di Roberto Commentucci
“Il coraggio, se uno non ce l’ha, non se lo può dare”.
La celebre frase che Alessandro Manzoni fa pronunciare al povero Don Abbondio mi risuonava, insistente, nelle orecchie. Sullo schermo, il nostro più volenteroso e fragile giocatore, Andreas Seppi da Caldaro, dopo aver dominato in lungo e in largo il suo avversario, il tedesco Nicolas Kiefer, è 63 52 15-30, a due punti dalla sua prima semifinale in un Masters Series. Ed ecco, un pensiero repentino, come una folgore, gli attraversa la mente: “mamma mia, ancora due palle e prendo 225 punti Atp… Sarei testa di serie a Parigi, e matematicamente qualificato per le Olimpiadi….” E’ solo un lampo, ma basta. Il braccio rallenta, il ritmo cala, il nostro smette di spingere, e aspetta l’errore dell’avversario. In fondo ne ha fatti così tanti, specie con il diritto. Andreas inizia ad offrire palle invitanti, più lente, più corte. L’altro, che pareva rassegnato, si scuote. Vuoi vedere che questo qui ha paura? Nulla dà coraggio più dell’accorgersi della paura altrui. Kiefer si trasforma. Fin lì abulico, spento, inizia a trovare le righe, i suoi colpi sono precisi, le volèe inesorabili. Il tedesco mette insieme 5 giochi di fila. Andreas sembra finalmente capire che deve riprendere a spingere, ma ormai la frittata è fatta. Sente la palla meno che all’inizio, forza i colpi ma commette troppi errori. E va indietro di un break pure nel set decisivo, la seconda palla di servizio sempre più timorosa, il tedesco sempre più arrembante. Ora ogni turno di servizio è una via crucis, le palle break fioccano come le pallottole a Verdun. E qui il pavido Seppi trova il coraggio della disperazione. La fine ormai ad un passo, con la morte in faccia, trova quel sublime coraggio che porta le guarnigioni assediate ad uscire dal fortino, a tentare la sortita suicida, a sorprendere l’esercito nemico. Il braccio ricomincia ad andare, i colpi tornano a far male, il tedesco è nuovamente respinto fuori dal campo. Andreas annulla, una dopo l’altra, 7 palle break, e poi va a rispondere per rimanere nel match sul4 a 5. E qui c’è un altro colpo di scena. Come colpito da un contrappasso dantesco, il miracolato Kiefer, mentre si accinge a servire per chiudere la partita, ripercorre in un attimo gli innumerevoli match già vinti che ha lasciato scivolare via nella sua carriera. Pensa che sta per centrare la sua prima semifinale nel torneo di casa, dopo undici vane partecipazioni. E qualcosa si inceppa. Due buone risposte dell’azzurro e due errori macroscopici di un angosciatissimo Kiefer, due pallate fuori di metri, riportano il match in parità. 3 ore e 5 minuti di gioco, terzo set, 5 pari, servizio Seppi.
Nulla dà coraggio più dell’accorgersi della paura altrui.
Andreas torna per l’ultima volta sotto: 30-40. Di nuovo la morte in faccia, il plotone d’esecuzione, ed ecco l’ultima ribellione. Ace. Parità. Servizio vincente. Vantaggio Seppi. Servizio vincente. 65 Seppi.
Edo ora l’altoatesino non ha più paura. E’ uscito fuori dalla buca, le pallottole ormai lo sfiorano, ma non possono più colpirlo. Nel game successivo manca un primo match point, ma non trema più: gioca in serie un passante in corsa strepitoso e una risposta vincente con il rovescio bimane. E’ fatta.
E finalmente, l’algido, chiuso, riservato, timido Seppi tira fuori un po’ di sé stesso, ci fa vedere qualcosa di segreto e di inedito, dal profondo del suo essere: dopo aver sfidato per oltre tre ore 8000 persone, si inginocchia sul campo, occupa il terreno conquistato, si concede il trionfo.
Questa partita è stato un rito di iniziazione. Come gli adolescenti del mondo tribale, che per entrare a far parte della cerchia dei guerrieri dovevano passare una notte nella savana, da soli, Andy in questo pomeriggio al Rothembaum ha capito che cos’è il coraggio, e lo ha dimostrato a tutta la tribù.
Andreas Seppi è cresciuto. In bocca al lupo, guerriero, inizia una nuova storia.
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