“Non sapevo nemmeno bene cosa fare per stare tranquillo, stavo a casa, piangevo, ascoltavo musica, a volte uscivo in macchina, sapevo solo che se dopo tre mesi col busto la frattura non si fosse rimarginata mi sarei dovuto operare”. La disarmante sincerità di Stefano Travaglia è l’unica risposta possibile ad una domanda che deve aver già sentito un mucchio di volte. Sette mesi lontano dai campi da tennis (di cui tre assolutamente immobile) per una frattura da stress alla schiena non hanno però abbattuto il suo spirito da guerrigliero, smanioso di ritornare al più presto al meglio della forma fisica. “Steto”, per chi ha la fortuna di conoscerlo bene, con pazienza e costanza è riuscito ancora una volta a recuperare dalle bizze di un fisico fragile, che già in altre occasioni lo aveva costretto a lunghi periodi di stop.
Il 2017 sembra infatti arridere al tennista marchigiano, che ha raccolto ottimi risultati nei tre Futures disputati in Spagna, a Mallorca: quarti di finale e titolo in doppio a Manacor, titolo e finale in doppio a Paguera, semifinale in singolare sempre a Paguera la settimana successiva. Grazie a questa striscia positiva Stefano si è riportato a ridosso dei primi 300, con in corpo l’irrefrenabile voglia di migliorare il best ranking di n.194 al mondo.
Cominciamo dalla positiva trasferta in Spagna: mica male come inizio.
“È stato un inizio di stagione molto buono: sebbene non abbia espresso il mio miglior tennis, come succede sempre a inizio anno, ho ottenuto comunque dei buoni risultati, soprattutto nella seconda settimana quando ho vinto il torneo a Paguera. Sono state tre settimane molto produttive, dalle quali esco molto contento”.
Sei il primo italiano vincitore di un Itf nel 2017. Speriamo porti bene!
“Beh speriamo dai! Sicuramente aver iniziato la stagione con tre buoni tornei mi dà molti stimoli positivi per i prossimi. Nel primo torneo ho perso ai quarti, ma da un giocatore come Pedro Cachin che è stato 160 del mondo e che poi ho battuto la settimana dopo; ho vinto il torneo di doppio a Manacor e sono arrivato in finale in quello dopo; sono stati tornei molto positivi e molto intensi, perché ci sono stati dei giorni nella prima settimana in cui ho giocato tre partite di fila per via della pioggia. Sono soddisfatto perché l’insieme di tutti questi diversi fattori ha portato a dei risultati molto buoni”.
A Manacor hai giocato il torneo all’interno della Rafa Nadal Academy. Se fossi un bambino ti piacerebbe andarci?
“Sicuramente essendo un’Accademia a 5 stelle ci sono molti vantaggi per i ragazzi, allenatori di prestigio, tantissimi comfort, a partire dalla palestra ai numerosi campi a disposizione sia in terra che cemento, inoltre si possono praticare altri sport come il basket o la pallavolo, c’è l’albergo all’interno, dove i ragazzi dormono tutti insieme. Tutte queste cose sommate insieme sono importantissime per un ragazzo di 13-14 anni, per crearsi un gruppo solido di amicizie e fare esperienze lontano da casa; in Italia Accademie di quel livello ce ne sono ben poche”.
Ti alleni alla Tennis Training School di Foligno, dove si preparano anche Luca Vanni e Thomas Fabbiano. Come ti trovi con loro due?
“A Foligno mi seguono Fabio Gorietti per la parte tennistica, Marco Formica per l’aspetto mentale, con Gianfranco Parini e Diego Silva invece curo la preparazione atletica. Con Luca e Thomas ci ritroviamo a fine anno per la preparazione invernale, che dura da fine novembre a fine dicembre. Mi trovo molto bene con loro, i loro caratteri mi trascinano molto anche perché siamo grandi amici, amicizia che si è rafforzata da quando sono venuto ad allenarmi a Foligno un paio di anni fa, spesso andiamo a cena fuori insieme. Da parte mia cerco sempre di “raggiungerli” a livello tennistico, sono giocatori che sono stati in top 100 e sono certo che ci torneranno presto, proprio perché so come si sono preparati a dicembre; sono motivatissimi e pieni di stimoli quest’anno, ne è stata dimostrazione la qualificazione di entrambi nello slam australiano”.
Ricordi spesso di esserti allenato per tre anni in Argentina. Com’è nata l’idea di partire e cosa ti ha lasciato quella esperienza?
“Fino al 2010 mi sono allenato a Porto San Giorgio con due allenatrici argentine che quell’anno decisero di tornare nel loro Paese. Ho deciso di mia iniziativa di seguirle, doveva essere un’esperienza di vita di un mese e sono rimasto lì ad allenarmi per 3 anni. In Italia 7 anni fa era tutto diverso, sia come tornei che come strutture: non c’erano le Accademie, per carità poteva anche bastarmi un piccolo circolo con un maestro e due ragazzi che mi facevano da sparring ma in quel momento era difficile da trovare anche qualcosa del genere vicino a casa. A quel punto andare a vivere a Milano o Barcellona o in qualsiasi altro posto era la stessa cosa, i miei genitori mi hanno appoggiato completamente nella scelta. Il primo anno addirittura saltai l’Esame di Stato e lo feci nel 2011, quando tornai in Italia per via di un infortunio. Per farti capire cosa mi ha dato quell’esperienza, sono partito che ero 1100 e sono tornato che ero attorno al 350…un bel balzo di livello! Se penso a cosa mi ha lasciato… vivere da solo, imparare una nuova lingua, vedere come si allenano i tennisti al di fuori dell’Italia, disputare tornei Challenger in Sudamerica, incontrare giocatori diversi da quelli che fanno i tornei qui. Io penso che stare sempre e solo nel tuo piccolo in Italia sia un limite, almeno per me”.
Ti manca fare una trasferta in Sudamerica?
“L’ultima volta che ci sono stato era il 2013 e mi piacerebbe tanto tornare a giocare lì dei Challenger o degli Atp. Sperando quest’anno di non essere fermato da cause di forza maggiore, proverò a fare una trasferta a metà anno a livello Challenger, visto che non sono più impegnato con la Serie A2 posso spostarmi liberamente, a giugno/luglio se ce ne sarà la possibilità ci andrò di sicuro”.
Quando ti ho conosciuto a Reggio Emilia, nel 2015, eri appunto infortunato al tallone. Poi i sette mesi di infortunio alla schiena. Eccessivo carico di lavoro o stress?
“Il carico di lavoro lo metterei in secondo piano perché sono tutti infortuni che mi sono successi durante i tornei. Il fattore decisivo penso sia stato lo stress, i continui viaggi uno dopo l’altro; avevo bisogno di più riposo rispetto a quello che mi sono concesso, dovevo capire che anche se non giocavo per due-tre giorni non succedeva nulla, tutte piccole cose che sommate mi hanno costretto poi a fermarmi per così tanto tempo. Per la schiena il referto parlava chiaramente di frattura da stress, probabilmente ho sovraccaricato giocando troppe partite, ma sai, i risultati erano buoni e non avevo certo voglia di fermarmi! Il riposo invece fa parte dell’allenamento e ci vogliono i giusti tempi di recupero, conoscere il proprio corpo è fondamentale in questo sport”.
Come hai fatto a superare questo difficile infortunio alla schiena?
“Ho cominciato a sentire dolore quando ho giocato gli ultimi tornei in Marocco a novembre 2015; all’inizio non si capiva bene cosa fosse, alcuni giorni avevo male, altri giorni no, sembrava dipendesse molto da come mi alzavo. Poi a marzo quando ho vinto l’Open BNL il dolore era diventato insopportabile, così mi sono fermato e ho trovato finalmente il problema. In quei mesi ho passato molto tempo a Foligno, perché durante il giorno i miei lavoravano e la mia ragazza studiava, così andavo in Accademia per stare in compagnia. Vedere gli altri che si allenavano mi faceva “rosicare”, ma mi ha dato tanta forza per ricominciare: le prime settimane di allenamento oltre ai dolori muscolari dappertutto avevo anche qualche chiletto in più, ed ero stato attento a tutto! Però superato quel momento ho infilato molti tornei buoni. Oddio, le prime settimane succedeva che tenevo per un set, nel secondo crollavo e andavo al terzo, cosa che a livelli più alti non puoi di certo permetterti. Poi ho giocato in Serbia, dove sono arrivato in finale nel primo torneo e in semifinale nel secondo, in seguito sono stato impegnato a Santa Margherita con la Serie A dove ho cominciato davvero ad ingranare, mi sentivo meglio fisicamente e mentalmente. Infine ho chiuso la stagione con i quarti nel Challenger di Andria, cosa che non avrei mai neanche potuto sperare a inizio anno. Ho chiuso la stagione attorno al 330, ho vinto 4 tornei, due finali, sono molto contento insomma”.
Programmazione imminente?
“Sto per partire per la Tunisia per fare due $15.000, poi a seconda di come vanno questi due tornei deciderò per il proseguo della stagione: potrei fare un altro paio di Futures in Croazia per poi passare ai Challenger in Italia, magari infilare anche un Open per fare le prequalificazioni a Roma… Sempre sulla terra, almeno fino ad agosto, perché col cemento mi sa che per ora ho chiuso, con l’unica eccezione ovviamente nel caso riuscissi a qualificarmi per lo Us Open! Se così fosse farei qualche settimana sul veloce, ma quello è un progetto ancora lontano… c’è un nuovo torneo Challenger a Francavilla, in Abruzzo, spero di giocare anche là”.
Al di là dei risultati, cosa ti aspetti per questa stagione, qual è la tua speranza maggiore?
“Prima che iniziasse l’anno il mio desiderio era quello di giocare senza essere fermato da infortuni. Ho finito il 2016 sentendomi bene, mi rendo conto di non essere riuscito a esprimere il mio miglior tennis ma comunque ho vinto 4 tornei giocando tutto sommato bene. Allenarmi duramente in Accademia, poter fare tornei e giocare al 100%: questi sono i miei obiettivi, niente di più e niente di meno”.
Il tuo compleanno è vicino a Natale, il 28 dicembre. Dimmi che non hai ricevuto come Arnaboldi il famigerato unico regalo che vale doppio!
“Eh no, io ogni anno ne ricevo ben tre! Uno a Natale, uno a Santo Stefano e uno per il compleanno!”.
A fine dicembre, in un’intervista a Sportface hai detto: “Ho visto Rafa bello carico, anche Roger lo vedo molto grintoso. Possono tornare grandi, anche sopra Djokovic”. Ora, visto che hai azzeccato il pluriosannato Fedal agli Australian Open, chi arriva in finale a Parigi secondo te?
“Eh, domandone difficile… dico Wawrinka – Nadal, poi dipende anche dai tabelloni. Federer ha già dato tanto, dopo che si è preso 6 mesi di stop per riposarsi… Hai visto, io ho fatto come lui eh! Chissà che non ci arrivi io in finale a Parigi!”.
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