Una citazione inflazionata da ‘Vita di Galileo’ di Bertold Brecht recita “Felice il Paese, che non ha bisogno di eroi!”. A voler dar fede a questa frase, la Russia non può essere certo un Paese felice, dal momento che di eroi sembra avere continuamente bisogno. Secoli di storia percorsi su una terra sterminata e vissuti da una popolazione intrisa fino al midollo di fatalismo hanno sempre dato alla Russia, alla sua immagine, alla sua ricerca collettiva di senso nel mondo uomini forti a cui appigliarsi, trascinatori di emozioni e folle, per l’appunto eroi.
Il tennis in Russia non fa eccezione, per quanto singolare e dalla diffusione certamente non capillare, è comunque un’espressione organica del modo russo di masticare la vita e anch’esso ha bisogno di eroi. Scontato dire che un vero e proprio salvatore della patria i russi del tennis lo aspettano dagli anni in cui tutte le loro aspettative erano confortate – e disattese a volte, naturalmente – da quel concentrato di talento e follia che è stato Marat Safin e da lì in poi non sono mancati gli eredi malamente designati, negli ultimi due anni si è pensato moltissimo ad Andrej Rublëv e, un po’ meno, a Karen Khachanov tacendo del martoriato Safiullin, oggi il nome che emoziona i russi alle varie longitudini di quel vasto Paese è quello di Aleksander Bublik.
Bublik è originario di Gatchina, cittadina amministrativamente legata a San Pietroburgo ma molto più vicina alla grande Novgorod, centro fondamentale della Russia medievale da cui partirono le mosse del grande condottiero Aleksander Nevskij. Tennisticamente parlando, è un classe ’97, coetaneo di Rublëv e di un anno più giovane di Khachanov, la stampa russa che si è interessata a lui si è “scontrata” contro un carattere piuttosto riservato, poche dichiarazioni su giocatori modello, superfici preferite, passioni extra-tennistiche. Il giovane Bublik per ora fa parlare solo il suo tennis. Ed è un linguaggio assolutamente valido e interessante quello che la nuova promessa russa mette in campo, fatto di potenza e regolarità oltre che di una certa confidenza con le superfici più veloci come da tradizione dei Paesi più freddi dove gli impianti indoor abbondano, non fosse altro che per ragioni di ordine climatico. Colpi precisi ed esplosivi uniti a una certa pacatezza sembrano essere armi ottime nelle mani di un ragazzo che già dall’anno prossimo vedremo su palcoscenici importanti. Alla fine o quasi di una stagione nella quale partiva dalla posizione 963 del ranking Bublik si è letteralmente arrampicato fino alla 210 che gli varrà, al netto degli imprevisti del caso, un posto nel tabellone cadetto di Melbourne a gennaio.
L’entusiasmo intorno al giovane Bublik è montato in particolare la scorsa settimana con il battesimo nell’ATP 250 di Mosca che aveva già consegnato lo scettro a Rublëv due anni fa e quest’anno, con la stessa potenza simbolica, glielo ha sottratto facendo incontrare il biondo moscovita talentuoso quanto incostante contro il pacato simil-pietroburghese Bublik nel primo turno di qualificazioni. Bublik non solo si è aggiudicato il match contro il coetaneo dopo due set abbastanza lottati ma ha superato anche un giocatore esperto come Gerasimov per finire ad aggiudicarsi il tabellone principale dove ha messo a sedere in fila Konstantin Kravchuk e Roberto Bautista Agut, giocatore mai avvezzo a perdere match “semplici” anche se reduce dalle fatiche fisiche e psicologiche della finale di Shanghai di pochi giorni prima, prima di arrendersi solo a Pablo Carreno Busta in evidente settimana di ispirazione dal momento che poi sul centrale di Mosca è arrivato ad aggiudicarsi il torneo.
Insomma Bublik ha compiuto la sua piccola impresa casalinga, impresa in parte fuori misura rispetto ai suoi attuali livelli, mai oltre i quarti di finale a livello Challenger e una stagione costruita prevalentemente nel circuito Futures, ma che regala anche segnali positivi sull’adattabilità di un ragazzo con il suo gioco alle pressioni del tennis maggiore, cosa che ancora incatena – non da sola, naturalmente – a un ruolo di ingrato comprimario lo zarevic decaduto Andrej Rublëv.
Quello che ora aspetta Bublik è il passaggio più delicato, quello in cui molti hanno fallito prima di lui, la conferma, la stabilità a certi livelli fatta di punti messi in cascina in tornei dove non c’è entusiasmo del pubblico di casa a spingere la pallina oltre la rete ma solo la tenacia nel giocare anche i punti più scialbi. A onor del vero, da buon combattente nei Futures, Bublik non sembra dover temere di questo tipo di problema, di certo toccherà vedere come tutto si adatterà a un livello di gioco un po’ più alto e su superfici non sempre amiche. Lo vedremo e lo aspetteremo di certo, dalla posizione privilegiata di chi di eroi non ha poi così bisogno e che può limitarsi a osservare e aspettare.
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