Anche questa volta nella rubrica “Tennis genitori e figli” vi raccontiamo la storia di una famiglia vissuta a “pane e tennis”, anche se in modo abbastanza diverso da altri casi in cui entrambi i genitori lavorano nel modo del tennis. Ugo Biagianti, è uno stimato avvocato romano di quasi cinquanta anni, esperto di diritto penale, assicurativo e sportivo, quindi apparentemente lontano dal mondo del tennis.
E invece il tennis è assolutamente centrale nella vita di Ugo, da sempre. E’ stato un ottimo giocare, si è guadagnato da vivere con il tennis per alcuni anni, è arrivato ad essere il numero 589 del ranking ATP nel 1988, quando era tra i primi venti italiani e soprattutto ancora oggi gioca nel circuito senior con ottimi risultati. Quando scende in campo tra gli over 40 è quasi sempre l’uomo da battere, almeno in Italia.
Ugo ha sposato una tennista, Daniela Cigna, arrivata in top 600 nel 1993, che poi è diventata una brava allenatrice, tuttora lavora al tennis club Parioli ed è stimata e apprezzata da tutti. Ugo e Daniela sono i genitori di Martina Biagianti, 16 anni, una delle tre ragazze protagoniste della vittoria nella Winter Cup di cui vi abbiamo ampiamente raccontato.
Incontriamo Ugo Biagianti di ritorno dall’aeroporto, dopo aver accompagnato Martina a prendere l’aereo per andare a fare esperienza al 25000 dollari Pro di Santa Margherita di Pula e parliamo della sua storia personale e di quella della sua famiglia vissuta in gran parte ai bordi dei campi da tennis.
Iniziamo dalla tua storia di buon tennista degli anni ottanta e novanta e di ottimo tennista attuale della categoria seniores
(Ride) “Ormai purtroppo dovrò passare alla categoria over 50, il che vuole dire che il tempo passa inesorabilmente, prima o poi dovrò decidermi a lasciare il tennis agonistico perché, come dice il mio preparatore atletico, “lo sport a una certa età fa male”, quindi farò ancora un paio di stagioni e poi spero di potermi riposare un po’ anche se dubito di riuscirci. Comunque ai miei tempi si iniziava almeno 4-5 anni dopo rispetto ai ragazzini di adesso. Io ho iniziato a 12 anni, il primo aereo per andare a giocare lontano da casa l’ho preso a 17 anni, Martina alla stessa età ne avrà presi almeno 100 di aerei. Allora il tennis agonistico era meno esasperato, non c’era la ricerca del risultato tutto e subito. I nostri allenatori ci aiutavano a crescere gradualmente, non importa se a 14 anni le perdevi tutte, l’importante era crescere e imparare, ora si guarda troppo al risultato nell’immediato, soprattutto da giovanissimi. Io credo che il massimo dello sviluppo psicofisico avvenga tra i 25 e i 26 anni. E’ inutile cercare di ottenere il massimo dei risultati a 15 anni e rischiare di perdere il ragazzo perché si sente frustrato se non vince sempre. Ci sono stati tanti esempi di campioni a 15 anni che poi sono andati in crisi e hanno abbandonato il tennis pochi anni dopo”.
Secondo te quindi i nostri ragazzi iniziano a giocare troppo presto?
“Credo di sì e poi c’è sempre la ricerca di saltare delle tappe e diventare grandi troppo velocemente. Ad esempio adesso si saltano completamente i tornei under 16. A 14 anni e un giorno, dopo l’under 14, si passa direttamente agli ITF Junior under 18, trovandosi magari contro ragazze tre anni più grande, molto più formate fisicamente e con più esperienza. Non ho mai capito perché ci sia questa tendenza a non far disputare incontri del circuito under 16”.
C’è qualche episodio o qualche partita che ti è rimasta impressa in modo indelebile della tua carriera agonistica?
“Sono tanti, se dovessi citarne uno ti direi quando ho giocato contro un giovane Goran Ivanisevic in Jugoslavia. Ho immediatamente capito che quel ragazzone aveva qualcosa in più degli altri”.
Parliamo di Martina. Io l’ho sentita dopo la vittoria nella Winter Cup con la nazionale e mi sembrava la ragazza più felice del mondo anche se ha giocato poco. Ha dimostrato un grande attaccamento alla maglia azzurra.
“Sì lei ha sempre sognato di vestire la maglia della nazionale e di rappresentare l’Italia in una competizione internazionale, per quello è stata una sorta di realizzazione di un sogno già la convocazione. Poi è chiaro che forse sperava di giocare un po’ di più, ma credo che anche questi momenti, pur senza giocare, servano molto per maturare sia come persona che come tennista”.
Cosa ti piace di più nel suo gioco e dove invece deve migliorare?
“A vederla giocare sembra assolutamente completa, ha una palla che esce sempre velocissima dal movimento, però c’è tantissimo da migliorare in ogni fondamentale, come peraltro in ogni ragazza della sua età. Il servizio, il gioco al volo, lo spostamento laterale sono tutti migliorabili. L’entusiasmo è molto da parte sua, ma anche dal punto di vista mentale deve imparare a giocare meglio i punti importanti. Io credo che abbia margini di miglioramento molto ampi, poi da rendersene conto a metterli in pratica ne passa tantissimo”.
Avete mai considerato la possibilità di allenare Martina direttamente tu o tua moglie?
“Qualche volta l’abbiamo considerato, ma poi abbiamo visto che non funzionerebbe. In generale credo che con i figli maschi ci siano maggiori possibilità di successo. Con le femmine è più difficile per un discorso caratteriale credo. Noi alleniamo Martina in estate, quei 15-20 giorni in cui andiamo in vacanza e allora, tra una nuotata e l’altra, per non staccare completamente alleniamo un po’ Martina, ma ti assicuro che è una fatica immensa sia per noi, che per lei. Martina si irrigidisce molto quando noi le diciamo qualcosa di tecnico, mentre dal suo maestro recepisce molto di più. Con noi evidentemente ha un grado di confidenza che non ci permette di avere abbastanza autorità da imporle qualcosa sul campo. Infatti abbiamo escogitato l’espediente di far venire con noi in vacanza una sua amica tennista e allenandole tutte assieme, Martina segue di più i nostri consigli. Lo scorso anno è venuta con noi Beatrice Lombardo e nei momenti in cui ci siamo allenati, abbiamo reso molto bene. Poi, ovviamente, la regola non vale in generale, ma dipende dal carattere delle singole ragazze, ad esempio Tatiana e Jessica Pieri so che non rinuncerebbero mai a farsi allenare dal padre Ivano”.
So che la Federazione vorrebbe avere Martina stabilmente a Tirrenia per poterla seguire in modo continuativo, avete preso in considerazione questa possibilità oppure no?
“Sì, già lo scorso aprile c’è stata la proposta formale da parte della Federazione per il trasferimento a Tirrenia o in un altro centro federale, credo che la proposta verrà ripresentata a breve. Ovviamente ne siamo lusingati e l’ultima parola spetterà sempre a Martina, ma per ora credo che la soluzione migliore per tutti sia andare avanti come stiamo facendo. Martina si allena qua al TC Parioli e si trova benissimo con Bobo Meneschincheri e Vittorio Magnelli, che sono allenatori di altissimo livello, ci sentiamo tutti a casa, ci lavora anche mia moglie, Martina gioca anche per la squadra di serie A1, per noi è una grande famiglia il Parioli. Ovviamente siamo sempre in contatto con la federazione, in assoluto accordo sui tempi e i modi di allenamento, ogni tanto ci sono i raduni, ma credo che, per ora, la soluzione migliore sia restare qua, anche per non interrompere il percorso scolastico di Martina che ha intrapreso nella scuola superiore a cui è iscritta”.
Con la scuola di Martina come vi siete organizzati?
“La scuola e l’istruzione in generale rappresentano forse il problema più grande in Italia per i giovani tennisti. Secondo me la scuola italiana non è assolutamente integrata con il mondo dello sport e non c’è possibilità di praticare sport agonistico, qualunque esso sia e studiare normalmente in una scuola pubblica e questo è un fatto molto grave. Noi siamo stati “costretti” a iscrivere Martina ad una scuola privata, in modo che le venisse garantita sia una adeguata preparazione culturale, sia la possibilità di allenarsi e giocare secondo le sue esigenze. Non sono molte in Italia che lo consentono, nemmeno nel settore privato”.
In realtà molti tennisti frequentano scuole on line o comunque a distanza per ovviare al problema della partecipazione ai tornei in giro per l’Europa, potrebbe essere una soluzione?
“No, non credo. L’istruzione deve essere fatta il più possibile in presenza, con verifiche frequenti e con rapporto costante tra gli insegnanti, gli studenti e le famiglie. Non è facile trovare tutto questo che si possa conciliare con l’attività sportiva agonistica, noi forse abbiamo trovato una soluzione, che per ora sta dando i propri frutti. Martina, quando viene convocata con la nazionale, o partecipa a raduni federali non ha le assenze conteggiate, poi un giorno alla settimana (quello in cui è presente educazione fisica) è esentata dalla scuola per potersi allenare anche di mattina, ma al tempo stesso le viene garantita una adeguata preparazione culturale in tutte le materie. Le interrogazioni e le verifiche sono già programmate per tutto l’anno a seconda dei suoi impegni tennistici, quando gioca tornei ogni sera le arrivano via mail i compiti e gli argomenti affrontati nella giornata e poi ha qualche giorno dal rientro per mettersi a pari e fare la verifica su quanto fatto nei giorni di assenza. Per ora ci stiamo trovando molto bene, Martina è brava a scuola, le piace e riesce bene anche se ovviamente si deve impegnare tanto, appena tornata dalla trasferta scandinava ha passato sicuramente più ore a studiare che ad allenarsi”.
Scuole di questo genere comunque rappresentano, oltre che un impegno importante per i ragazzi, anche una spesa notevole per le famiglie.
“Certo, intanto abbiamo avuto molta difficoltà a trovarla, poi tutte le spese, che non sono poche per poter avere una struttura e una organizzazione del genere, sono tutte a carico della famiglia. Il problema di base è proprio che in Italia manca la cultura sportiva, non si è ancora entrati nell’ordine delle idee che un bravo sportivo possa anche laurearsi, avere una cultura e una istruzione di un certo livello. Io ero convinto che la presidenza Malagò al Coni portasse qualche novità da questo punto di vista, ma per ora, francamente, mi pare che non sia stato fatto nulla o quasi”.
E la scuola purtroppo non aiuta nemmeno chi si vuole avvicinare allo sport, al tennis in particolare, condividi?
“La scuola è lontanissima dallo sport. Ci sono due ore di educazione fisica alla settimana che spesso vogliono dire correre dietro ad un pallone e basta. Per carità, ci sono tanti bravi insegnanti che fanno il loro dovere in modo eccelso, ma in generale mi pare che nelle ore di educazione fisica si dovrebbe insegnare come è fatto il corpo umano, come ci si dovrebbe alimentare, si dovrebbero presentare tutti gli sport per cercare di capire le attitudini dei bambini, invece non accade nulla di tutto questo”.
Da genitore, ma anche da tecnico e da ex giocatore, tu credi che Martina possa diventare una tennista professionista?
“La strada è lunghissima, ne siamo tutti consapevoli. In tante a 14 anni giocano bene, alcune benissimo, ma dal giocare bene a diventare una tennista professionista ne passa tantissimo. Sono tanti i fattori, umani, sportivi, ambientali, caratteriali che entrano in gioco. Come genitore per me è già una vittoria vedere che mia figlia sta facendo sport a livello agonistico, che credo sia un aspetto molto positivo, perché l’agonismo aiuta molto nella vita, per l’alimentazione, per la disciplina fuori e dentro il campo, per il modo di vivere in generale. Poi insomma, è chiaro che il mio sogno sarebbe quello di smettere di lavorare e guadagnarmi da vivere semplicemente seguendo Martina in giro per il mondo mentre lei gioca a tennis, ma le possibilità che i sogni diventano realtà sono sempre poche. Come dicevamo prima, io credo che Martina abbia margini di miglioramento molto ampi, ma le variabili nella crescita di una tennista sono sempre tantissime, bisogna aver fortuna con gli infortuni, con l’amore che non la porti lontana dal tennis, con la voglia di continuare a fare sacrifici, con eventuali altre proposte lavorative, insomma la strada è lunghissima. Per ora le piace quello che sta facendo e io sono molto soddisfatto di lei perché so che sta costruendo un’esperienza importante che nella vita che la sta aiutando a crescere nel modo giusto”.
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