di Paolo Angella
Alberto Brizzi nel 2010 è arrivato ad essere molto vicino al tennis che conta con il suo numero 230 nel ranking ATP raggiunto a febbraio di quell’anno, ha giocato quattro volte nelle qualificazioni delle prove del Grande Slam (saltando solo Wimbledon) e quando forse sembrava veramente a un passo da poter tentare la scalata verso i primi cento del mondo è arrivato un gravissimo infortunio al ginocchio che lo ha tenuto fermo praticamente un anno. Molti avrebbero mollato, considerando anche i trenta anni compiuti, ma Alberto ha sempre dimostrato di avere tanta volontà e tanto carattere e di amare tantissimo questo sport e allora ha saputo aspettare con pazienza i tempi di recupero, poi riprendere i duri allenamenti e ricominciare da zero, senza classifica, a lottare per pochi punticini ATP magari con ragazzini che hanno quindici anni meno di lui.
Il sacrificio e la forza di volontà, per fortuna, qualche volta pagano e restituiscono quello che si sono presi in termini di costi e fatica e Alberto, la scorsa, settimana, vincendo il torneo open di Vicenza, si è aggiudicato la possibilità di andare al Foro Italico di Roma per giocarsi le prequali degli Internazionali BNL d’Italia; se volete scoprire le migliori quote sugli Internazionali, ottenete il vostro codice bonus e scommettete su Unibet. Brizzi era vicinissimo alla sconfitta in semifinale contro Marco Bortolotti che conduceva 5-1 nel terzo set, ma la voglia di arrivare finalmente al Foro Italico lo ha aiutato a ribaltare quella partita e poi a vincere la finale contro Nicola Ghedin, portandolo, per la prima volta in carriera, a giocare a Roma.
Sei al rientro dopo il lunghissimo infortunio. Ti sei ripreso completamente? Dal punto di vista fisico non hai più problemi e riesci bene a tenere il ritmo delle partite?
“Sono stato fermo più di un anno dopo l’intervento al ginocchio sinistro. Ho ripreso ad allenarmi alla fine dello scorso anno. Ho cercato di riprendere l’attività in modo graduale, facendo qualche torneo Open vicino casa, all’inizio è stata molto dura e ovviamente il ginocchio non lo sentivo a posto e creava ancora fastidio nei movimenti anche se mi avevano spiegato che era assolutamente normale. Piano piano sta andando sempre meglio, ora mi sento bene. Ogni tanto sento ancora qualcosa di strano nel ginocchio, ma temo che sia un fastidio cronico a cui mi dovrò abituare e mi resterà sempre fino a quando deciderò di giocare a tennis, comunque posso correre normalmente, fare tutti i movimenti che voglio, devo solo prendere il ritmo delle partite.”
Complimenti per il carattere e per la grande forza di volontà, non tutti ci avrebbero provato a recuperare come hai fatto tu. Si vede che ami il tennis.
“Ho una grande passione per questo sport, è senza dubbio la mia vita e non mi vedevo proprio a smettere così all’improvviso. Mi rendo conto di non essere più un ragazzino, ma ho ancora tanta voglia di giocare e mi diverto ancora tanto dentro i campi da tennis che ho veramente voluto tornare a tutti i costi. Non so se ritornerò competitivo o meno, ma finché avrò questo entusiasmo sarò sempre pronto a giocare.”
All’Open BNL di Vicenza, sei stato molto competitivo, tanto che lo hai vinto e ti sei aggiudicato la possibilità di andare a Roma a fare le prequali.
“Sono stato molto contento di quel torneo, al di là del risultato, mi ha dato molta fiducia per il gioco che ho saputo esprimere. Avevo fatto due Futures in Tunisia a Marzo, anche per provare a riprendere il contatto con l’ambiente internazionale, ma non erano andati molto bene né come risultati, ma nemmeno come gioco che era stato al di sotto delle mie aspettative. Quindi sono arrivato all’Open di Vicenza senza molte speranze e invece ho fatto un buon torneo, soprattutto in crescendo come livello di gioco. Ho giocato male le prime partite, le ho vinte ma lottando e facendo fare molti più games ai miei avversari del dovuto, poi la svolta è stata nelle semifinali con Marco Bortolotti, ho vinto il primo set giocando bene per 6-3, poi sono calato parecchio, ho perso il secondo e sono andato sotto per 5-1 nel terzo. A quel punto è uscita la mia grinta, la mia esperienza e ho giocato benissimo i punti importanti e sono andato a vincere per 7-5. Quella vittoria mi ha dato molta fiducia e nella finale del giorno dopo con Nicola Ghedin ho giocato davvero il mio miglior tennis da anni a questa parte e ho dominato vincendo per 6-0 6-1.”
Finalmente il Foro Italico…
“E’ incredibile come non sia mai riuscito a giocare il torneo di Roma, ho fatto tre dei quattro tornei del Grande Slam, ma non ero mai riuscito a qualificarmi per l’Open d’Italia e non ho mai nemmeno avuto wild card. Il Foro Italico l’ho visto solo due volte, in un caso per fare atletica e nell’altro da accompagnatore di un amico tennista qualificato per le prequali. Finalmente ci sono riuscito ad arrivare. E’ davvero una grande soddisfazione per un italiano giocare nel Foro italico. Sono perfettamente cosciente che il torneo vero sia quello che si ottiene vincendo le prequali e arrivando nel tabellone di qualificazione e che sarà durissima arrivarci, ma intanto sarò lì e ci potrò provare, anche questo sarà un momento importante della mia carriera.”
Ripercorriamo la tua carriera, se dovessi scegliere un momento particolare, un ricordo più bello degli altri, cosa sceglieresti?
“Le prove del Grande Slam sono chiaramente un ricordo indelebile, un momento importante della carriera, ma se devo essere sincero non ho mai giocato molto bene negli Slam e mi ricordo più che altro l’amarezza per sconfitte in partite che potevo vincere. Invece il ricordo più bello della mia carriera è ancora una sconfitta, ma questa volta giocando davvero benissimo, come forse non ho mai fatto in altre occasioni. Era il 2009, nel cChallenger di Lugano, in Svizzera. Ho giocato contro Stan Wawrinka, lui era già nei primi 20 del mondo, aveva battuto Federer a Montecarlo poche settimane prima, lanciatissimo, insomma partita che doveva finire in meno di un’ora senza games per me e invece ho giocato davvero benissimo, perdendo 6-4 7-6 e nel secondo set ho anche avuto un set point. Una bella esperienza che mi ha dato molta fiducia, infatti, da quella sconfitta in poi, ho giocato bene per molti mesi, salendo parecchio nel ranking fino ad arrivare al mio best al numero 230 nel febbraio successivo.”
Tu hai avuto una brillantissima carriera Junior, dove sei arrivato ad essere numero 19 del mondo, a posteriori consideri positivo aver giocato tanti tornei under 18, oppure forse sarebbe stato meglio passare prima ai tornei pro?
“Come esperienza umana è stato un periodo straordinario. Da ragazzo ho potuto visitare tantissime città, conoscere tanta gente, facendo i tornei del grande Slam nella seconda settimana, vivi a contatto con i grandi professionisti, li vedi allenarsi, anzi ti puoi allenare accanto a loro. Sono momenti che, per chi ama il tennis come me, lasciano ricordi indelebili nella mente. Dal punto di vista tecnico invece credo che qualcosina possa aver perso continuando a fare partite under 18, magari vincendole pure, invece che iniziare a competere con chi era più grande e soprattutto più forte di me. Forse sarebbe corretto fare una via di mezzo. Una buona carriera junior credo sia importante e indispensabile per la crescita dei ragazzi, ma appena il livello cresce, anche se si è ancora giovani, credo che sia opportuno iniziare a fare future e confrontarsi con gente con maggior esperienza della tua.”
C’è qualcuno tra i nostri ragazzi giovani che ti piace particolarmente e pensi possa diventare un top player?
“Sinceramente non conosco bene i nostri giovani e giovanissimi, soprattutto i ragazzini non li ho mai visti giocare. Mi è sembrato che Pellegrino avesse parecchio talento, ma non sono in grado di dare giudizi perché l’ho visto poche volte. Tra quelli un pochino più grandi sicuramente giocano molto bene Donati e Napolitano. Soprattutto Matteo Donati mi sembra che abbia le caratteristiche per fare bene, sia come gioco, che come atteggiamento in campo. E’ un ragazzo molto serio, mi pare che si impegni tantissimo e anche tecnicamente è ben dotato, quindi credo che prima o poi possa fare grandi risultati.”
Tra gli italiani capita spesso che a ottimi risultati a livello giovanile, non seguano altrettanti successi tra i professionisti, come mai secondo te?
“Non è facile dirlo, come detto nelle domande precedenti, il mondo junior è qualcosa a sé stante, passando nel professionismo sei catapultato in tutto un altro mondo a livello tennistico e questa è stata una barriera insormontabile per molti. Tra gli italiani c’è forse stata spesso la tendenza a esaltarsi troppo dopo le prime vittorie e al tempo stesso deprimersi troppo dopo la prima sconfitta. Non bisogna mai smettere di continuare a lavorare duro e con costanza e prima o poi i risultati, per chi ha talento, arriveranno.”
Come è cambiato il tennis nei tuoi venti anni di carriera?
“Sicuramente è cambiato moltissimo dal punto di vista della preparazione fisica. Se adesso non sei perfettamente integro è meglio non scendere nemmeno in campo. Adesso chi non ha certe doti fisiche è davvero difficile che riesca ad emergere, deve essere davvero molto molto talentuoso. Chi invece parte da notevoli doti fisiche ci sono maggiori possibilità che possa affinare la tecnica. Comunque anche l’aspetto tecnico adesso è curato molto di più che nel decennio precedente. Tutti gli aspetti del gioco vengono vivisezionati dal vari tecnici e nulla è lasciato al caso o all’improvvisazione. Io mi alleno al Tennis Club Bonacossa di Milano e sono molto bravi in entrambi gli aspetti, da qualche tempo a questa parte hanno una collaborazione con Riccardo Piatti che viene a insegnare la tecnica e vedo che cura davvero tanti aspetti che molti anni fa sarebbero stati tralasciati.”
Oggi comunque è più difficile riuscire ad emergere rispetto a molti anni fa?
“Certamente. Intanto ci sono molti più giocatori e poi molti più giocatori forti. Dieci anni fa se prendevi un punto ATP eri al numero 1000 al mondo, adesso lo stesso punto ATP ti fa essere al numero 2000. Entrare nei tabelloni dei tornei con un montepremi decente è sempre più difficile. Il rischio di rimanere impantanato nei bassifondi della classifica è sempre altissimo.”
Chiudiamo l’intervista chiedendoti se c’è qualcuno che vuoi ringraziare per averti aiutato nella tua carriera.
“La risposta è molto facile. Ringrazio i miei genitori. Senza il loro aiuto e il loro supporto sia morale che economico avrei smesso molti anni fa. Poi è chiaro che ho conosciuto tanti allenatori, tanti preparatori e tanti medici che mi hanno aiutato moltissimo, ma senza la forza che mi hanno dato i miei genitori non sarei qua a parlare di tennis giocato a oltre venti anni dai primi tornei che ho fatto.”
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