L’articolo di Roberto Commentucci, pubblicato qualche giorno fa su Spazio Tennis e presente sull’ultimo numero di Tennis Italiano, ha scatenato tantissime discussioni tra addetti ai lavori, appassionati e semplici curiosi. Abbiamo ricevuto un’email, con preghiera di diffusione, del maestro Claudio Falaschi (già allenatore di Francesca Bentivoglio e fino a pochi mesi fa di Gioia Barbieri), che prendendo spunto dall’articolo di Roberto, ha sviluppato un suo pensiero per rimediare alle difficoltà italiane sulla “Querelle Maestri”.
di Claudio Falaschi
Ciao Alessandro, chiedo scusa se ti disturbo, ma leggendo l’articolo da te riportato di Roberto Commentucci, vorrei proporvi un mio pensiero che, dopo tanti anni di lavoro come maestro, come tecnico, allenatore e coach, credo di potermi permettere. L’articolo mi è sembrato di averlo già letto 10 o 20 o anche 30 anni fa… la solita storia, nulla è cambiato, è una continua ricerca di scoprire l’acqua calda… sembrerebbe proprio di no. Ho focalizzato 2 punti secondo me importanti e di discussione, il resto sinceramente non riesco a seguirlo ed è un continuo rimpastare cose che bene o male sono sempre le stesse. Primo punto: sono pienamente d’accordo con Piatti, ci siamo rivisti un anno fa e abbiamo parlato proprio dell’importanza del lavoro fatto negli anni fino ai 16 o 17, o non fatto… I fondamentali non vengono ben curati, pochi ci lavorano veramente e quindi dopo diventa difficile andare avanti e parlare di tattica, di gestione della partita, potenziamento fisico. Tanta perdita di tempo, che ritarda e limita l’arrivo al professionismo e allo sviluppo tecnico. Seconda cosa: le CAUSE. I maestri di tennis di base, non sempre adeguati e qui c’è parecchio da dire. Come possono questi maestri fare un buon lavoro quando sono presi da taltre cose?
Come far quadrare i conti, non perdere bambini, fare risultati altrimenti è gia pronto un altro collega a prenderti il posto, senza tutela di alcun tipo. E’ come lavorare col fucile puntato! In molti casi i maestri non sanno nemmeno se lavorare coi bimbi piccoli è davvero il loro mestiere… ma con questo grande caos come si puo pretendere un lavoro adeguato? Conta il risultato per i genitori senza cultura sportiva e questi maestri pur di non perdere un piccolo atleta lo fanno diventare grande subito.. e a loro volta diventano tecnici e… mamma che casino!
E qui si vive in questo casino! Mi chiedo: ma non sarebbe ora che noi maestri, tecnici e chi piu ne ha piu ne metta, ci sedessimo a tavolino TUTTI e ripeto TUTTI e cominciassimo a mettere le basi per una grande e forte ASSOCIAZIONE? che intanto possa far riconoscere questo lavoro cosidetto anomalo. Appoggiamoci a chi ci vuole aiutare, cerchiamoli, la fit non ci tutela, l’albo dei maestri NON CONTA NULLA, solo alla fit per fare cassa. L’ENPALS non ti paga la pensione, quando ci andrai, perché l’albo non è riconosciuto e tante altre tutele dobbiamo farcele da soli. Deve essere una associazione, forte e autonoma, che produca tennis e cultura, che stabilisca varie categorie di maestri esperti nei vari settori d’insegnamento, con una scuola maestri fatta dalla stessa associazione. I tecnici vanno formati dopo anni di gavetta, tra quelli che veramente anno l’attitudine a diventarlo. I centri tecnici, i centri estivi, tutto il tennis italiano, in campo, deve essere fatto dall’associazione. La fit ha dei programmi? Bene, li concorda con l’associazione e ci pensa poi la stessa a metterli in pratica; con una suddivisione migliore del lavoro si riuscira presto a capire in quale settore c’è qualcosa che non funziona. Basta mi fermo, chiedo scusa per la scrittura ma l’ho fatto con un po’ troppo impeto. Mi piacerebbe capire cosa ne pensano i lettori del sito e soprattutto gli addetti ai lavori. Grazie, a presto.
Claudio Falaschi