di Sergio Pastena
L’ha detta giusta, zio Roger: “Da giovane sarei stato terrorizzato a giocare contro uno come Raonic, ora invece attendo con pazienza che giocatori come lui vadano lentamente fuori giri”.
In effetti il Raonic del primo set contro Federer sembrava imbattibile. Non solo al servizio: il canadese è migliorato anche nello scambio puro e ha gestito benissimo il parziale da un punto di vista tattico. Esempio: dopo due sportellate di Roger su altrettante seconde “normali”, Milos ha tarato la potenza giocandole in modo aggressivo, anche se non come le prime. Risultato? Tantissimi vincenti sulla seconda. Inoltre, nel tie-break, ha preso i giusti rischi capitalizzando il mini-break di vantaggio, ottenuto sull’unica seconda giocata da Federer nel game decisivo.
C’era da avere paura, ma l’impresa per il canadese pareva comunque difficile.
Perché? Per i motivi evidenziati dallo zio di Svizzera davanti ai giornalisti. Mettiamola così: nel primo set a rischiare era stato Federer, che aveva concesso una palla break, annullata con un ace, nell’unico turno di servizio sottotono. Tuttavia lo svizzero non giocava male: percentuale di prime alta, tanti vincenti, pochi errori gratuiti e quasi tutti in proiezione offensiva (in pratica niente regali). La sintesi è che Federer pareva in pieno controllo dei turni di battuta anche quando –raramente –non gli entrava la prima. Raonic, invece, pur tenendo i servizi a 0 o a 15, sembrava dipendere da una serie di variabili difficili da gestire.
Un doppio fallo, una risposta “alla Federer”, un errore gratuito: fattori che incombevano come una spada di Damocle sulla testa del canadese. Troppi. La legge dei grandi numeri ha avuto la sua vendetta all’inizio del secondo set: sul 30-0 Roger ha arpionato una prima di Raonic, che ha sbagliato la volèe. Poi è stato il canadese a mettere lungo un diritto. Infine, su due seconde, lo svizzero ha piazzato un bel passante incrociato e un’accelerazione delle sue. E sul 7-6 0-1 per Raonic si pensava già al terzo set.
Che poi, come detto, Milos sullo scambio ha retto benino facendo anche bei punti. In particolare, nel primo set, da segnalare una doppia volèe notevole e, nel tie-break, un attacco lungolinea di rovescio imprendibile. Due fondamentali, gioco di volo e rovescio, nei quali Raonic aveva mostrato di non essere “senza speranza” e sui quali ha lavorato. Non ha la volèe di Llodra, ma per farlo sbagliare ci vuole un buon passante. E non ha il rovescio di Gasquet, ma se l’anno scorso tirava “comodini” occasionali adesso sembra aver calibrato il gesto aumentando la precisione senza andare troppo a discapito della potenza.
Contro Federer, però, tutto questo non basta e nel terzo, nonostante un ace di seconda sintomo di difficoltà (fino a quel momento ne aveva tirato solo un altro), è arrivato il break alla prima occasione con una risposta d’istinto di King Roger, che intanto aveva inquadrato meglio il servizio di Raonic e ributtava dall’altra parte anche qualche badilata di prima.
Altra cosa: l’inesperienza. Sì, perché nell’ultimo turno di servizio di Federer, sullo 0-15, Raonic ha tirato una risposta profondissima che lo svizzero non ha controllato. Il giudice di linea ha chiamato l’out e il pubblico ha mormorato: persino Lahyani si è voltato verso il canadese con aria interrogativa, ma Raonic non ha chiamato il challenge. Pochi secondi dopo il replay, impietoso, ha mostrato come la palla si fosse stampata in pieno sulla riga. Brutto errore dei linesman, ma se sei avanti 0-15 quando l’avversario serve per il match alla fine del terzo set, il Challenge devi chiamarlo anche se la palla atterra in Nuova Caledonia. Fosse anche solo per il fatto che il pubblico aveva mormorato, l’hawk-eye era d’obbligo.
Riassunto: Raonic al momento (e si sapeva) è una brutta bestia per chiunque. La strada da percorrere, però, non è però quella del primo set di ieri. Parziale giocato alla perfezione, per carità, ma in quanto tale non ripetibile troppo spesso. Il 21enne originario del Montenegro dovrebbe continuare a lavorare sullo scambio, perchè ha le basi giuste per non fare la fine del bombardiere che non sa fare altro. E migliorare la mobilità: per uno così alto non è facile, ma è sotto i due metri ed un Del Potro, pur essendo più alto di due centimetri, al momento si muove meglio. Un altro fattore che ha pesato, ieri notte: dai a Federer la possibilità di costruirsi il punto senza dover tirare alle righe e non ne uscirai bene.
Milos nei prossimi due anni stabilirà cosa vuol essere nella vita: può entrare nei Top Ten in pianta stabile e fare la carriera del Roddick post-2004 oppure ricalcare la strada di Karlovic e Isner, costeggiando i primi dieci (n.b. Long John ora ha la sua grande occasione). L’impressione è che sia più vicino alla prima ipotesi. Per insidiare i super-big, certo, ci vorrebbe ben altro, la cosa sembra difficile. Mai dire mai, però.
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