di Andrea Martina
Esattamente un mese fa: 7 Giugno 2014. È questa la data d’inizio di Wimbledon per quella che è stata la vera sorpresa del torneo, Nick Kyrgios. Ma attraversando La Manica e spostandoci nella capitale francese, in quella stessa data, Rafael Nadal e Novak Djokovic stavano sicuramente discutendo con i rispettivi allenatori su come poter portare a casa il Roland Garros, domani si giocheranno la finale. Terra rossa, scambi durissimi da fondo campo, tutto quello che più si allontana da Wimbledon.
Però il Championship inizia il 23 di Giugno, un po’ presto per rendersi conto di cosa poteva combinare il giovane australiano. Infatti lui il 7 Giugno si presenta a Nottingham dove si giocano due challenger di preparazione a Wimbledon che, oltre ai proverbiali punti del ranking e all’assegno per il vincitore, mettono in palio una wild card per il tabellone principale dello slam londinese. Kyrgios è costretto a giocare le qualificazioni per poi trovarsi a vincere il torneo e guadagnarsi l’invito a Wimbledon. I rischi non sono stati pochi se si considerano la vittoria al tiebreak del terzo set con Filip Krajinovic e i due tie-break necessari per battere Sam Groth in finale senza avere nemmeno una palla break.
A Wimbledon Kyrgios arriva con 8 incontri vinti sull’erba e si ritrova al primo turno il francese Robert che nei primi tre set lo costringe tutte le volte al tie-break per poi cedere al quarto. Ma a tener banco tra le sale stampa di Wimbledon sono le difficoltà che sta trovando Nadal, un Murray esageratamente elogiato e le domande su cosa potrà dare Federer a questo torneo, per il giovane australiano ancora non c’è spazio. Al secondo turno c’è Gasquet-Kyrgios e gli organizzatori, fiutando bene, scelgono il campo numero 2. Kyrgios non si trova di fronte il Gasquet che riuscì a raggiungere le semifinali nel 2007 e ne approfitta portando il match al quinto set e vincendo per 10-8 con svariati match point annullati, una vittoria che si nota se hai 19 anni ed è il tuo primo Wimbledon. Nel terzo turno la situazione diventa ancora più interessante: come nel caso del challenger di Nottingham, al vincitore non andranno solo soldi e punti atp, ma ci sarà l’occasione di sfidare (probabilmente sul Centre Court) un signore che si chiama Nadal. Kyrgios non fa una piega e batte in quattro set Vesely, un’altra giovane promessa due anni più grande di lui come lui.
Kyrgios non perde da 11 partite, ha di fronte il numero uno del mondo, siamo sul Centrale e tutti potrebbero accettare un suo appagamento. Invece lui non fa una piega e vince in quattro set sfoderando un tennis energico e potente.
Ma parlare solo di Kyrgios, oltre che ad essere molto facile adesso, è anche sbagliato perché si andrebbe a nascondere un’importante realtà che sta venendo fuori.
Laver, Newcombe, Emerson e Cash sono solo alcuni dei fuoriclasse forniti da una delle scuole più antiche e consolidate. Se dobbiamo arrivare, poi, a quello che è il tennis moderno non si può fare altro che sottolineare una profonda crisi dell’Australia che dopo il periodo 2000-2003 (quattro finali consecutive a Wimbledon con la vittoria di Hewitt e le sconfitte di Rafter e Philippoussis) ha raccolto davvero poco. La vittoria per 3-1 nella finale di Coppa Davis del 2003 contro la Spagna è stato l’ultimo picco prima di una ripidissima discesa.
Hewitt ha fatto quello che poteva avendo la fortuna di raggiungere la vetta prima della dittatura di Federer, ma è rimasto il solo interprete di questa decadente culla di campioni che, oggi, pare riprendersi alla grande.
Archiviato il boom di Kyrgios (classe 1995), sembra interessante vedere la quantità e qualità dei nati tra il 1992 e 1996 che potrebbero arrivare in massa nel circuito principale:
– Bernard Tomic (1992): frequentatore del circuito già da anni, si potrebbe fare un capitolo a parte. Ha raggiunto anche lui i quarti di finale a Wimbledon a 19 anni, ha vinto l’ATP di Sydney e viaggia tra crisi profonde e momenti di bel tennis. Per continuità e voglia di vincere (sue lacune spaventose) avrebbe bisogno di un coach come Hewitt.
– James Duckworth (1992): in Italia qualcuno se lo ricorderà per la vittoria di qualche futures, il suo è un percorso di crescita graduale perché è dotato di meno talento rispetto a Tomic e Kyrgios, ma inizia a fare strada anche nei challenger
– Luke Saville (1994): curriculum junior di tutto rispetto con il raggiungimento del primo posto, la vittoria della Coppa Davis, di Wimbledon e degli Australian Open. Nello slam appena concluso è riuscito a qualificarsi al tabellone principale e a vincere il primo turno contro Thiem
– Alex Bolt (1993): la sua carriera giovanile è sicuramente meno nobile rispetto a quella di altri suoi connazionali, ma ha già vinto un challenger quest’anno e chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare in Italia si sarà sicuramente reso conto dei suoi grandi margini di crescita.
– Thanasi Kokkinakis (1996): quest’anno si è fatto notare per essersi qualificato nell’atp di Brisbane e per la vittoria nel primo turno dell’Australian Open (da wild card) contro Sijsling.
Questi sono sicuramente i migliori prodotti che il vivaio australiano sta sfornando dopo anni di crisi e l’elenco potrebbe allungarsi con Kubler, Thompson, Harris e Mott (un altro 1996).
Chissà se dopo il boom di spagnoli che ha colpito il circuito maggiore non sia proprio l’Australia a prendere questo testimone?
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