(Mati in Panca)
di Piero Blanchini (alias Archipedro)
Vi riporto innanzitutto il pensiero di Franco (vd. “La clinic di Max Puci: il resoconto”, 28/02, commento 40):
“Un confronto di valore nell’ambito dell’allenamento, anche a livello “amatoriale”, credo sia condividere il lavoro di campo, purché chiaramente non casuale ma finalizzato ad obiettivi consapevolmente determinati, con le proprie esperienze ed i propri “trick”. La mappa, non è il territorio, così come la teoria non è l’allenamento. Avanti con l’ “…utilizzo delle gambe nelle proiezioni di potenza balistica..”dunque! Ma togliamole dalle pagine dei libri e sporchiamole di terra! Discutiamo serenamente di cose vissute.”
Prima di Franco un altro grande pensatore, Nietzsche (che consiglierei proprio agli allenatori), aveva teorizzato qualcosa di simile. Cito… “Alla morale della rinuncia Nietzsche oppone una morale basata sulla affermazione dell’uomo, del “ritorno alla terra”, della trasmutazione dei valori: (…) l’uomo nuovo che si distacca dalla morale del gregge e accetta la vita con passione, affermando la sua volontà di potenza.” In sintesi (un mio commento): Nietzsche suggeriva di abbandonare il crocefisso (illusioni) e riabbracciare Dionisio (accettare il divenire), con una centralità del superuomo DECISIONISTA. Hitler poi deve aver avuto il problema di Bogar67, nel senso che forse non ha letto tutti i post di Friedrich, così da stracapirlo un tantino… ma l’idea della terra, dell’impegno sul campo, fu titanica…
Voglio simpaticamente rassicurare Franco: in pochi come i miei bambini ed il sottoscritto si stanno sporcando per lo sport, prendendo pioggia e freddo, sperimentando a piedi scalzi le teorie coraggiose di molti grandi teorici: le cose vanno lette, digerite, ma poi super-applicate. Ed a mio parere… applicate al momento giusto. Però le sue osservazioni sono sottili, e fa bene a sottolineare che i tecnici professionisti dello sport sono quotidianamente a contatto con i problemi diretti, pratici, e che bisogna saper essere anche terra-terra.
In termini di concretezza assoluta dovremmo innanzitutto affermare almeno un principio condiviso da tutti: i bambini che iniziano ad allenarsi presto e bene hanno ottime opportunità di diventare grandi agonisti. Possiamo partire così?! In un mondo ideale si dovrebbe inoltre dar tempo ai ragazzi di maturare i propri talenti, investendo la maggior parte delle energie su attività poli-valenti, poli-laterali e poli-sportive… Ok anche su questo?! Ed a quel punto i tredicenni che sono degli atleti e che hanno passione per il tennis potrebbero essere seguiti dai migliori tecnici che di tanto in tanto s’affacciano qui o che fanno parte della regia del blog.
Dunque… il mio problema sarebbe che le presenti sono chiacchiere, perché nella realtà terrestre tutto ciò è impossibile?! Non c’è il tempo, non ci sono le strutture, non c’è neppure il materiale umano: la mappa non è il territorio… che cazzo dici Archi-dilettante-pedro?!
Caro Franco, la mia terza via esiste, e mi scuso se non considero i “parcheggi” delle SAT (poco sport) o i programmi tennistici iperspecializzati ed ipercostosi delle academies (troppo elitari) le uniche due strade. Però bisognerebbe che il tennis s’aprisse ad un modo meno utilitaristico di lavorare. Ed i maestri dovrebbero fare non uno ma anche due passi indietro. Si dovrebbero creare dei percorsi STRUTTURATI di preparazione atletico-sportiva PROPEDEUTICA al tennis, chiedendo ai genitori d’investire qualche anno innanzitutto nella SALUTE dei figli. E si dovrebbe insegnare loro a seguire i ragazzi anche al di fuori del contesto dei circoli… Tutto ciò è possibile, e consente di sfruttare i preziosi campi da tennis al momento giusto, per qualcosa che sia appunto tennis vero. Per quello che viene prima… un muro, una spianata in cemento o un campetto da basket abbandonato ma gratuito vanno benissimo…
Vorrei anche entrare (come richiestomi da Franco) nel merito applicativo delle mie teorie su “biomeccanica, allenamento neuro-muscolare, catene cinetiche, utilizzo delle gambe nelle proiezioni di potenza balistica…” ma solo per far capire che buona parte di ciò che si sa (da tren’anni!!) non viene applicata quasi da nessuno. E che osare, con i bambini piccoli, richiede molta responsabilità, e coraggio, ed impegno praticamente gratuito… Lunga vita ad Archi-dilettante-Pedro, ed anche a Franco! ☺
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