di Sergio Pastena
Tanti i punti da chiarire, tanti gli interrogativi, ma per una volta l’Atp sembra decisa a mettere mano ai calendari in maniera sensata: non si parla di riduzione delle partite giocate, ma semplicemente del restyling di uno dei periodi che negli ultimi anni han mandato un po’ al manicomio i giocatori, quello che va da fine gennaio a inizio marzo.
A dirla tutta una certa tendenza alla razionalizzazione si comincia a vedere fin da ora, se è vero che in questi giorni si sta giocando a Bucarest, evento che una volta si giocava a settembre poco prima di Palermo con la Davis di mezzo ma che dopo la fine del torneo siciliano era rimasto una parentesi di terra rossa isolata e priva di senso. Anche il 2013 conterrà una novità apprezzabile: il primo turno di Davis si giocherà subito dopo gli Australian Open, evitando di mandare al manicomio i tennisti europei che giocano la Gira, che fino a quest’anno in alcuni casi erano costretti a fare Australia-Cile-Europa-Brasile in meno di un mese.
Un nodo, però, rimaneva insoluto e l’avevamo fatto presente due mesi fa in un articolo fortemente critico sull’Atp 500 di Memphis: il torneo americano, infatti, quest’anno è stato giocato in concomitanza con Marsiglia e Buenos Aires (due Atp 250) ed è riuscito nell’impresa di avere il peggiore dei tre tabelloni nonostante assegnasse il doppio dei punti. Il motivo è semplice: da un lato i terraioli continuavano tranquillamente la Gira Sudamericana, dall’altro molti dei big presenti la settimana prima a Rotterdam preferivano una tappa in Francia in vista dell’altro Atp 500 di Dubai invece che farsi un giro del mondo per andare sfidare Isner, Raonic e compagnia su una superficie favorevolissima a chi ha un buon servizio.
Bene, la notizia è che dal 2014 il torneo di Memphis sarà declassato ad Atp 250 e andrà a sostituire, nonostante le proteste dell’USTA, il torneo di San Josè, che scomparirà dopo oltre quarant’anni di onorato servizio che han visto trionfare Laver, Connors, Emerson, McEnroe, Ashe, Lendl, Edberg, Chang, Agassi, Sampras, Murray, Roddick e, è sempre bello ricordarlo, il nostro Renzo Furlan nel 1994. I tempi però cambiano e il torneo californiano, che fino a dieci anni fa poteva permettersi tabelloni con Hewitt, Agassi e Roddick, complice la crisi del tennis a stelle e strisce si è un po’ ridimensionato: quest’anno ha vinto pur sempre Raonic, vero, ma è bastata la defezione di Monfils a spalancare una voragine nella parte alta che ha portato ai quarti di finale tale Kutrovsky.
Al posto dell’evento americano ne verrà organizzato uno in Brasile a Rio de Janeiro. Non c’è che dire: la città brasiliana senza dubbio costituisce un richiamo maggiore rispetto a quella americana, ma come detto ci sono dei dubbi. Per la precisione sono due: il primo riguarda i calendari, il secondo una questione di opportunità. Proviamo a fare chiarezza sulla situazione per quanto possibile.
Il puzzle del calendario
Per renderci conto di come stiano le cose attualmente, analizziamo il calendario del 2013 nel periodo che va dall’ultima settimana di gennaio fino ad Indian Wells.
Abbiamo diviso il calendario per colori evidenziando i tre “percorsi” plausibili per gli atleti più forti.
Sudamerica: Cile, Brasile, Argentina, Messico e poi Indian Wells. E’ quello che fanno Ferrer e tutti i terraioli incalliti che giocano la Gira e poi, con un breve trasferimento, vanno ad Indian Wells per disputare i Masters americani sul cemento oppure, se non hanno il ranking per accedervi, restano comodamente in zona per giocare i Challenger sulla terra battuta, alcuni dei quali prestigiosi come quello di Guadalajara.
Europa: è il percorso preferito dai big che, non dimentichiamolo, attualmente sono in gran parte europei. Dopo la Davis i giocatori di seconda fascia disputano Zagabria o Montpellier e quindi, a Rotterdam, entrano in gioco i big. Nel quarto weekend c’è Dubai, torneo molto ricco e agganciatissimo con un tabellone da Atp 1000, quindi i pezzi da 90 nel terzo preferiscono giocare Marsiglia oppure riposare una settimana.
Usa: chi sceglie questa strada di solito riposa una settimana dopo la Davis e poi disputa San Josè, Memphis e Delray Beach per preparare Indian Wells sul cemento americano. E’ una scelta privilegiata dagli atleti di casa e da qualche underdog consapevole che a Memphis si possono fare punti facili: lo sa bene Benjamin Becker che a 30 anni, di ritorno da un lungo infortunio, ha raggiunto un’insperata semifinale.
E nel 2014? Allo stato attuale la situazione sarebbe la seguente:
Abbiamo lasciato in bianco la casella di Rio de Janeiro perché ancora non è dato sapere su quale superficie si giocherà: si resterà sul cemento oppure si sceglierà la terra battuta?
Rimanere sul cemento appare una scelta illogica: anche se la settimana prima c’è il torneo di Sao Paulo, quale terraiolo abbandonerebbe la Gira per fare una puntata sul duro e poi tornare ad Acapulco? In quanto ai big che giocano in Europa, per giocare a Rio dovrebbero comunque passare l’oceano e continuerebbero a preferire Marsiglia. In buona sostanza non cambierebbe nulla e ci troveremmo sempre di fronte ad un Atp 500 col tabellone di un 250.
Giocare sulla terra battuta comporterebbe due conseguenze negative: da un lato spezzerebbe la preparazione sul duro dei giocatori americani, a cui non si può chiedere certo di fare Memphis-Marsiglia-Delray Beach nell’arco di dieci giorni, mentre dall’altro darebbe un colpo mortale al torneo di Buenos Aires. Chi sceglierebbe mai di giocare un Atp 250 in Argentina quando può giocare un Atp 500 rimanendo in Brasile per poi volare ad Acapulco?
Insomma, questa ipotesi di calendario in ogni caso comporterebbe grossi problemi, per cui pare inevitabile qualche altra modifica se si vogliono ottenere risultati apprezzabili.
Considerando che è impossibile allungare la Gira sudamericana, schiacciata com’è tra la Davis e Indian Wells, la soluzione più logica sembrerebbe essere la soppressione di uno degli eventi minori della Gira stessa, che comunque uscirebbe dal cambiamento potenziata potendo contare su due Atp 500 invece di uno. Il tutto lasciando Memphis nel terzo weekend per dare continuità ai tornei di preparazione americani. Il quadro della situazione sarebbe il seguente:
Dando per scontato che non ci siano ripensamenti sull’abolizione di San Josè, ci si troverebbe con due grossi eventi in sequenza in Sudamerica (sacrificando un torneo tra Vina del Mar, Buenos Aires e Sao Paulo) e un tour americano più breve. Gli Isner e i Raonic potrebbero comunque seguire un percorso lineare evitando troppi trasferimenti: in caso di Davis in Europa potrebbero giocare Zagabria e Rotterdam per poi volare a Memphis e restare in America, senza aumentare i viaggi. Qualora la giocassero in casa comunque potrebbero volare in Europa rimanendoci però quindici giorni senza dover fare due voli oceanici con relativo jet lag nel giro di una settimana, mentre per i tennisti di seconda fascia si potrebbe spostare il ricco Challenger di Dallas, in programma all’inizio di febbraio, alla seconda settimana.
Un’altra ipotesi interessante e complementare potrebbe essere quella di promuovere ad Atp 250 nel week 2 proprio Dallas, che di Challenger ne ospita due nel giro di un mese (entrambi di primo livello, peraltro), ma qui bisognerebbe conoscere le intenzioni dell’Atp: l’eliminazione di un torneo statunitense è frutto di una precisa volontà politica oppure solo una conseguenza della necessità di rinforzare la Gira e il mercato brasiliano in vista delle Olimpiadi del 2016? E inoltre, in un caso del genere, che direbbe San Josè rimasta orfana di un torneo storico?
Il Brasile raddoppia: avvertenze per l’uso
Due tornei in Brasile invece di uno: dal punto di vista commerciale, diciamolo subito, è una decisione ineccepibile. Quello brasiliano è un mercato grosso, da quelle parti lo sport fa sempre molta presa e la parabola di Guga Kuerten ha dato una spinta notevole ad un tennis che, comunque, ha sempre avuto un seguito numeroso e caloroso.
Ecco, troppo caloroso a dirla tutta. Con buona pace dei motivi economici, andrebbe detto chiaramente che non si deve più ripetere lo schifo visto quest’anno a Sao Paulo nel quarto di finale tra Bellucci e Leonardo Mayer, col pubblico che insultava ripetutamente il tennista argentino e lo fischiava mentre era al servizio incurante dei richiami dell’arbitro. L’Atp farebbe meglio a convocare gli organizzatori di Sao Paulo dicendogli una cosa tipo “Rifate il casino di quest’anno e si torna a Costa do Sauipe oppure, addirittura, aboliamo il torneo tanto dal 2014 c’è Rio”. Inoltre dovrebbe fin da subito catechizzare gli organizzatori di Rio de Janeiro: alle Olimpiadi del 2016 sarà torcida pura, meglio rassegnarsi all’idea, ma l’Atp 500 è un’altra cosa e bisognerà fare in modo da garantire un certo standard di correttezza sportiva.
Non si tratta, ovviamente, di zittire il pubblico impedendogli di tifare, ma semplicemente di fare in modo che non si verifichino più certi eccessi che fanno male al tennis, uno sport che non ha certo bisogno di ultras sugli spalti.
Leggi anche:
- None Found