“In questo momento non esiste nel mondo un posto che io possa definire casa. Probabilmente non riesco ancora a rendermi conto di tutto ciò. Non so davvero come andranno le cose. È incredibile. Un Paese sta uccidendo persone di un altro Paese, sta distruggendo tutto. È terribile”. Gli occhi sono lucidi, lo sguardo è perso nel vuoto. Vladyslav Orlov (numero 499 ATP) pronuncia queste parole una volta terminato il suo match di qualificazioni del Gran Canaria Challenger. Per onor di cronaca, l’ucraino classe ’95 ha battuto lo spagnolo Ivan Marrero Curbelo ed è poi stato sconfitto da un altro iberico, Pol Toledo Bague, ad un passo dal tabellone principale del torneo organizzato da MEF Tennis Events. Ma chiaramente il focus, in questo momento, è su altro.
“Erano circa le 4 del mattino – racconta il tennista ripercorrendo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina – quando da Kharkiv mia mamma mi ha scritto che sentiva il suono dell’esplosione delle bombe. Tutta la mia famiglia è corsa in macchina spaventata e ha deciso di trasferirsi verso ovest. Hanno viaggiato per oltre quaranta ore consecutive vedendo strade distrutte e ponti caduti. Hanno passato giornate terribili senza cibo e acqua. Ora sono più o meno al sicuro, ma la verità è che gli aerei russi e bielorussi sorvolano tutta l’Ucraina, quindi non esiste nel mio Paese un posto sicuro”.
Nella disgrazia, Vladyslav ha avuto fortuna: “Sono stato fortunato. Ho preparato questo torneo allenandomi ad Elche, in Spagna, quindi non ero in Ucraina quando sono cominciati i bombardamenti. Ho scelto di giocare a Gran Canaria perché la scorsa stagione ho disputato il Tenerife Challenger e mi sono trovato davvero bene alle Canarie. Non è facile. Non riesco a godermi l’esperienza e l’isola, non riesco a divertirmi”.
Ci sono paura, insicurezza e maturità nel volto di un ragazzo brillante anche fuori dal campo: “Ho iniziato a giocare a tennis tardi, quando avevo dieci anni, e fino ai venti questo sport era solo un divertimento per me. Mi allenavo solo due o tre volte a settimana. Dopodiché, terminati i miei sei anni di studi universitari in International Economics, ho deciso che il tennis sarebbe stato il mio futuro, non più un passatempo. È molto complicato conciliare le due attività: studiare richiede molto tempo ed energie, per questo motivo in quegli anni giocavo a tennis soprattutto l’estate”.
La situazione attuale è devastante, il futuro è un punto interrogativo: “La mia città, Kharkiv, compresa probabilmente l’università in cui ho studiato, stanno bruciando. Ogni due ore chiamo la mia famiglia, ogni cinque minuti controllo le news sulla situazione online. Il mio futuro? Ho un allenatore ad Elche, mi allenerò e vivrò lì. È terribile, terribile. Questa guerra deve finire”.
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