Un predestinato, due speranze e tre sorelle. Non è l’inizio di una barzelletta, è piuttosto il riassunto – certamente ristretto – di ciò che la Bulgaria è riuscita ad esprimere nel mondo del tennis. Certo, i quarant’anni oltre cortina non hanno facilitato lo sviluppo di una disciplina poco amata dal regime che ha governato il paese dal dopoguerra fino al 1989; tuttavia, la sensazione è che forse, nei successivi trenta, la misera bacheca contenente un solo titolo slam avrebbe potuto essere arricchita. Invece…
IL PASSATO – Con un record di 0 vinte e 4 perse in Fed Cup, Yulia Berberian non passerà alla storia del tennis per i suoi risultati sul campo ma, insieme al marito Georgi Maleev, ha fatto ben di più: ha messo al mondo tre figlie che hanno dato lustro alla Bulgaria per quasi un quarto di secolo. La primogenita fu Manuela Maleeva, nata il giorno di San Valentino del 1967 e capace, non ancora diciottenne, di arrampicarsi fino al terzo gradino del ranking WTA, dietro le intoccabili Navratilova e Evert. In un’epoca in cui gli effetti negativi del successo precoce non avevano ancora mietuto vittime illustri, Manuela bruciò le tappe e già al debutto nel circuito (1982, anno in cui fece suo il titolo junior al Roland Garros) vinse qualche incontro nei major e raggiunse i quarti a Brisbane. Depositaria di un tennis solido e senza fronzoli, leggera nei colpi ma anche nella mobilità, nel 1984 mise a segno il colpo che da solo vale una carriera, ovvero la vittoria in uno slam. In coppia con uno dei gemelli Gullikson (Tom), partecipò al torneo di doppio misto dopo che in singolare era stata prematuramente eliminata a sorpresa dalla svizzera Petra Delhees. Accreditati della testa di serie n°13, Manuela e Tom sconfissero in finale i campioni in carica, gli australiani Sayers/Fitzgerald, recuperando un set e quello resta tuttora l’unico slam vinto da una coppia composta da una sorella e un fratello “famosi” non appartenenti alla stessa famiglia.
Entrata in top-10 a metà del 1984, per dieci stagioni non scese mai più in basso della posizione numero 13 ed era n°9 quando, dopo aver vinto a Osaka il suo 19esimo e ultimo titolo, si ritirò. In carriera ha battuto almeno una volta tutte le grandi del suo tempo ma con Steffi Graf (0-17) e Monica Seles (0-9) ha dovuto accontentarsi di qualche set. La sua estrema continuità agli alti livelli, nonché la versatilità è testimoniata dai dodici quarti di finale e dalle due semifinali (entrambe agli US Open) conquistati in tutti gli slam ma il suo ricordo più bello non è legato a una vittoria bensì ad un terzo posto, quello ottenuto alle olimpiadi di Seoul 1988. Il matrimonio con il suo coach, Francois Fragniere, le consentì di avere la cittadinanza svizzera.
Di appena due anni più giovane, Katerina Maleeva non visse nell’ombra della sorella (anche se ci perse otto delle nove volte che l’affrontò) e arrivò a ripercorrerne in parte la carriera. Campionessa juniores a Flushing Meadows nel 1984, distribuì i suoi sette quarti di finale slam quasi equamente ed ebbe un best-ranking di n°6 al mondo (il 9 luglio 1990). Insieme alla statunitense Robin White ha sulla coscienza il peso di aver fatto svanire a due passi dalla meta il sogno del Grand Slam per Gigi Fernandez e Natasha Zvereva; nelle semifinali degli US Open 1994 infatti, Katerina e la compagna sconfissero la coppia reduce dalle vittorie di Melbourne, Parigi e Wimbledon e si qualificarono per l’ultimo atto, dove però trovarono insormontabile l’ostacolo costituito da Arantxa Sanchez-Vicario e Jana Novotna.
Con due sorelle top-10, nel 1990 la 15enne Magdalena Maleeva si fece largo in famiglia sfiorando il Grand Slam juniores; solo l’australiana Kirrily Sharpe riuscì a batterla nei quarti a Wimbledon, dopo che aveva messo a segno la doppietta Melbourne-Parigi e prima di conquistare New York. Nella storia del tennis femminile, solo “Maggie” e Natalia Zvereva sono riuscite a vincere tre major juniores nella stessa stagione. Che il circuito giovanile, nonostante l’età, le stesse stretto lo dimostrò vincendo contemporaneamente anche incontri nel main-draw sia a Parigi (dopo aver superato tre turni di qualificazione) che a Wimbledon mentre un sorteggio beffardo le mise di fronte la sorella Katerina al primo turno degli US Open. Ma ormai il dado era stato tratto e Magdalena, pur prendendo strade diverse rispetto alle sorelle che l’avevano preceduta, ha perpetrato il nome delle Maleeva fino al 2005 passando anche una settimana da n°4, nel gennaio del 1996. Vincitrice di 10 titoli WTA – tra cui il più importante è stato la Kremlin Cup a Mosca – ha partecipato a 54 slam arrivando però una sola volta nei quarti, agli US Open del 1992. Buona doppista, insieme a Liezel Huber ha vinto il torneo di Miami nel 2003.
Il doveroso tributo alla famiglia più importante del tennis bulgaro si chiude qui ma, restando in campo femminile, sarebbe ingeneroso ignorare l’altra giocatrice che, sia pur non raggiungendo i livelli delle tre Maleeva, é riuscita a far parlare di sé in passato: Tsvetana Pironkova. Assente dai campi di gioco da Wimbledon 2017, formalmente Tsvetana non ha ancora annunciato il ritiro anche se la nascita del figlio Alexander – avvenuta in aprile dello scorso anno – le ha interrotto la carriera forse in modo definitivo. Non molto continua e amante dell’erba, Pironkova prese di mira Venus Williams in due edizioni consecutive dei Championships. Sia nel 2010 (nei quarti) che l’anno successivo (negli ottavi), la bulgara sconfisse con lo stesso netto score di 6-2/6-3 la cinque volte campionessa del torneo. Meno atteso, invece, l’exploit al Roland Garros 2016 quando sconfisse Errani, Larsson, Stephens e Radwanska prima di arrendersi nei quarti a Sam Stosur. A quel tempo aveva già conquistato il suo unico titolo WTA, ottenuto a Sydney 2014 partendo dalle qualificazioni (era n°107 del mondo) e vincendo otto incontri, di cui gli ultimi tre contro le top-10 Errani, Kvitova e Kerber in finale.
In campo maschile, la Bulgaria non ha un passato. Nati il 29 aprile del 1949, i gemelli Bozhidar e Matei Pampoulov furono per più di un decennio il punto di riferimento del tennis maschile nazionale. In Davis Cup, i due affrontarono diverse coppie di rango (un paio di volte Bertolucci/Panatta, Gisbert/Orantes) ma non riuscirono mai a prevalere. Nella più importante competizione a squadre, il team balcanico ha spesso veleggiato tra il G2 e il G3, dove tuttora è assestato dal “basso” del 64° posto nel ranking per nazioni.
IL PRESENTE – Il predestinato con cui abbiamo aperto questa rassegna non può essere altri che Grigor Dimitrov. Era il 2008 quando un 17enne di Haskovo, replicando le movenze e i gesti tecnici di Roger Federer, metteva a segno la doppietta juniores Wimbledon-US Open. Dopo aver debuttato nel circuito ATP lo stesso anno grazie a una wild-card concessagli dagli organizzatori di ‘s-Hertogenbosch, sarà sempre in Olanda – ma a Rotterdam – che Grigor inizierà a far parlare di sé battendo Tomas Berdych e mettendo alle corde Rafael Nadal. Nonostante tutto, l’esplosione tarderà ad arrivare e solo nel 2013, anno in cui inizierà una love-story con Maria Sharapova, si registreranno le prime finali ATP (persa a Brisbane, vinta a Stoccolma). Il 2014 è l’anno della consacrazione, dell’ingresso nella top-10 e della semifinale di Wimbledon ma ben presto ritornerà nel limbo e scivolerà in zone del ranking assai lontane dalle aspettative. Dopo una girandola di coach al suo fianco e la rottura del fidanzamento con Masha, nel 2017 Dimitrov risale la corrente partendo dalla semifinale agli Australian Open e finendo con il titolo di maestro alle ATP Finals di Londra, dopo aver conquistato anche il 1000 di Cincinnati. Partito con il n°17, chiude la stagione al terzo posto con la prospettiva di fare l’ultimo salto di qualità nel 2018. Invece, dopo una partenza discreta, da Indian Wells in poi inizia la discesa all’inferno che, al momento in cui scriviamo (ha appena perso al primo turno di Atlanta da Kevin King, n°405 del ranking!), non è ancora terminata. Tantissime sconfitte (ben 27, anche con avversari di bassa classifica) in poco più di dodici mesi hanno minato la fiducia del bulgaro, che sembra incapace di reagire alle avversità.
Con la recente vittoria nel W80 di Biarritz, Viktoriya Tomova ha fatto un balzo di 71 posizioni nel ranking e attualmente è la prima bulgara in classifica mondiale (178). Classe 1995, la Tomova aveva già in bacheca 14 titoli ITF ma stenta ad entrare con continuità nel circuito maggiore. Chi invece sembrava potesse raccogliere l’eredità delle Maleeva è Sesil Karatantcheva. Nata l’8 agosto (che non fa mai male…) e campionessa juniores al Roland Garros 2004 quando non aveva ancora quindici anni, nei quarti di finale (ma del torneo maggiore) nell’edizione successiva, stava bruciando le tappe quando la tegola del doping arrivò a bruciarle la carriera. Trovata positiva al nandrolone sia nello stesso slam parigino che successivamente a Tokyo, Sesil venne squalificata per due anni. Rientrata nel 2008, l’anno dopo chiese ed ottenne la cittadinanza del Kazakistan ma il suo best-ranking di n°35 non venne più nemmeno avvicinato. Quest’anno si è imposta nel W25 di Surprise battendo in finale Cori Gauff ma è tuttora al n°228 del mondo. Dietro di lei ci sono Elitsa Kostova (227) e Isabella Shinikova (229) ma anche in questi casi si tratta di giocatrici impegnate perlopiù nel circuito ITF.
IL FUTURO – Campione juniores in doppio agli US Open 2018, Adrian Andreev è l’unico bulgaro inserito nelle classifiche mondiali ITF juniores sia maschili che femminili. Il classe 2001 di Sofia ha già beneficiato di un paio di wild-card nel torneo di casa e quest’anno ha messo in difficoltà Matthew Ebden, strappandogli un set.
I TORNEI – Dopo due edizioni giocate all’inizio degli anni Ottanta sul sintetico, il Sofia Open è tornato a far parte del circuito maschile successivamente all’esplosione di Grigor Dimitrov. Il torneo (ATP 250) si gioca sul duro indoor della Armeec Arena ed è giunto alla quarta edizione con quattro diversi vincitori nell’albo d’oro: Roberto Bautista Agut nel 2016, Grigor Dimitrov nel 2017, Mirza Basic nel 2018 e Daniil Medvedev quest’anno.
Lo stesso impianto ha anche ospitato tre edizioni del Commonwealth Bank Tournament of Champions, ovvero quella sorta di “Master B” della WTA che si giocò a fine stagione dal 2009 al 2011 a Bali e dal 2012 al 2014 appunto a Sofia. La formula prevedeva che le dodici giocatrici fossero suddivise in mini-gironi da tre e una seconda fase con semifinali e finale. Nelle tre edizioni bulgare vinsero Nadia Petrova (2012), Simona Halep (2013) e Andrea Petkovic (2014).
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