Diario di Bordo dal Garden

dal Garden (Roma), Federico Rossini (Fotografie di Federico Rossini)

Premessa necessaria: tutti i giocatori impegnati nelle qualificazioni al Garden hanno giocato non una, ma due partite. Si è infatti partiti alle 9 con 4 match sui 4 campi utilizzati per il torneo, per poi proseguire, dalle 14:30, coi match di secondo turno.

Per la cronaca, i match di primo turno sono stati quasi tutti corti: i giocatori già navigati nel circuito si sono trovati di fronte, il più delle volte, wild card date a personaggi che da anni gravitano intorno al Garden (altrimenti detti maestri). Per la verità, parecchio corti anche diversi incontri tra quei giocatori che un po’ di esperienza ce l’hanno: per esempio, Vinciguerra spazza via Massu, o meglio quel che ne rimane.

Tuttavia, buona parte di questi match non li ho visti, perché mi sono trovato al Garden poco dopo l’una e mezza. Sapendo quello che stava succedendo tramite il livescore sul telefono, ho scelto di dirigermi sul campo numero 4 all’arrivo: stavano giocando Frederik Nielsen, vincitore del torneo di doppio a Wimbledon 2012 in coppia con Jonathan Marray, e Matthew Barton, australiano il cui dritto avrà un ruolo in questa partita.

Per adesso, mi limito a dire che, alla conclusione del secondo set visto da un Nielsen che sembra muoversi meglio sul rosso, mi sposto sul Centrale (che poi sarebbe il campo 2) per guardare qualche scambio tra Dustin Brown e il suo ufficialmente connazionale Simon Stadler. Quindi, passo per un po’ sul campo 1, dove Marco Viola si difende bene da Andrey Golubev. Infine, decido per il ritorno sul campo 4.

Al ritorno, vedo Barton avanti 3-0, ma evidentemente proprio in quel momento continua quella che potrebbe quasi definirsi una “disfida”, con l’australiano che inizia a sbagliare parecchio, il danese che ringrazia e sale sul 5-3. Sul 5-4, ecco arrivare il citato dritto di Barton: match point annullato e break recuperato. E ancora nel tie-break decisivo, l’uomo venuto dall’altra parte del mondo sottomette l’uomo venuto dalla bassa Scandinavia.

Nel frattempo, so come stava andando sul campo 1: Marco Viola aveva vinto per 6-3 il primo set contro Golubev. Perciò la decisione è ovvia: campo 1. Arrivo, però, nel momento in cui Golubev comincia a carburare e Viola non riesce, pur lottando, a reggere l’onda d’urto del kazako mezzo italiano, che vince il secondo set restituendo il punteggio del primo. Faccio un  breve giro sul 2, dove Dustin Brown si libera per 7-6 6-2 di Simon Stadler, quindi ritorno alle maggiori soluzioni di Golubev rispetto a Viola: 3-6 6-3 6-2 il punteggio finale.

 

Piccola curiosità che riguarda il sottoscritto: nel finale di secondo set, il giudice di sedia si rivolge a me dicendo “Pallina”, facendo capire che ce n’è una in strada. Passa un punto e la recupero; sul set point trasformato con servizio vincente da Golubev, Viola tenta di arrampicarsi sul cielo per prendere la palla. Risultato: anche questa se ne va, sparisce in mezzo ai prati dietro al circolo e risulta introvabile e irrecuperabile. La dolente comunicazione è girata al giudice di sedia.

Si apre un altro giro dei campi, questa volta con Campozano-Teixeira. Al mio fianco, trovo Adrian Mannarino che sostiene il suo connazionale in infradito e coi piedi appoggiati alla ringhiera. Passa un (lottato) game del secondo set (la partita la vincerà, peraltro, Teixeira), e vado a vedere alcuni scambi di Huta Galung-Andersen: l’olandese domina il primo, si fa riprendere nel secondo ma la spunta al tie-break.

Mi stacco per alcuni minuti dal tennis, faccio un giro lungo dei luoghi del Garden, che conosco particolarmente bene, quindi passo a vedere Daniele Giorgini che se la vede sul centrale/2 con Bastian Knittel. Il tedesco, portatosi sul 5-2, è stato recuperato fino al 5 pari, ed è qui che inizio a vedere. Nel duro undicesimo gioco, Knittel trova un’avventata discesa a rete che gli va bene perché la volée finisce nel sette alla sua sinistra (con annesse scuse). Nel punto successivo, che è quello chiave, arrivano due sue idiozie con altrettanti smash spediti sulla racchetta di Giorgini, il quale non può esimersi dal rimandarlo indietro. Da qui, arrivano errori di Knittel e gioco comandato da Daniele, che riesce a portarsi a casa il set: 7-5. Resto un po’, e poi cambio di nuovo campo.

Passo sull’1, dove Nicola Ghedin sta affrontando un giocatore, Adrian Menendez Maceiras, che ha il doppio dei muscoli dell’italico. Nonostante ciò, il bel rovescio consente a Ghedin di tenere bottaanche con l’aiuto di un certo carattere che non guasta mai. Menendez, però, fa valere la sua estrema solidità da fondocampo e riesce, non senza fatica, a chiudere il primo set 6-4.

Me ne vado sul campo 4, dove Andrej Martin sta affrontando Andreas Vinciguerra, sfida di cui parleremo ancora più avanti. Dopo alcuni minuti, tornando nello spazio tra 3 e centrale/2, scorgo un gatto che si mette a leccarsi e poi a guardare Mylokostov-Barton. Miao!!!

Di nuovo sul centrale/2, scorgo quello che avevo pensato: Knittel si è riavuto dall’indecenza del parziale di 5 giochi a 0 del primo set e ha letteralmente demolito Giorgini: 5-7 6-1 6-2, con l’ultimo gioco che è una pioggia di aces.

Ritorno da Nicola Ghedin quando è sotto 6-4 3-2. La sua avventura dura poco, è Menendez a vincere l’incontro 6-4 6-3 con dritto che suggella l’evento.

Faccio un giro sul centrale/2 per l’ennesima volta: questa volta stanno cominciando a giocare Marco Crugnola e il succitato Golubev. Nonostante un notevole rovescio di Crugnola, a iniziare meglio è Golubev, che piazza immediatamente il break.

 

Poi, però, penso “ma se tornassi a vedere la fine di Martin e Vinciguerra?”. Detto, fatto. Campo 4, e la scelta si rivela pure giusta.  Alla fine dell’incontro, dopo che Martin chiude il terzo set per 6-3, un Vinciguerra palesemente arrabbiato con sé stesso spacca la propria racchetta una, due, tre volte. La mia macchina fotografica si rifiuta di fotografare la scena, scegliendo di mettere in primo piano la rete.

Faccio un giro molto breve sul campo 1 per qualche scatto ad Andreas Beck, che gioca contro il già nominato Dustin Brown, e infine chiudo la giornata con Crugnola e Golubev. Uno, Crugnola, è piuttosto nervoso, l’altro, Golubev, si esibisce anch’egli in qualche imprecazione (non violenta) in italiano. Una signora accanto a me si chiede come mai lo parli: spiego del suo allenarsi ormai da tanti anni da noi. Comunque, la partita sembra andare decisamente nelle mani di Golubev, vuoi per i nervi del Crugno, vuoi perché il kazako è oggettivamente più forte (sarà anche la potenza della bellezza spaziale che funge da giudice di sedia?).

Intorno alle 18:50, giunge per me il momento della dipartita (per fortuna, non a miglior vita). Lascio con Golubev lanciato, Dustin Brown che nel secondo set fa a fettine Beck, e Mylokostov che ha un break di vantaggio su Barton, che terrà fino alla fine.

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