Intervista realizzata da Piergiorgio Bruni per il quotidiano “Il Romanista”
Ieri era un giocatore tosto, che non mollava mai. E che nel 1988 arrivò a battere Mats Wilander, nell’anno in cui lo sve- dese sarebbe diventato numero 1 al mondo, a Monte Carlo. Oggi è il coach italiano più apprezzato nel circuito. E’ Claudio Pistolesi, romano e (molto romanista). La sua attuale creatura si chiama Robin Soderling, numero quattro del mondo. Il suo capolavoro, invece, Simone Bolelli. “Preso” quando era una semplice promessa e allenato fino a farlo raggiungere la trentaseiesima posizione nel ranking mondiale.
Iniziamo dal tennis o dalla Roma?
Forse è meglio partire dal calcio.
Romanista, perché?
Sono cresciuto nel periodo di Falcao. Vede, quando nomino “il divino” mi devo alzare in piedi (ride, ndr). Gran parte della mia famiglia è romanista, ho amici della mia stessa fede calcistica ed è stato tutto naturale. Sono nato a Roma e, per forza di cose, sono romanista.
Che cosa ne pensa delle dimissioni di Ranieri?
L’ho conosciuto e credo sia una persona eccezionale. Mi piaceva per l’esperienza internazionale che aveva maturato nella sua carriera. Purtroppo è finita e come collega mi spiace molto.
Ipotizziamo che sia il presidente della Roma per un giorno: quali sono le tre cose che farebbe subito?
Al momento, sarebbe già una notizia che ci sia un presidente. Scherzi a parte, sistemerei i conti, farei costruire uno stadio e mi dedicherei ad programma ben definito: staff tecnico, medico e organizzativo.
La Roma non si discute, si ama o proprio perché si ama si deve criticare?
Senza dubbio la seconda. E’ giusto criticare e far si che si possano trovare i punti da migliorare. Non amo essere estremo, credo che ogni valutazione debba essere equilibrata: ci sono dei confini da non superare mai.
Ma è vero che Soderling è tifoso giallorosso?
Grazie a me, adesso sì. Gli ho spiegato il significato dell’essere romanista, la bellezza dei nostri colori e le emozioni che trasmette la Magica. Pensi che conosce pure “Roma, Roma, Roma” di Venditti: gliel’ho fatto ascoltare su youtube.
E’ vero pure che lei è l’ambasciatore della romanità giallorossa nel circuito Atp?
Sì, ma non sono il solo. Siamo tanti, un bel gruppetto affiatato. Le racconto un aneddoto: qualche anno fa, mentre stavo insieme al mio amico Papaleo, il presidente del Roma club Florida e stavamo vedendo una partita, abbiamo rischiato quasi l’arresto. A Miami, col fuso orario, erano le nove del mattino e stavamo vedendo un match della Roma: quando segnava Montella correvamo in giardino a fare l’aeroplanino. E’ stato complicato farlo capire alla signora dell’abitazione adiacente che ha chiamato la polizia.
Finale del Roland Garros con Soderling e finale di Champions con la Roma. Lei dove va?
Col lavoro ci campo. Sto al centrale di Parigi e poi, la sera, corro a vedere la partita.
Che tipo di futuro attende la Roma?
Tutto dipende da questi americani, non ho informazioni particolari. Mi auguro sia una società solida e con un progetto valido. Abbiamo un marchio facilmente esportabile, spero partano da quello.
Perché è diventato un professionista nel tennis?
I miei genitori sono andati a vivere in posto dove c’erano ventidue campi da tennis. Erano gli Anni 70 ed era uno sport in grandissima ascesa.
Come fa un ex giocatore che non è mai stato in alto in classifica a diventare uno fra i migliori coach al mondo?
E’ uno svantaggio essere stato tra i primi, perché vivi di talento e non di lavoro quotidiano. I risultati di McEnroe allenatore lo dimostrano. Da sempre mi affido alla cultura del lavoro per ottenere i risultati.
Ci spieghi il vero motivo per cui si è separato da Bolelli.
La collaborazione fra un coach e un giocatore deve essere basata sulla fiducia reciproca, quando viene a mancare è meglio separarsi. E’ finito un ciclo ma i nostri rapporti sono ottimi, gli auguro di tornare fra i primi cinquanta al mondo.
E’ vero che lei non è ben visto dalla Federtennis?
Non è importante e non mi interessa. Non ho rapporti, sono un coach internazionale e la Federazione italiana non è il mio ambito di lavoro.
L’attuale gestione, tuttavia, ha dato grande slancio al movimento. Non è d’accordo?
Sinceramente non mi pare. Anzi, mi pare che la situazione del tennis sia molto differente da quella di dieci anni fa.
Dopo la Schiavone e la Pennetta c’è il vuoto. Fra gli uomini, invece, è anche peggio. Come mai?
Credo che i ragazzi non crescano nel modo e nell’ambiente giusto. La storia di Bolelli è emblematica: per due anni era un astro nascente del panorama mondiale e adesso si è bloccato.
E’ più semplice che la Roma diventi campione d’Europa o che un italiano conquisti il primo posto della classifica Atp?
Non ho dubbi: che la Roma vinca la Champions League.