di Roberto Commentucci
Premessa: non ce l’ho minimamente con gli organizzatori del torneo sabaudo, anzi. Organizzare un challenger da 85.000 euro di montepremi, specie con questa crisi economica, rappresenta uno sforzo meritorio e rilevante, e i dirigenti dello Sporting di Torino meritano solo applausi.
Ma quello che non va giù, è la lettura del tabellone. Un tabellone sontuoso, ben 7 top 100, in cui figura praticamente tutta la nostra squadra di Coppa Davis, con l’eccezione di Fognini. Ci saranno Seppi, Starace, Bolelli, Volandri, Lorenzi, Cipolla. Con alcuni interessanti derby azzurri al primo turno: Seppi-Brizzi, Volandri-Cipolla, Bolelli-Fabbiano.
Ebbene, a parere di chi scrive, questo tabellone riassume in se tutte le magagne del nostro tennis maschile, che sembra ormai aver definitivamente rinunciato a porsi dei traguardi davvero ambiziosi: un tennista con autentiche ambizioni di crescita e di miglioramento tecnico, infatti, in questa fase della stagione, di ritorno dall’erba, dovrebbe stare ad allenarsi, effettuare un richiamo atletico e prepararsi al meglio per i tornei Atp estivi (prima sulla terra, poi sul cemento USA), come ha giustamente deciso di fare Fognini; tutti gli altri invece sono qui, Torino, a cercare di ruspare qualche punto per puntellare la classifica e, soprattutto, ad intascare 4 soldi di “incentivo” dai generosi organizzatori torinesi.
Una gestione di piccolo cabotaggio, dalla quale temo non usciranno più. Passi per Volandri, che ha avuto tanti guai fisici e tante disavventure. Passi per Lorenzi, la cui dimensione tecnica è quella tipica del tennista che fa la spola fra il circuito maggiore e i challenger. Ma le scelte di un Bolelli (che ha sacrificato l’intera stagione sull’erba ai torneini terricoli italiani) di un Seppi e di uno Starace sono davvero sconfortanti.
In questo modo, tra l’altro, i nostri tennisti di livello Atp rubano la scena (e i punti) alle nostre seconde linee, che su questi tornei devono basare la classifica (i vari Cipolla, Brizzi, Di Mauro) e, quel che è peggio, contribuiscono a soffocare sul nascere le già tremolanti ambizioni di crescita dei nostri giovani (Fabbiano, Naso, Giannessi), sottraendo loro punti e fiducia.
In questo modo, poi, si genera in tutto il movimento una sconfortante corsa al ribasso: i Seppi e i Bolelli fanno i challenger, “per prendere punti e fiducia” (?): i Brizzi, i Marrai, i Ghedin, eccetera, si mettono a fare i futures, “per prendere punti e fiducia”… Insomma, tutte scelte conservative, orientate a difendere quel piccolo gruzzoletto di punti che si è riusciti a mettere assieme, con le alchimie del ragioniere, anziché provare davvero a mettersi in gioco, a migliorare, a provarci sul serio.
La sensazione, sgradevole, è che tutto sia fuori posto.
Due anni fa, nella stagione 2008, Andreas Seppi e Simone Bolelli sembravano aver intrapreso una strada diversa. Niente challenger, solo tornei maggiori, a costo di fare le qualificazioni, su tutte le superfici, ovunque fossero gli eventi realmente importanti. Max Sartori, tutto entusiasta, mi raccontava, a proposito dell’amicizia fra i due, come fosse importantissimo, per Seppi, che aveva sempre tentato, in coraggiosa solitudine, una programmazione da tennista moderno, avere finalmente accanto a sé un supporto, un amico, come Simone, con cui condividere il cammino. Risultato: Seppi, best ranking, 27 Atp, dopo la semifinale di Amburgo. Bolelli, best ranking 36 Atp, dopo il torneo di Parigi Bercy. Rispettivamente a 24 e 23 anni, e quindi con ulteriori e significativi margini di crescita, per entrambi.
Una situazione che stride fortemente con la classifica Atp che apparirà dopo Wimbledon, nella quale nessun azzurro sarà nei primi 70 del mondo. Una classifica, appunto, da challenger.
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