Il mio rapporto con Marina Yudanov(svedese, 29 anni, best ranking oggi al numero 571) è iniziato con questo tweet:
ITF Women at its best!
Matusova was 6-0 3-0 up
Yudanov wasted 5 sps 0-6 5-3 40-15 and 5-4 40-0
Matusova had mp on 6-0 6-5 40-30
Yudanov was 0-6 7-6 4-1 A-40
Matusova had 3 mps on 6-0 6-7 5-4 40-0
Yudanov won 0-6 7-6 7-5 pic.twitter.com/7WhdMRUPQW— Stefano Berlincioni (@Carretero77) 6 dicembre 2017
Uno dei miei soliti tweet sulle curiosità del tennis minore,che con sorpresa vide la sua replica e da allora abbiamo continuato a dialogare di frequente ed abbiamo scoperto di avere un percorso in comune: entrambi ingegneri abbiamo deciso di abbandonare carriere avviate per seguire la nostra comune passione, il tennis.
Sei stata tra le prime 5 giocatrici junior svedesi fino all’Under18 poi sei praticamente sparita dalle classifiche nazionali dal 2010 al 2014, cosa è successo?
Per farla breve, ho avuto quella che posso definire una ribellione giovanile apocalittica che mi ha spinta lontano dal tennis, convinta che non avrei mai più giocato e che odiavo tutto ciò che c’era intorno.
A dirla tutta ero una buonissima junior, un sacco di aspettative e buoni risultati. A 16 anni ho vinto il Campionato Nazionale e sono arrivata ad essere nelle top 250 junior al mondo ma è stato anche l’anno dove tutto ha iniziato ad andare storto. Andavo a scuola ed era una scuola molto difficile e semplicemente la pressione di avere risultati a livello di élite sia a scuola che a tennis mi ha spinto oltre il limite. Ho iniziato ad avere i classici problemi da adolescente e mi sono ribellata a tutto, odiando tutti. Sono andata fuori controllo: avevo amicizie sbagliate, fumavo, bevevo, tutto ciò che si possa immaginare. Un paio di anni dopo ho completamente smesso di giocare e mi sono messa alle spalle il mondo del tennis.
Ad un certo punto della tua vita hai deciso di tornare al tennis e di farne una professione, quando e perché hai deciso di provare col tennis professionistico?
Quando stavo per finire l’Università (e stavo dedicandomi meno alle feste studentesche) all’improvviso ho avuto la possibilità di tornare a giocare. Poi in estate, sono andata al WTA di Bastad con un’amica e ho visto un po’ di tennis senza avere nuovamente sensazioni negative. Alla fine di quell’anno (2015, avevo 26 anni) Serena Williams, Roberta Vinci e Flavia Pennetta hanno disputato le semifinali dello US Open, tutte giocatrici sopra i 30 anni e questa cosa mi ha fatto scoccare la scintilla nella testa. Allora provai a giocare un torneo nazionale ed andò bene e riscoprii quella “fame” dentro di me. Non posso descriverlo in altre parole ma ero affamata di tennis, delle sensazioni della competizione, di mostrare chi sei alla tua avversaria, cosi che si ricordi il tuo nome: sono finita a giocare ogni possibile torneo in Svezia.
Nel frattempo,avevo iniziato a lavorare come ingegnere alla Volvo Trucks. E lì, anche se la paga era buona e le cose stavano andando bene, ho realizzato che il mio fisico non era felice stando seduto tutto il giorno ad una scrivania. Mi sono sentita come se ci fosse qualcosa di più per me là fuori che non avevo ancora mostrato. Il tennis aveva riempito il mio tempo libero ma sentivo che non era abbastanza, che avevo bisogno di ancora più tennis.
Quando ho deciso di lasciare il mio lavoro è stato facile perché sapevo che il tennis non sarebbe stato soltanto un hobby, con me a trotterellare per il mondo agitando una racchetta finché non mi fossi annoiata: non volevo essere una principessa viziata con un gonnellino da tennis solo perché era quello che mi andava di fare al momento.
Volevo impegnarmi. Volevo essere responsabile di fare del tennis professionistico la mia carriera, o almeno di provarci.Volevo prendere tutta la mia spinta e determinazione e combattere e ancora combattere fino al punto in cui potevo permettermelo dal punto di vista finanziario così da giustificare di continuare a giocare, di fare in modo che questa fosse la mia scelta di vita.
Volevo essere un’adulta, responsabile ed impegnata, con obiettivi e duro lavoro: ho scelto il tennis come lavoro ed in un lavoro devi imparare come guadagnarti i soldi, è questo il mio obiettivo.
Prima e dopo che hai perso la “decisione”, quali pensavi e pensi fossero e siano i pro ed i contro?
Prima di prendere la decisione mi aspettavo i risvolti negativi: stipendio non sicuro, nessun piano pensionistico, nessun piano sanitario, non poter mai veramente “staccare”, passare attraverso dolore ed infortuni, sentirsi malissimo quando perdi, non avere una vita sociale e cosi via. Ma ora ho scoperto un nuovo contro: è terribilmente difficile organizzare questo lavoro da soli.Ci vuole così tanto tempo e cosi tanto sforzo per provare a costruire una carriera professionistica dal niente. Arrivare nel mondo del tennis, stare nel tour dove nessuno ha la più pallida idea di chi tu sia, sanno solo che sei vecchia e non hai risultati: tutto questo non rende facile stabilire connessioni con giocatori e coach competenti ed ambiziosi, ed hai bisogno di loro per gli allenamenti e per avere compagni di viaggio.
Un altro ovvio contro (che mi aspettavo fin da subito) è che ci vuole cosi tanto tempo per iniziare a guadagnare soldi, di arrivare ad un livello in cui il montepremi può coprire tutte le tue spese, se mai ci arrivi. È veramente cosi difficile che tutto funzioni per un tempo così lungo che tu possa arrivare a quel livello, figuriamoci per rimanerci.
Non puoi studiare come diventare un tennista professionista e prendere una laurea a riguardo e sapere che ti ci puoi guadagnare da vivere: ci sono migliaia di cose che devono andare per il verso giusto e devi essere anche fortunata.
In un normale lavoro da ufficio un grande vantaggio è che puoi staccare. Per esempio, il tuo corpo non è il tuo strumento di lavoro per cui devi essere infinitamente attenta a tenerti in forma. Puoi lasciare l’ufficio il venerdì sera, dimenticare TUTTO del lavoro, ubriacarti così tanto da non sapere come tornare a casa e dormire sul divano di un amico (o di uno sconosciuto) e non sentirti nemmeno troppo male a riguardo. O puoi andare con qualcuno che ami in vacanza da qualche parte senza preoccuparti di tenerti in allenamento
Puoi andare al matrimonio di un amico, non si scontrerà con un torneo maledettamente importante. Il tuo lavoro in ufficio non definisce la tua intera esistenza, non ti detta i termini su cui vivere la tua vita. Col tennis, succede.
I pro di aver fatto questa scelta? Quelli che mi aspettavo: arrivare a sognare, ad esprimere me stessa, il mio carattere, la mia determinazione, tutto ciò che mi rappresenta, su un campo da tennis. Arrivare ad avere un lavoro dove posso esprimere le mie emozioni ad alta voce, dove posso urlare a squarciagola ogni giorno senza che sia considerata anormale.
Arrivare a fare qualcosa che mi soddisfa, che mi da una gioia pazza ed incommensurabile e che mi fa piangere le lacrime più amare. Arrivare a mettere ogni singolo grammo di me contro qualcun altro e combattere attraverso questo bellissimo e brutale sport. È tutto cosi intenso. È anni luce lontano da una confortevole mattina in ufficio, rispondendo alle mail, bevendo un caffè e poi lentamente radunarsi con i colleghi nella sala riunioni a passare il tempo guardando delle diapositive: è semplicemente…di più.
Viaggiare è ovviamente un’altra grande possibilità ma sapevo fin da subito che dopo un po’ sarebbe diventato noioso: ora viaggiare è soprattutto programmare e sperare che non costi troppo. Giappone escluso però! Il Giappone mi ha davvero emozionata.
Come pianifichi i tornei? Alcune giocatrici cercano soltanto tornei con entry list comode mentre altri preferiscono testarsi contro giocatricipiù forti.
Pianificare i tornei è una delle cose più difficili per un tennista. Una ex-giocatrice che appartiene al mio club di tennis mi disse che puoi arrivare fino alle 300 WTA solo giocando “i tornei giusti” ma per salire ancora devi avere davvero qualcosa di speciale.
Io penso che nel tennis tu debba imparare come vincere le patite, e per imparare devi giocare tante partite e l’unico modo per giocare tante partite è vincerle! È una specie di circolo virtuoso. Quindi di sicuro ti vuoi testare contro le giocatrici più forti per provare qualcosa tipo “Ehi, ma qual è davvero differenza tra me e loro? Cosa devo ancora fare?” Ma allo stesso tempo devi avere un ritorno dall’investimento che stai facendo per avere i soldi per viaggiare: vuoi disputare partite e vincere punti. A meno che tu non sia un unicorno e vinca tutte la partite dal tuo primo giorno di professionismo, devi pensare a giocare tornei che ti diano la possibilità di vincere partite e di imparare, in modo tale da migliorare gradatamente.
Alle fine, io voglio solo giocare. E voglio giocare contro buone giocatrici per fare in modo di dare a me stessa le migliori informazioni sui miei punti deboli e su cosa devo migliorare. Dall’altro lato voglio anche salire nel ranking prima possibile (non ho più 16 anni) per arrivare ad un livello dove i montepremi sono migliori e per fare questo ho bisogno di punti.
Il sistema è costruito in modo tale che campi di partecipazione completamente diversi come il giorno e la notte possano dare lo stesso montepremi e gli stessi punti. Quindi devi strategicamente dare a te stessa la migliore possibilità di fare esperienza a questo livello. Quando cerchi di salire nel ranking prendi volentieri tutte le opportunità: una mia amica nel mio primissimo viaggio mi disse “La migliore vittoria è quella per walkover, e poi quella per 6-0 6-0). Il mio primo pensiero fu di completo disaccordo perché per me la migliore vittoria è quando combatti alla morte e riesci a farcela e impari qualcosa! Ma in questo mondo pazzo di punti e montepremi e con tutto ciò che sta intorno ai tornei cosi caro e così poco gratificante a livello economico ai livelli bassi che capisco chi cerca entry list di basso livello. Tanto prima o poi anche loro per arrivare “al piano di sopra” dovranno affrontare e battere giocatrici forti. Ovviamente quando vedi top 100 che giocano tornei da 25.000 dollari, beh quelle si possono definire “avvoltoi”.
Come ti stai preparando al grande cambiamento del circuito ITF? Sei d’accordo con il cambiamento?
Mi piacerebbe poter dire che non mi interessa perché tutto ciò che voglio fare è giocare e non mi interessano le formalità, ma non sarebbe vero. Ho fatto il passo verso il secondo livello dei tornei futures (da 15mila a 25mila dollari) forse più velocemente di quanto sarebbe stato meglio per lo sviluppo del mio gioco. Avrei potuto continuare a sovrapporre i due livelli ma mi sono accorta che dovevo avere dei buoni risultati nei 25mila prima che la stagione finisse: ho avuto tanta pressione addosso negli ultimi 4 mesi, dovevo giocare bene ad alto livello per non perdere il ranking WTA.
Non è improbabile che alcuni giocatori si sentiranno derubati perché abbiamo investito in un livello (15mila) per qualche tempo e poi ci è statodetto che non ne sarebbe valsa la pena. Il ranking è tutto questo, è il risultato di un investimento, voli aerei, cibo, hotel, incordature, senza contare il proprio sforzo ed il costo degli allenamenti.
Onestamente, è difficile prepararsi o avere una strategia: nessuno sa quanti tornei ci saranno da giocare e quali saranno le entry list. Il numero di punti WTA che si possono guadagnare a livello ITF si sta per ridurre drasticamente. Ad oggi, non ci sono abbastanza tornei da 25mila e superiori utili per fare in modo che le giocatrici WTA possano giocare per punti in palio ogni settimana. Tutte sembrano preoccupate.
Comunque, è molto difficile prevedere cosa succederà quindi è impossibile dire se sono d’accordo o meno. È come quando si fa una riforma delle tasse: il governo può dire una cosa e può sembrare tutto giusto e ragionevole ma quando la riforma viene attuata i reali effetti sul portafogli dei cittadini possono essere inaspettati e non desiderati
Capisco la politica di fondo: l’ITF vuole che sia più veloce e più facile la scalata nel ranking per chi è bravoabbastanza, cosi che non abbiamo giocatori fermi per un decennio ad un livello dove semplicemente perdi soldi, vedremo.
Uno dei cambiamenti che spero sia positivo è la contrazione dei tornei nel formato Lunedi-Domenica, cosi da non avere sovrapposizioni e facilitare la programmazione.
Hai viaggiato in Europa, Africa e Asia negli ultimi mesi: che differenza hai trovato a livello di organizzazione e gioco?
Per quanto riguarda le superfici posso dire che in Europa i campi in terra sono tenuto molto meglio che in Africa; in Asia ho giocato su erba artificiale quindi è qualcosa di non paragonabile ad ogni altra superficie.
A livello di vitto e alloggio la situazione cambia da torneo a torneo, ci sono situazioni difficili ma economiche ed altre (come a Santa Margherita di Pula) ottime ma terribilmente care.
Se dovesi stilare una classifica direi che metterei ai primi 3 posti Giappone, Germania e Finlandia mentre all’ultimo l’Egitto.
Ma devi comunque adattarti a tutto. Se la superficie del campo è pessima, è pessima per tutti. Se il cibo è cattivo, è cattivo per tutti: o te lo porti da casa o trovi un’alternativa. Se l’hotel o il campo di allenamento o qualsiasi altra cosa non sono buoni, sta a te trovare un modo per migliorare la situazione.
Sei molto attiva sui social media e sembri davvero una grande appassionata del nostro sport, cosa cambieresti per renderlo più appetibile? Personalmente cambierei la regola del Medical Time Out,vedo troppo spesso giocatori che ne abusano.
Penso di essere una persona piuttosto conservativa e mi inorridiscono cambiamenti come i set a 4 games e robe del genere. L’unico cambiamento che ho apprezzato è stato quando abbiamo smesso di sederci al cambio campo dopo il primo game del set.
Per quanto riguardo la regola sugli MTO, l’ho personalmente vissuta come un abuso svariate volte. È molto fastidiosa ma alla fine tutti lo possono fare quindi diventa una questione di chi la gestisce meglio.
Penso che l’abolizione del let al servizio potrebbe essere positiva: servi e gioca qualunque cosa succeda.
Recentemente si è dibattuto sul coaching e sono assolutamente contraria. Penso che svantaggerebbe chi ha meno risorse e non può permettersi un coach. Inoltre, toglie responsabilità al giocatore: toglie la possibilità di scavare a fondo per riuscire a togliersi dai problemi tattici ed emotivi. Il tennis è uno sport brutale e solitario ma è proprio questo che rende bellissime le partite in cui giocatori riescono a risollevarsi quando sono sotto nel punteggio.
Il Natale sta avvicinando, cosa chiederesti a Babbo Natale per te stessa e per il mondo del tennis per il 2019?
Per me stessa direi una macchina incordatrice e un bravo maestro che mi insegni ad incordare le mie racchette, altrimenti uno sponsor per i completi da gioco: quando ho cominciato a giocare i tornei ITF lo scorso anno ho utilizzato dei completi di quando avevo 16 anni…me ne sto disfacendo lentamente ma davvero gran parte del mio abbigliamento è vecchio quindi nuovi completi sarebbero un bel regalo!
Per il tennis in generale vorrei vedere Ernests Gulbis in TV, negli Slam, e vorrei vedere Denis Shapovalov vincere un titolo e imparare a vincere match, non solo ad essere bellissimo da vedere. Vorrei che Roger Federer e Alexander Zverev andassero in finale in uno Slam, che Serena ne vincesse un altro e che Venus e Kuznetsova non si ritirassero. Mi piacerebbe che tornasse la Agnieszka Radwańskae che Naomi Osaka vincesse un altro Slam.
Per quanto riguardo il circuito ITF desidero che magicamente l’atmosfera e la cordialità che ho trovato sia nello staff che nelle giocatrici durante i tornei in Giappone si manifestassero anche nei tornei europei. Cosi che si potesse stare insieme dopo il match dopo aver combattuto duramente in campo: di sicuro ogni ragazza è una potenziale avversaria ma tutte noi siamo in fondo colleghe e abbiamo bisogno le une delle altre per allenamenti, per dividere le camere e per viaggiare insieme quindi mi auguro che tutte noi possiamo migliorare il nostro stare insieme
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