Come ogni fine anno che si rispetti è tempo di bilanci, considerazioni e soprattutto tante speranze. Della fase di transizione che sta attraversando il tennis maschile si è parlato e se ne parla tanto, forse troppo. Addetti ai lavori, sportivi professionisti e semplici appassionati hanno spesso perso preziose ore di sonno cercando di dare una risposta a decine e decine di “perché?”. No, questa volta non staremo qui a chiederci quante e quali responsabilità abbia avuto la peggior tradizione tricolore nel marchiare prematuramente come bolliti i nostri più grandi campioni o nell’aver sovraccaricato di pressione parecchi giovani prospetti. Per una volta proviamo a costruire, non a distruggere. Certamente i dati non aiutano ma attenzione, i dati non sono tutto. Non lo sono mai stati.
Il 2016 ci lascia in eredità qualche nuovo nome, insieme a progressi e débacle dei soliti noti. E’ bello, allora, al netto delle tristi storie di doping e frodi sportive, provare ad immaginare l’anno che verrà come il più lontano possibile dalle “4P” che governano l’universo pessimista: permanente, pervasivo, personale e pesante. Ma andiamo con ordine.
Primo nome caldo è sicuramente quello di Matteo Berrettini, classe 1996 e attualmente numero 435 del ranking ATP. Cresciuto con Raoul Pietrangeli e seguito oggi al Circolo Canottieri Aniene da Vincenzo Santopadre, il ventenne romano si è messo recentemente in mostra al Challenger di Brescia dove ha costretto al terzo set l’ex top 100 Lucas Lacko dando sprazzi di tennis sopraffino. Dopo uno strepitoso 2013 che lo ha visto aggiudicarsi ben 5 titoli ITF under 18 (sia sul cemento che sulla terra battuta), nelle ultime stagioni i veri avversari sono stati gli infortuni che ora, però, sembrerebbero davvero alla spalle. Chi lo ha visto giocare sa che la crescita di Matteo è stata a 360 gradi: fisica, atletica e mentale. I colpi ci sono, forti e penetranti. Il suo schema preferito, pur essendosi formato sulla terra battuta è “servizio e dritto” ma il lavoro di Santopadre su rovescio e gioco di volo non sta passando inosservato. Sacrifici, testa e una estrema dedizione al lavoro fanno di Matteo Berrettini una delle più belle sorprese del 2016. Perché fermarsi qui?
Alzi la mano chi il 9 maggio di quest’anno era al Foro Italico e non si è fermato nemmeno un attimo sotto il sole cocente del Campo 2 dove Lorenzo Sonego (classe 1995), altro nome interessante della lista, cedeva dopo quasi tre ore di battaglia con il più accreditato portoghese Joao Sousa. Durante quelle tre ore lo abbiamo incitato, acclamato, sostenuto. Lo abbiamo soprattutto visto giocare. E ce ne siamo innamorati. Coordinazione naturale ed eccezionale. Ambizioso e modesto allo stesso tempo “Lollo” (così lo ha ribattezzato subito il pubblico romano) ha lottato su ogni palla, giocando ogni punto con il suo “cuore Toro”. Dieci anni fa in pochi credevano potesse diventare un professionista invece eccolo qui, pronto a prendersi la sua standing ovation. I piedi sempre dentro al campo, come il suo idolo Jo-Wilfired Tsonga, e poi il dritto. Esplosivo. Il lavoro con il suo coach di sempre, Gianpiero Arbino, è incessante. Tecnicamente sta cercando di migliore la seconda di servizio e la risposta, con l’obiettivo di togliere sicurezza all’avversario. Anche il rovescio, che prima utilizzava solamente per scambiare, sta diventando l’arma giusta per un contrattacco repentino. I prodromi per andare avanti ci sono tutti. La posizione n.300, quella attuale, è solo l’ennesimo punto di partenza.
Un altro incoraggiante segnale per il futuro è arrivato dal Challenger di Ortisei. Il segnale si chiama Stefano Napolitano, ha 21 anni e viene da Biella. Stefano il torneo l’ha vinto, senza mai perdere un set. Senza mai perdere un turno di battuta. Il suo 2016 non è stato altro che una crescita continua e costante, frutto anche di una meticolosa programmazione. E le soddisfazioni non hanno tardato ad arrivare. Dopo tre futures in Gran Bretagna ad inizio anno sono arrivate la semifinale al Challenger di Ostrava (partendo dalle qualificazioni), la finale a Todi (dove ha sconfitto Arguello, Rola, Fucsovics e Cecchinato) e il pass per le qualificazioni al suo primo Slam fra i professionisti, lo Us Open. Troppo forte Kravchuk, testa di serie n.2. Ma l’appuntamento è solo rimandato. Stefano, però, non ha solo un ottimo servizio e un dritto fulminante (migliorato notevolmente grazie alla supervisione di coach Cristian Brandi). Si sa adattare. E nel tennis 2.0 sapersi adattare è tutto. Chiedere ad Andreas Seppi. Con un occhio di riguardo al rovescio in backspin e al “serve & volley”, il 2017 di Stefano Napolitano è alle porte. Si parte dalle qualificazioni a Doha, poi il tabellone cadetto degli Open di Australia. Obiettivo top 100.
Altro giovanissimo da tenere d’occhio è il pugliese Andrea Pellegrino, classe 1997. 185 cm per 75 kg di peso, si definisce un “piccolo Nishikori” e si ispira ad Andy Murray. La sua estate 2016 è stata davvero entusiasmante. Due vittorie consecutive ai Futures di Casinalbo e Gubbio e balzo di 115 posizioni in classifica, che ora lo vede numero 482. Tre anni fa vinceva il Torneo Avvenire, legittimandoci così a riporre grandi aspettative nei suoi confronti. Rapido e con i fondamentali molto equilibrati è il classico attaccante da fondo pronto, appena ne ha l’opportunità, a tagliare il campo con il rovescio, il suo colpo naturale. Con il suo allenatore Gabrio Castrichella sta lavorando in modo particolare sul servizio e sulla possibilità di scendere a rete più spesso. Ama la terra battuta ma sta migliorando molto anche sulle superfici veloci. Il talento non manca e tempo per crescere, all’orizzonte, ce n’è abbastanza. Ora occorrono ferocia, pazienza e tanta determinazione.
Last but not least, Matteo Donati. Infortuni e sfiducia vanno spasso a braccetto. Così, il 2016 di “Dona” non è iniziato nel migliore dei modi. Nella seconda parte dell’anno, però, le cose sono andate meglio: quarti di finale a Milano, Cortina e Fano, prima della semifinale di Manerbio. Tutto lascia ben sperare. E’ ancora lui, Matteo, il ragazzo serio ed educato ammirato al Foro Italico nelle sfide con Giraldo e Berdych. Sempre lui, con il suo tennis lucido, lineare ed ordinato. Rovescio piatto e dritto (troppo) elaborato, ma sempre in pressione. Abile nei cambi di ritmo, nel contrattacco immediato, pronto anche a venire a rete per fare la differenza. Il servizio, frutto anche dei 190 cm di altezza è già un colpo completo, sia piatto che in kick. Sotto l’albero di Natale Matteo Donati spera di trovare continuità e certezze, oltre ovviamente ad un pizzico di fortuna.
Questi sono solo alcuni degli azzurrini più talentuosi. Oltre a loro, però, potremmo citare Gaio, Mager, Eremin e Quinzi, tutti protagonisti di un 2016 decisamente positivo. Servono, ancora una volta, abnegazione e positività. Il futuro è adesso. L’Italia chiamò.
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