di Alessandro Mastroluca
“Resta a terra con i suoi pensieri, Marat Safin”. Commenta così il telecronista della televisione francese mentre la telecamera indugia sul russo, ancora disteso a terra vicino la rete, con le mani sul volto. È il 19 novembre 2000, si sta giocando il terzo set della prima finale del nuovo millennio a Parigi Bercy. Safin, da una settimana nuovo numero 1 del mondo, sta affrontando un altro dei giovani che sembrano destinati a scrivere la storia del nuovo millennio tennistico, Mark Philippoussis, eroe del trionfo australiano in Davis a Nizza nel 1999. Ma i secondi passano, e l’australiano va a sincerarsi delle condizioni dell’avversario. Perché le mani di Marat non coprono i suoi pensieri, coprono un taglio al sopracciglio destro. Il replay chiarisce: Safin ha giocato una spettacolare volée di rovescio in tuffo e ricadendo ha sbattuto sul telaio della racchetta. Il graffio sanguina leggermente e il russo giocherà il resto della partita con un cerotto sul sopracciglio. Una partita destinata a diventare la più bella finale nella storia del Masters 1000 di Bercy.
I quarti
Philippoussis ha dominato negli ottavi Yevgeny Kafelnikov, oro olimpico a Sydney, ma ai quarti ha sofferto più del previsto contro il qualificato tedesco David Prinosil, che aveva eliminato dopo una maratona sfiancante Michael Chang. L’australiano, testa di serie numero 13, cede il primo set, ma chiude il secondo con un ace e dopo due ore scarse chiude 4-6 6-4 7-6 (3) sul dritto incrociato a rete del tedesco. “Non è stato facile” commenta, “ma ho imparato che non devo poggiare solo sul servizio per vincere”.
Safin ha vita un po’ più facile, invece, nel suo quarto di finale contro Alex Corretja, che con la vittoria sul sudafricano Wayne Ferreira al terzo turno si è guadagnato un posto al Masters di Lisbona. Parte subito forte, allunga 3-0, ma consente allo spagnolo di rientrare e si ritrova a salvare quattro set point al servizio sul 4-5. Ma infila un parziale di tre game a zero fino al 7-5 e controlla il secondo set, in cui comunque spreca un break di vantaggio: chiude 7-5 6-3 e si prepara a sfidare un altro spagnolo, Juan Carlos Ferrero.
Le semifinali
Philippoussis invece affronta Guga Kuerten, numero 1 del mondo fino alla domenica prima, superato da Safin per soli 20 punti dopo il titolo a San Pietroburgo. Il brasiliano punta ancora a chiudere l’anno in vetta al ranking e spera di ripetere la doppietta parigina Roland Garros-Bercy riuscita dodici mesi prima a Andre Agassi. Ma la speranza svanisce dopo un’ora e 52 minuti. Philippoussis manca sul 5 pari nel secondo set l’unica palla break della partita ma chiude 7-6(5) 7-6 (11) al quarto match point grazie alla volée larga del brasiliano. “Avrebbe potuto finire diversamente” ammette, “il match si è giocato su uno o due punti”.
Tra l’australiano e il secondo titolo in un Masters 1000 dopo Indian Wells ’99 c’è Marat Safin, che torna in finale a Bercy dopo la sconfitta di un anno prima e arriva dalla impronosticabile lezione a Pete Sampras a Flushing Meadows. Il numero 1 del mondo ha lasciato solo quattro game a Ferrero. “Non è stato un match equo, lui era troppo stanco” commenta dopo il secco 6-2 6-2. “Ma è anche vero che ho giocato il mio miglior tennis dalla mia vittoria agli Us Open”.
Contro Safin, analizza Philippoussis, “servirà un tennis solido, regolare, come ho mostrato per tutta la settimana qui”. È il terzo confronto diretto tra i due, che si sono divisi la vittoria nei due precedenti confronti diretti.
La finale
Alla vigilia del torneo, l’ATP dà alle stampe un piccolo fascicolo, “New balls, please!”, per promuovere i dodici “apostoli della nuova generazione, giovani giocatori dal talento eccezionale che incarnano il futuro del tennis maschile”. Mark Philippoussis racconta le uscite con Julio Iglesias, con cui condivide la passione per il wake-board, Safin confessa di essere allergico al vino.
Il primo set è uno spettacolo tutto australiano. Philippoussis strappa il break nel primo game di risposta e lo difende grazie a otto ace e accelerazioni di dritto così potenti che tengono Safin lontano dalla riga di fondo. In 32 minuti è già 6-3: è il primo set che il russo perde nel torneo.
Il russo si prende un warning nel nono gioco del secondo set per aver sparato una palla sulle tribune, ma trascina comunque il parziale al tiebreak. È un “jeu decisif”, come lo chiamano a Parigi, drammatico, di quelli che tolgono il fiato. Il russo chiude 9-7 al quarto set point: Philippoussis non ne aveva ancora perso uno nel torneo.
Sul 3-3 al terzo, poi, il colpo di scena che potrebbe cambiare la storia. La volée di Safin, il taglio sul sopracciglio e un lunghissimo medical time-out. “Quando vedi il sangue, ti spaventi naturalmente” commenta il russo, che avrà bisogno di ghiaccio da mettere sulla ferita ai cambi campo per tutto il match e chiederà di accorciare la cerimonia di premiazione per andare in ospedale a farsi applicare dei punti di sutura. “Ma dopo due set non vuoi mollare. Certo, se avessi continuato a sanguinare sarei stato costretto ad abbandonare il match”. L’australiano si distrae, e al rientro in campo perde il servizio per la prima volta dall’inizio della finale: Safin completa il 6-4 e si porta avanti di un set.
L’australiano però sale nel quarto set. Nulla traspare dal suo linguaggio del corpo o dalla sua faccia, sempre impassibile. Attacca di più, sfodera volée da applausi di quelle che si vedono sempre meno, e verrebbe da chiedersi perché non ne abbia fatto un pilastro della sua strategia in quella finale. Il chip and charge sulla seconda di Safin è letale. Il russo si innervosisce e se la prende con le racchetta, Philippoussis ne approfitta, breaka a zero al sesto gioco e porta la finale al quinto.
Tre ore e 17 minuti non bastano a dare un vincitore: serve un secondo tiebreak. “Ho avuto tre palle break di fila sullo 0-40 sul 5-5” commenta Philippoussis, “ma ha giocato due volée incredibili e un lob. Non ho niente da recriminare, non ho fatto niente di sbagliato in quei punti”.
Safin ha messo a segno un ace in più all’inizio del tiebreak, 22 a 21, saranno pari a fine match, e va avanti 6-3 ma spreca i tre match point e ne mancherà altri due poco più avanti. Philippoussis ha statistiche migliori in ogni settore del gioco, ha ottenuto più break e più punti sia al servizio sia in risposta. Ne ha fatti 12 in più dell’avversario, 165-153, ma Safin porta a casa quello che conta più di tutti. L’ultimo. L’australiano sbaglia di dritto e dopo 3 ore e 28 il russo festeggia il 3-6 7-6 6-4 3-6 7-6 e incassa un assegno da 434 mila dollari. È il suo settimo titolo in stagione, il secondo di fila. È l’unico ad aver vinto più di un Masters Series in un 2000 senza un vero dominatore.
“Sto giocando alla grande quest’anno, e pensi di aver vinto abbastanza tornei per dimostrarlo” commenta Safin. “Marat ha espresso un gran tennis tutto l’anno, ecco perché è numero 1 del mondo” ammette Philippoussis. “Ha un’enorme fiducia adesso, è come se pensasse che nessuno lo può battere là fuori”.
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