Prequalificazioni IBI 2017, Stefania Rubini: “Roma è un sogno che voglio vivere senza pressioni”


Stefania Rubini ha 25 anni e finalmente è tornata in buona forma dopo il brutto infortunio al ginocchio destro che nel 2015 ne ha interrotto la veloce scalata nella classifica WTA quando aveva raggiunto il best ranking al numero 467. Ora, sui campi in terra rossa del Club La Meridiana, ha conquistato il pass per le prequali degli Internazionali BNL d’Italia 2017, battendo in finale la piemontese Giulia Gabba. La sua famiglia, composta da tutti sportivi, è stata la prima a credere in lei fin da giovanissima: suo papà Stefano è un ex campione di basket con un ottima conoscenza del tennis, e abbiamo voluto ascoltare anche la sua voce in questa intervista insieme alla protagonista giovane talento tennistico.
Ciò che colpisce particolarmente parlando con Stefano e Stefania Rubini è la determinazione spettacolare della giovane bolognese e la sua simpatia, anche il suo essere a proprio agio nel chiacchierare e la fortissima energia naturale che sprigiona il papà Stefano, vero Deus Ex Machina delle vicende della sua meravigliosa famiglia.
Partiamo da questa qualificazione alle prequali degli Internazionali BNL d’Italia:
Stefania: ”La finale vinta sulla Gabba è stata importante e decisiva è stata sicuramente la semifinale con Deborah Chiesa. Per me è assai importante, prima esperienza a Roma, ovvio che sarebbe bellissimo vincere la Wild Card, ma per me è già tanto correre sulle mie gambe, per cui la vivo serenamente. Voglio stare senza pressioni. La base di tutto è la tranquillità.”
Papà Stefano: ”Sono ovviamente felice di questa qualificazione, e sono favorevole alle prequali perché rendono possibile il sogno per tutti, ed è una grossa opportunità di prendere soldi e punti.”
Come nasce la passione per questo sport?
Papà Stefano: “Il mio primo amore è stato il Basket, sono stato in Nazionale Juniores e insieme a Luigi Serafini sono stato il primo italiano, grazie alla Federazione Pallacanestro nel 1969 a fare uno stage negli Stati Uniti avvicinandomi a quel mitico mondo che è l’NBA: che emozione conoscere cestisti del calibro di Kareem Abdul Jabbar, o di Wilt Chamberlain. Però giocavo anche a tennis, da ragazzino facevo i corsi FIT, e quando ho smesso col Basket mi sono divertito anche a fare l’agonista con la racchetta arrivando ad un livello che oggi potremmo considerare una discreta seconda categoria. Poi ho conosciuto mia moglie durante un soggiorno in Giamaica per motivi di lavoro, ci siamo sposati e abbiamo trasmesso la passione dello sport ai nostri figli. Mia moglie è stata una centometrista di buon livello, secondo la tradizione giamaicana, e i DNA di Stefania e di Leo che è l’altro nostro ragazzo, ne risentono in modo assai positivo, hanno i muscoli tipici dei “neri”. Forza ed elasticità allo stesso momento. Ho sempre pensato, fin da subito che Stefania potesse diventare una campionessa.”
Stefania: “Io in realtà vivevo il tennis come un gioco nei primi tempi; quando ero una bimba non pensavo a tornei internazionali e non avevo idea di cosa fosse il professionismo. Pensavo a divertirmi e basta come tutti i bambini. Poi man mano ci siamo prefissati come obiettivo quello di migliorarmi continuamente, con target a lungo termine. Da ragazzina odiavo le ‘rematrici’, alcune partite che potevo vincere le ho perse per fretta o disattenzione. Mi sono servite anche quelle, eh.”
Poi però i primi risultati…
Papà Stefano: “Se vuoi creare le premesse per un campione devi cominciare presto. Fin da subito allenamenti mirati, certamente adatti ad un ragazzino, ma studiati e continui. Può confermarlo lei stessa, le dissi che sarebbe diventata una tennista professionista con il fisico che già prometteva di avere. Ti racconto questo episodio di quando Stefania aveva 5 anni: mi chiama l’insegnate di ginnastica e mi dice di non aver mai visto in tanti anni di carriera una bimba così piccola arrampicarsi alla corda e alla pertica senza l’uso delle gambe… Se vuoi costruire una tennista devi avere le idee chiare e così a 7 anni Stefania ha tirato la sua prima pallina, con me, poi ha fatto 6 mesi di SAT. Da lì lezioni private 2 ore al giorno, iniziando con Paolo Lubiani, il papà di Francesca e grande Maestro, poi passando attraverso Camporese per 3 anni il quale gli chiedeva di forzare con coraggio e questo atteggiamento l’aiuta tuttora ad avere un tennis moderno e aggressivo. Intorno ai 16 anni poi Stefania si è fatta qualche mese a Roma, anche con Claudio Panatta a Mostacciano nel circolo dell’All Around. Le presi un appartamento che condivideva con la Grymalska. Faceva parte della crescita anche per fortificarne lo spirito.”
Stefania: “In effetti se avessi alzato i pallonetti come facevano alcune mie coetanee avrei anche vinto di più da ragazzina e riconosco a Camporese e ai miei Maestri di allora di avermi forgiata bene. Quando ero più piccolina da una parte volevo vincere, però a volte perdevo la pazienza. Della mia permanenza a Roma durata 2 o 3 mesi di cui parlava papà ricordo oltre al tennis le telefonate a casa, chiamavo mia mamma mille volte al giorno; se mio papà è stato il mio mentore per il tennis devo dire che mia mamma dal canto suo mi ha sempre sostenuto ed è tuttora una risorsa importante sul piano anche psicologico. Mamma è più dolce e fa spesso da ammortizzatore tra me e papà che siamo entrambi impulsivi.”
Da Junior Stefania non ha fatto molta attività, però ha un bello scalpo con la vittoria contro la francese Caroline Garcia, sbaglio?
Papà Stefano: “Abbiamo preferito fare poca attività da Junior, che secondo me serve a poco. Giusto il minimo indispensabile per fare esperienza poi sotto col circuito Pro. E’ a questo livello che devi confrontarti. Primi tornei ad Antalya in Turchia, è stata dura però era importante fare la gavetta tra i PRO. Io l’ho cominciata a seguire fin dai primi tornei, per due motivi. Il primo è perché il giocatore, a maggior ragione tuo figlio, va valutato quando è sotto pressione, in tornei che contano e non solo in allenamento. Secondo motivo perché al di là del costo economico che non è un dettaglio, non è così semplice trovare chi abbia voglia di seguire le ragazze nei tornei. In una occasione in cui andò da sola a Rabat, in Marocco, le consigliai di prendere i bus locali e non il taxi anche per farle conoscere meglio la vita in alcuni paesi.”
Quali sono le caratteristiche tecniche di Stefania Rubini?
Papà Stefano: “E’ una attaccante vera, non indietreggia nemmeno di un centimetro, scende volentieri a rete, in ogni partita conquista a rete almeno una decina di punti, non è così frequente tra le femmine. In moltissimi casi lei colpisce di controbalzo, proprio perché non indietreggia mai. E sai quale è stato il segreto? Un tipo di allenamento particolare per cui quando era più piccola noi accorciavamo il campo con un nastro come quello che si usa nei cantieri, così più indietro non poteva andare. Nell’ultimo incontro con la Deborah Chiesa che gioca lungo, Stefania colpiva sempre in controbalzo per non perdere campo.”
Stefania:” Direi che mi sento una giocatrice che ama un tennis frizzante, mi piace spingere, venire avanti. Serve and volley solo se sento di avere il match in mano però.”
Il tennis femminile del futuro come sarà?
Papà Stefano: “La velocità e la pesantezza di palla andranno ad aumentare ancora, non ci sarà più spazio a livello Pro per chi non spinge al massimo. Come ti dicevo prima, fu bravo Camporese intorno ai 10 anni a convincere Stefania a spingere, a tirare forte, anche quando io stesso mi chiedevo se fosse la scelta giusta, perché la vedevo perdere con ragazzine che alzavano i pallonetti. Si andrà verso una ulteriore potenza e chi sta dietro la riga di fondo non avrà chance.”
Stefania: “Penso anche io che la potenza sarà importante, e l’aspetto mentale diventerà sempre più decisivo.”
Diciamo qualcosa sui fondamentali di Stefania?
Papà Stefano: ”Se mi permetti ti do dei voti. Diritto da 1 a 10 direi…11. Il servizio 8.5, deve migliorare la potenza, deve spingere ancora sulle gambe, la velocità deve migliorare di un 15% per arrivare ad un 190 km all’ora. Rovescio 7.5, deve migliorare ancora, facendo back solo di difesa per colpire in top quasi con la stessa potenza del diritto.”
Stefania: ”Il diritto è sempre stato il colpo che ho sentito di più, in questo papà ha ragione ma è troppo buono. Il rovescio lo stiamo implementando e sto trovando più sicurezza in tal senso. Dopo l’infortunio dello scorso anno stiamo lavorando anche sul servizio, cercando soluzioni nuove: in questo momento servo con i piedi fermi, mentre prima trascinavo il piede destro in avvicinamento. Direi servizio work in progress. A rete me la cavicchio, mi piace cercare la rete.”
Dove ti alleni adesso?
Stefania: “Gioco per il TC Bologna però mi alleno alla Virtus con Ugo Brissa e Lele Spisani, per la preparazione atletica mi alleno con Salvatore Buzzelli, e trovo dei grandi benefici in ogni senso. Durante la preparazione uso il ‘sensobuzz’, uno strumento inventato e sviluppato da Buzzelli stesso che permette di lavorare a 360 gradi e poi ho da poco acquistato il ‘Polifemo’, un altro dispositivo elettronico che è molto utile per attivarsi anche prima delle partite e grazie all’alternarsi di colori e suoni consente di fare molti lavori atletici.”
Stefano, il ruolo del padre è già pieno d’insidie di suo, poi padre di una tennista non ne parliamo, c’è qualcosa che non rifaresti nelle scelte riguardanti Stefania?
Papà Stefano: “Ho azzeccato in pieno la gestione: cioè dimenticati di tirar fuori una giocatrice vera se non programmi tutto bene e tu per primo come genitore non ti dedichi al 100%. Dai 10 anni fino ai 17 anni devi dare come genitore una disponibilità totale, sia in termini di tempo che di denaro. Noi giravamo tutti i tornei ogni settimana e bisognava accompagnarla. Un giorno a Modena, un altro a Parma, Ancona, Forlì, e via discorrendo. Anche se cerchi i tornei più vicini devi comunque seguirla, organizzando le tue giornate in funzione del tennis della ragazza. Capitava che prendessi un appuntamento di lavoro a Brescia alle 8, uscendo di casa alle 5 della mattina, per fare in tempo a portarla ad un torneo nel primo pomeriggio. Io e mia moglie abbiam fatto una vita allucinante, ma non sarebbe stato possibile altrimenti. Dagli under 10 in poi per altro devono fare più competizioni possibili. Per fortuna l’altro figlio ha fatto il calciatore e quindi i sacrifici vanno visti in maniera differente. Poi la crescita della professionista comincia appunto a 10 anni, e quindi il genitore che abbia la forte volontà che la ragazza ‘arrivi’ deve essere pronto anche sul piano psicologico, perché deve incoraggiare, spronare, e ha bisogno di molte motivazioni. Quando era piccola la facevo allenare un paio di ore al giorno, poi salendo di età abbiamo aggiunto anche la preparazione atletica specifica la mattina. Come errori non so, a volte Stefania mi dice che da ragazzina sono stato troppo duro con lei, e probabilmente ha anche ragione, ma era inevitabile per costruire una professionista. Tieni presente che il mio carattere mi induce a lavorare duro e mi ricordavo anche di quanto e come mi allenassi io quando avevo deciso di giocare a basket ad un certo livello. Comunque i risultati sono buoni, Stefania è molto determinata e quindi sono felice. Tornando indietro forse proverei ad essere un filo più morbido, solo nella fase iniziale però, quando era piccolina. Se devo fare un mea culpa lo faccio per un paio di episodi in cui ho avuto gesti impulsivi esagerati: tipo ad una finale in cui secondo me non aveva dato il meglio gettai a terra la borsa di Stefania, aveva circa 13 anni, lei se lo ricorda ancora oggi per la valenza simbolica del gesto e per quello che poteva significare. Sono stato anche fortunato che non abbia smesso come capita a tante ragazze anche brave.”
Su cosa state lavorando precisamente con lo staff tecnico e quali sono gli obiettivi?
Papà Stefano: ”Ora si deve curare il dettaglio, della serie devi tirare 5 cm più a sinistra, è un continuo miglioramento, noi non ci fermiamo mai di perfezionare. Federer, Serena, tutti i più grandi campioni si migliorano continuamente.”
Stefania: “Come ti dicevo non si smette mai di lavorare sui dettagli tecnici, ora però se ti devo dire qualcos’altro di specifico direi che vorrei diventare sempre più focalizzata sugli obiettivi, sia in performance, sia in training. Il concetto di ‘attenzione’ o se vuoi ‘concentrazione’ a questi livelli diventa qualcosa di fondamentale. Obiettivi numerici di ranking… direi già tornare sui livelli del best entro la fine della stagione non sarebbe male…”
Mi fai un paio di nomi interessanti tra le più giovani?
Stefano: “Poche possibilità per le atlete basse, una ragazza deve essere alta almeno 175 cm, saper giocare sulle superfici veloci, ed essere completa tecnicamente. Una ragazza su cui punterei potrebbe essere la Samsonova, è alta 1.80m circa, è impostata correttamente, muscolarmente sta piazzata bene, ha già un bel servizio. Non basta più la sola visione di gioco, la sola intelligenza tennistica, senza una base atletica eccezionale non si va da nessuna parte. Tra le straniere ad esempio la Marta Paigina è una da tenere d’occhio: è alta 184 cm, ha un servizio potentissimo, vero che non si muove benissimo, però con schema servizio-diritto già puoi ottenere grandi risultati. Anche per i maschi, anzi ancor di più, la potenza è conditio sine qua non.”
Stefania: “D’accordo con papà, Paigina, Samsonova sono ragazze molto in gamba, che crescono bene. Anche Martina Caregaro, tra le nostre.”
Stefania, l’amicizia tra le colleghe può esistere?
“Io ho diverse amiche nel circuito, non ho mai avuto particolari problemi. Negli slam o nei tornei WTA in genere ci sia più indifferenza tra le ragazze che tendono a rimanere più in solitudine o con il loro staff. A livello di 15mila o 25mila non si osserva invece questa tendenza, si formano gruppetti di ragazze che familiarizzano e passano insieme del tempo, a volte per affinità caratteriale a volte per stessa provenienza geografica.”
Stefano, ci hai mai pensato di seguire qualche altra ragazza oltre a Stefania, vista la grande esperienza accumulata sul campo?
Papà Stefano: ”Ci ho pensato spesso. Innanzitutto in effetti allenerei solo una femmina e ti spiego perché: è assai più facile trovare uno sparring. Se trovi un buon 2.4 maschio già hai un livello e un ritmo ottimi per una ragazza. Mentre è più complicato se devi allenare un maschietto, ho visto ad esempio Patracchini che faticava ogni volta a trovare qualcuno del suo livello. Lo sparring è fondamentale. Non sono un tecnico, ma guarda che i maghi non esistono. Dovendo semplificare, una volta che hai automatizzato i movimenti, che sperimenti quella ventina di situazioni e la relativa posizione del corpo e delle gambe, hai fatto già tanto sul piano tecnico. Poi la differenza la fa l’aspetto motivazionale, in altre parole non è impossibile anche per uno che non è un coach esperto trovare allenamenti e copiarli, basta andare su internet. Riuscire a motivare l’atleta è un altro paio di maniche e lì si fa la grande differenza, aggiungendo la cura del dettaglio ed una preparazione fisica clamorosa. La fase più delicata ad un certo livello è la cura dell’attenzione e la curerei seguendo il top al mondo da questo punto di vista che è il nostro preparatore Salvatore Buzzelli con il suo metodo. Altra momento fondamentale avendo una ragazza di 12 o 13 anni da tirar su sarebbe mettersi seduti coi genitori, e torniamo al discorso di prima, devono essere loro i primi a crederci e far sacrifici.”
L’infortunio al ginocchio è roba passata? E come credi di aver reagito a questa sfortuna?
Stefania: “Posso dirti che quando la diagnosi è stata chiara e il chirurgo mi ha detto che dovevo operarmi mi sono messa a piangere. E’ stato un momento davvero difficile. Mi ero resa conto già in Marocco dove mi ero infortunata in finale contro la Cuk a novembre 2015 che poteva non essere una cosa lieve perché il dolore era forte, però speravo di cavarmela in un paio di mesi. In quei momenti temi che tutti i sacrifici siano stati inutili, insomma ti passa sotto gli occhi tutta la tua vita fino a quel momento. Ero demoralizzata, mi vedevo tutto sfumare, avevo già 23 anni ed ero al mio best ranking, tanti programmi… alla fine sono stata fuori 8 mesi perché poi c’è stato un contrattempo in sala operatoria. Da che dovevo operarmi solo di crociato, è venuto fuori che avevo un problema alla cartilagine, per cui i tempi si sono allungati. Per i primi 2 mesi non ho potuto appoggiare la gamba destra. La massa muscolare l’ho persa quasi subito, e quindi ho visto la mia gamba destra deformarsi, a fine febbraio 2016 però ringraziavo il cielo di camminare senza stampelle. Ora non sono ancora al 100% ma miglioro fisicamente ogni giorno di più. Ho sempre meno dolori ma tutto l’anno scorso è stato durissimo. Devo gestire comunque i carichi di lavoro e ad esempio cerco di fare pochi doppi ai tornei proprio per non forzare troppo.”
C’è qualche aneddoto particolare in occasione di qualche torneo?
Stefania: “Su tutti l’esperienza in Algeria, con posti di blocco per arrivare al circolo, guardie armate dappertutto, ero con mio papà e l’allenatore, quindi ero anche tranquilla ma è stata una esperienza quantomeno bizzarra. Capitano queste situazioni quando vai a giocare in determinati contesti.”
Come gestisci i 25 secondi tra un punto e l’altro?
Stefania: “Non ho routine particolari, respirazione, e mi concentro sul punto successivo.”

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