Il primo squillo è finalmente arrivato. Alexander Bublik, simbolo di un tennis genio e sregolatezza che non passa mai di moda, si è rifatto con gli interessi all’Open Sud de France riscattandosi alla grande dopo l’amaro in bocca che si era lasciato dopo le quattro finali perse nel triennio 2019-2021.
In Francia, difatti, il kazako si è sbloccato recitando un ruolo da assoluto protagonista grazie al suo gioco tutto estro e fantasia. Nella sfida che vedeva contrapposti i due Alexander più noti del circuito, Bublik ha annichilito in finale il grande favorito della vigilia Zverev a suon di variazioni, palle corte improvvise e passanti al fulmicotone. Una prestazione eccellente all’insegna della varietà che ha premiato appieno il fresco vincitore di Montpellier, il quale ha letteralmente mischiato le carte dal primo punto e incartato il suo avversario dominandolo tatticamente e sul piano della manualità. È vero, il tedesco non si sarà presentato al meglio all’appuntamento, ma non si può negare l’evidenza: quando Bublik è centrato/concentrato è capace di scalpi importanti (anche se isolati).
Tuttavia la ciliegina sulla torta messa nell’atto conclusivo dell’Open Sud de France col successo su Zverev, non è stato altro che il coronamento di un percorso tutt’altro che scontato: esordio vincente con Tallon Griekspoor, ottavi contro Pierre-Hugues Herbert, quarti di finale vinti al tie-break del terzo set spuntandola su Roberto Bautista Agut e semifinale superata sul velluto imponendosi su Filip Krajinovic. Non un cammino malvagio per essere un torneo ATP 250, vista la qualità di altri tornei concorrenti di suddetta categoria.
Alexander Bublik ha vinto il primo titolo della carriera senza snaturare la sua essenza. Questo è a mio modo di vedere il punto focale della questione perché rappresenta la notizia più significativa di tutta l’esperienza transalpina vissuta da Sascha. Pur mettendo in mostra un tennis fantasioso e variegato, a differenza del recente passato, il tennista di Gatčina ha messo ordine al proprio caos creativo risultando estremamente efficace anche sulla lunga distanza. Il limite del kazako, come risaputo, sono sempre stati i cali di concentrazione nell’arco anche della stessa partita. “Se avesse più testa”, “se imparasse a gestire meglio il proprio talento sarebbe un top 10” sono alcune delle espressioni più ricorrenti che troviamo sui social quando si parla di lui. Tutte considerazioni condivisibili, ma al contempo un po’ banalotte poiché in questo sport la componente mentale fa tutta la differenza del mondo e non può non essere contemplata.
La portata di questo successo colto a Montpellier non può essere circoscritta al tipo di torneo vinto. Vanno altresì valutati gli avversari sconfitti e le prestazioni offerte dal ‘Cavallo pazzo di Gatčina’. Seppur si tratti di un torneo ATP 250 e sia ancora pienamente convinto che Bublik rimarrà anche in futuro un tennista altalenante (per sua natura) con exploit improvvisi e crolli inspiegabili, questo acuto può oggettivamente rappresentare un punto di svolta nella sua carriera. Alexander compirà 25 anni a giugno, non si può più definire un ragazzino promettente. Il suo gioco, non sempre facile da applicare con continuità di rendimento e su tutte le superfici, può ancora risultare, anche di questi tempi, efficace e vincente. Non sempre, ma può ancora per certi versi esserlo. Tutto dipenderà da quanto lo stesso Bublik se ne convincerà nel prossimo futuro (semmai dovesse convincersene).
In fondo, per noi che viviamo di emozioni e amiamo i gesti tecnici, non è così indispensabile che il kazako vinca sempre e diventi un top player. Ce lo auguriamo un po’ tutti, sia chiaro, ma non è l’unica cosa che conta. A noi Bublik, anche in formato ‘Cavallo Pazzo’, piace così com’è. Sascha resta e resterà ossigeno puro, in un circuito nel quale non regna sovrana la varietà né l’originalità di alcuni suoi interpreti, anche se dovesse rimanere fuori dalle primissime posizioni del ranking. D’altronde vincere è solo la metà del gioco, divertirsi è l’altra metà.
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