di Sergio Pastena
Sono due anni, ormai, che a Toronto si giocano due tornei in uno: quello dei big e quello degli altri. Nel 2009, addirittura, i quarti di finale divennero una specie di Master-bis, con i primi otto del seeding a sfidarsi. Federer, Djokovic e Nadal caddero subito, Murray arrivò fino in fondo. Quest’anno la situazione è cambiata: ai quarti c’era qualche sorpresa ma in semifinale sono arrivati sempre loro, i fab four. Ha vinto ancora Andy Murray, che riesce così a difendere i punti dell’anno scorso rompendo il digiuno di vittorie che durava da novembre del 2009. Ma andiamo con ordine e parliamo prima del “torneo degli altri”.
Si conferma in ottima forma David Nalbandian, che si candida a mina vagante in vista degli Us Open: l’argentino ha sconfitto, in sequenza, Ferrer, Robredo e Soderling, sfoggiando un gioco a tratti devastante. Poi nei quarti è incappato in un Murray versione deluxe e la sua corsa si è fermata lì. Bel torneo anche da parte di Kohlschreiber, che si è issato fino ai quarti di finale dove è riuscito addirittura a strappare un set a Nadal. Positivo anche Chardy, che pone fine a un periodo negativo eliminando in sequenza Baghdatis, Verdasco e Davydenko prima di arrendersi a Djokovic. Settimana non esaltante, invece, per l’unico italiano impegnato nei Masters americani, Fabio Fognini: a Toronto, dopo aver eliminato il fantasma di Stepanek, ha perso con Davydenko. In realtà era partito a razzo, portandosi subito sul 2-0, ma già in occasione del break aveva messo quattro rovesci in rete col russo che però gli restituiva i favori e sembrava addormentato. Fabio si è fatto rimontare e sul 5-5 del primo set si è sciolto consegnando il parziale e poi il match rapidamente. A fine settimana Fognini ha giocato le qualificazioni per Cincinnati e, dopo aver eliminato a sorpresa Golubev, ha ceduto a Benjamin Becker.
Passiamo al torneo dei big: visto che da parecchio non si vedevano in campo (con l’eccezione di Murray al Farmers Classic) proviamo a vedere come stanno i primi quattro del ranking partendo dal vincitore.
Andy Murray questa settimana pareva imbattibile: l’unico passaggio a vuoto lo ha avuto contro Monfils cedendogli un set a zero, ma per il resto è sempre stato in pieno controllo della situazione. Gioco come al solito poco divertente, ma terribilmente efficace: la risposta è finalmente tornata ai livelli migliori e, visto che parliamo di uno dei più forti ribattitori del circuito, per gli avversari c’è poco da stare tranquilli. In finale contro Federer ha rischiato di buttare via un primo set praticamente già vinto, ma ha ripreso in mano le redini del gioco e ha finito col vincere un match comunque combattuto. Poco da fare per Nalbandian e per lo stesso Nadal, che non sono riusciti nell’impresa di contrastare la versione monster dello scozzese, che da tempo non si vedeva sui campi del circuito…
Roger Federer è in progresso, ma il bilancio di Toronto non è tutto rose e fiori. Ha raggiunto la finale riconquistando la seconda posizione in classifica, il suo livello di gioco si è innalzato e anche fisicamente è apparso più reattivo, specie alla risposta. Tuttavia varie volte non è riuscito ad assestare il colpo del k.o. e, soprattutto, ha avuto passaggi a vuoto quasi in tutte le partite. Contro Llodra all’inizio, contro Berdych e Djokovic dopo aver vinto il primo set e contro Murray di nuovo in partenza, quando ha subito un doppio break. Allucinante il colpo che ha fatto girare la partita, sul 5-5 vantaggio Federer: lo svizzero prepara una palla corta con troppo anticipo, se ne accorge e istintivamente finisce per colpire la palla con la potenza di un drop-shot ma senza taglio verso l’alto. Risultato? Una specie di soufflé che a stento raggiunge la rete. A parte i black-out, però, finalmente si è visto un Federer con una certa voglia di lottare: per gli Us Open è un buon viatico.
Rafa Nadal stazionario: non è quello del 2008 ma è in una grande annata, e sembra aver trovato una certa continuità di rendimento. Il cemento, però, non è proprio la sua superficie preferita e così ha dovuto soffrire molto già all’esordio contro Wawrinka e poi contro Kohlschreiber. Quando si è trovato di fronte a Murray ha provato a giocarsela, mettendoci come al solito il suo carattere di ferro, ma per vincere non basta solo quello e lo scozzese, come detto, questa settimana era il più forte. In vista degli Us Open non sembra essere il primo favorito, ma di sicuro ha le sue buone possibilità di completare lo Slam personale e ci proverà.
Novak Djokovic è arrivato in semifinale essenzialmente perché ha trovato un tabellone generoso: Benneteau, Hanescu e Chardy non sono certo ostacoli insormontabili, eppure al primo turno contro il francese ha sofferto un bel po’, trovandosi a rincorrere in entrambi i set. Contro Federer, tutto sommato, Nole ha giocato bene a parte il primo set da dimenticare (40% di punti fatti sulla prima, merito di Federer ma anche dei tanti errori del serbo). Poi, sul più bello, quando la partita sembrava girare dalla sua parte, non ha chiuso ed ha pagato le occasioni mancate con la sconfitta. C’è poco da fare, per ora Djokovic resta quello che da due anni siamo abituati a vedere, quella incompiuta: arriva quasi sempre in fondo, ma non vince quasi mai. Negli ultimi due anni ha portato a casa un Masters 1000 e qualche Atp 500, bilancio decisamente modesto per un tennista con le sue potenzialità.
A Cincinnati rivedremo tutti e quattro in campo, con Djokovic che dalla sua parte di tabellone potrebbe incrociare al terzo turno Nalbandian. Saranno fuochi d’artificio.
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