ma è visibilmente nervosa e preoccupata. Stringe tra le mani un piccolo quadretto religioso in legno che sfrega continumente. Il papà, invece, ha un volto sempre disteso e tranquillo. Non fa una parola, non si muove di un centimetro, non si agita come se già fosse a conoscenza della sorte vincente del figlio.
E’ questo l’epilogo di un’entusiasmante giornata al Garden. La stanchezza inizia a farsi sentire prepotentemente, è tempo di rincasare e riposare in vista di un’altra giornata, quella di domani, che sarà ancora più intensa con l’esordio dei big come Brown e Stepanek, oltre alla sfida tra Bedene e Baldi.
ASCOLTA L’INTERVISTA A CECCHINATO
Leggi anche:
- None Found