Fa caldo ad Oakhurst, un caldo da morire. È mercoledì 26 giugno 2013 e sono in California. Poco meno di due mesi prima è arrivata una sudatissima laurea in giurisprudenza e dopo tre estati consecutive sui libri mi sono (anzi, mi hanno) regalato un viaggio premio negli Stati Uniti. Con me c’è Edoardo, l’amico di una vita, con il quale ho condiviso giorni e notti a studiare tra codici e dispense di ogni tipo. Atterrati a San Francisco dopo scalo a New York, la vacanza è entrata nel vivo con la visita al meraviglioso Parco Nazionale di Yosemite.
Sveglia all’alba, colazione, doccia e valigia. Ci attendono circa 650 km nel fuoco del Nevada, con Las Vegas nel mirino. E il tennis? Cosa c’entra in tutto questo? Centra, perché non essendo ancora il mio lavoro è già da tempo una delle più grandi passioni della mia vita e l’idea di perdermi Wimbledon per la prima volta dopo dieci anni non mi fa stare così sereno. Esistono gli smartphone, direte voi, ma tra il livescore e la combo divano – tv ce ne passa. Siamo in macchina, nella tarda mattinata, e a Londra sono già le 18:00. “Edo, c’è Roger. Fermiamoci in un bar, magari la danno”. Risposta: “Ma dai, gioca con Stakhovsky”. Ci fermiamo.
Lo svizzero non sta attraversando una grande stagione ma è ovviamente uno dei favoriti, è il campione in carica. Ha già vinto i Championships in sette occasioni e anche questa volta promette spettacolo. All’esordio si è sbarazzato di Hanescu e ora lo attende l’ucraino Stakhovsky, numero 116 del mondo. Sergiy è stato finalista agli US Open Junior nel 2004 e sull’erba ha già vinto il titolo di ‘s-Hertogenbosch nel 2010. Ma cosa potrà succedere? L’ucraino imposta il match nell’unico modo possibile, non può reggere da fondo e allora non fa altro che venire a rete (lo farà per 96 volte in totale). Sempre e comunque. Federer vince il primo set al tie-break e sempre al tie-break cede il secondo. Non c’è ritmo, non sa cosa fare. Per fortuna quel bar la partita la trasmette e dopo aver ordinato un hamburger, alla terza bionda ghiacciata Stakhovsky si aggiudica anche il terzo set. Il pubblico spinge il Re ma strizza l’occhio a colui che sta per sbatterlo fuori. Nel quarto Roger recupera un break di ritardo e siamo di nuovo sul 6-6. Altra birra, altro tie-break. Il Maestro annulla un match point, prima di sparare in corridoio un rovescio: 6-7 7-6 7-5 7-6, nelle tre ore tra le più folli della storia del torneo.
Paghiamo il conto. “Edo, guida tu che Roger ha perso. Speriamo vada meglio a Las Vegas”.
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