È il 3 aprile del 2005 e siamo al Crandon Park Tennis Center di Key Biscayne, in Florida. Il Miami Masters (noto anche come NASDAQ-100 Open per motivi di sponsorizzazione) è ormai ai titoli di coda della sua 21esima edizione. Sono partiti in 64, con l’obiettivo di spodestare di Andy Roddick e porre fine ad un’egemonia americana che negli ultimi 15 anni ha visto trionfare tennisti a stelle e strisce in ben 10 occasioni. C’è Andre Agassi, l’incontrastato padrone di casa, insieme a Safin, Moyà e Nalbadian. Ci sono Starace, Volandri, Seppi e Sanguinetti, con Davide unico superstite azzurro al secondo turno.
Poi ci sono loro. Roger Federer, numero 1 del mondo, che poche settimane prima ha trionfato ad Indian Wells per la seconda volta consecutiva. Rafael Nadal, numero 31 al debutto nell’ultimo atto di un “1000”, che nella stagione in corso ha già vinto i titoli di Costa Do Sauipe e di Acapulco.
Manca poco alla finale, che ancora si gioca al meglio dei 5 set, e di lì a qualche ora niente sarebbe più stato come prima. Il tennis, nella sua essenza più pura, chiamato a rivisitare per l’ennesima volta il concetto di rivalità. Chiamato a metabolizzare che, come diceva Sigmund Freud, “Una rivalità non è necessariamente una ostilità”.
I due si erano già affrontati l’anno precedente proprio a Miami. Era il secondo turno e vinse agevolmente lo spagnolo. Oggi è un’altra storia. Oggi, in palio, c’è una coppa.
Gli highlights li avrete visti mille volte e ve li ripropongo qui sotto, il punto è un altro. È rendersi conto di come 3 ore e 43 minuti di una bellezza brutale abbiano aperto all’improvviso il varco verso una nuova dimensione: 2-6 6-7 7-6 6-3 6-1 il punteggio in favore di Roger Federer, ancora inconsapevole che nessun altro avrebbe fatto soffrire così tanto la sua miglior versione come quel diavolo spagnolo in canottiera e pinocchietti. Lo svizzero aveva vinto le sue ultime 21 partite, subendo appena una sconfitta in 49 incontri. Scaglierà la racchetta a terra, per vincere sarà costretto a spingersi oltre il limite. Rafa perderà la sua seconda partita in vantaggio di due set soltanto dieci anni più tardi, agli US Open, con Fabio Fognini.
Quel giorno ogni appassionato ne avrebbe voluto ancora, e ancora.
Doveva soltanto aspettare.
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