Prequalificazioni IBI 2017, Gaia Sanesi: “Io, tennista giramondo”


Continua la serie di interviste alle tenniste che si sono aggiudicate la possibilità di disputare le prequalificazioni agli Internazionali BNL d’Italia. Oggi, in esclusiva per SpazioTennis, abbiamo intervistato Gaia Sanesi, tennista toscana di venticinque anni, che è entrata nella top 300 WTA a metà 2014, ha vinto due titoli ITF in singolare e sei in doppio e poi, dopo una malattia debilitante, ha avuto la forza di rientrare nel circuito ricominciando da zero e, piano piano, stanno arrivando le soddisfazioni che ha tanto atteso.
Gaia si è qualificata per le prequalificazioni degli Internazionali BNL d’Italia vincendo il torneo Open organizzato dal Quanta Sport Village di Milano, terminato il 25 aprile scorso, superando negli ottavi di finale Federica Prati con un duplice 6-4, nei quarti di finale la giovanissima Lisa Pigato con il punteggio di 6-1 6-0, in semifinale Martina Colmegna con un duplice 6-1 e in finale Federica Arcidiacono con il punteggio di 6-7 6-1 7-6.
Incontriamo Gaia per commentare la sua qualificazione alle prequali degli Internazionali BNL d’Italia, per farci raccontare la sua storia di tennista giramondo e per scoprire i suoi progetti per il futuro.
Gaia, iniziamo col raccontare il torneo che ti ha portato alla conquista delle prequali. Eri solo la testa di serie numero 7, ma sei arrivata alla vittoria finale, una bella soddisfazione…
“E’ stato un torneo molto duro, perché ho sempre incontrato ragazze lombarde, che avevano sempre tanto tifo dalla loro parte. Tecnicamente ho incontrato tenniste molto preparate e ho dovuto dare il meglio di me stessa per vincere. Anche le prime partite sono state equilibrate al di là dei punteggi netti e la finale è stata molto combattute e sono riuscita a vincerla con soddisfazione.”
Sarà la tua prima esperienza agli Internazionali d’Italia, cosa ti aspetti?
“Io non avevo mai, prima di quest’anno, nemmeno tentato la strada dei tornei open per qualificarmi, ero al primo tentativo e sono riuscita ad entrare. Non sono mai stata agli Internazionali d’Italia nemmeno da spettatrice, tranne in una occasione ma ero ancora bambina e quindi ricordo poco. Mi aspetto tante emozioni, perché sono consapevole che andrò a giocare in un palcoscenico tra i più prestigiosi non solo d’Italia ma di tutto il mondo.”
Sarà dura, però immagino che vorrai provare ad arrivare in fondo a prenderti la “vera” qualificazione.
“Certamente. In tutti i tornei a cui sono iscritta spero sempre di arrivare fino in fondo. La storia del tennis e di tutti gli sport in generale ha raccontato tanti esempi di vittorie contro pronostico, per cui credo sia giusto sperarci sempre fino in fondo. Poi è chiaro che sarà durissima perché ci saranno tante ragazze molto forti e agguerrite.”
Ripercorriamo la tua carriera. Sei entrata nelle top 300 e quando sembravi sul punto di fare il definitivo passo per arrivare ai tornei WTA, raccontaci cosa è successo…
“Purtroppo sono stata colpita dalla mononucleosi, una malattia subdola che debilita in modo pesantissimo. Il problema è che anche quando mi sembrava di essere guarita, perché gli esami di laboratorio dicevano che ero guarita, in realtà non riuscivo ancora a stare in piedi per alcune ore consecutive. Lo scorso anno, per esempio, sembrava tutto a posto, sono andata a giocare alcuni tornei in Romania, ma facevo una fatica bestiale in ogni partita, alla fine proprio crollavo e dovevo coricarmi perché non riuscivo a fare altro. Tanti tennisti ne sono stati colpiti e davvero spariscono le forze all’improvviso e non si riesce a trovare una cura che possa rimetterci in sesto in tempi ragionevoli. Le cure esistenti sono molto lunghe e c’è sempre il pericolo di recidiva. Poi anche la preparazione fisica viene interrotta, quindi si fa mille volte più fatica a riprendere il ritmo di allenamento.”
Immagino che ci sia voluta una gran forza di volontà per non mollare tutto.
“Lo scorso anno, dopo i tornei in Romania in cui non riuscivo a reggermi in piedi, anche se apparentemente ero guarita, avevo deciso di smettere con il tennis, ero disperata. Sono stata due mesi ferma. Poi avevo un contratto per disputare la serie A1 che volevo comunque onorare e quindi ho deciso di riprovarci. Ho trovato il circolo Bonacossa a Milano che mi ha ospitato con grande entusiasmo, mi hanno convinta a riprendere gli allenamenti e piano piano mi è anche tornata la voglia di rimettermi in gioco. Ora sto bene, sto molto attenta alla preparazione fisica, ma, per fortuna, non ho più avuto recidive della malattia.”
Ti sei posta un obiettivo di risultati o di classifica per i prossimi mesi?
“Intanto spero di poter giocare con continuità, di stare bene fisicamente e poi i risultati arriveranno. Se vogliamo dare un numero, spero di rientrare nelle prime 500 del ranking WTA per fine anno.”
Parliamo del tuo gioco. Descriviti tecnicamente per i lettori che non ti hanno mai vista giocare.
“Io sono una classica mancina. I punti di forza sono il servizio e il dritto. Devo migliorare gli spostamenti e naturalmente dal punto di vista mentale c’è sempre da lavorare per riuscire a rendere al meglio nei punti importanti.”
Iniziamo a raccontare la tua storia di tennista giramondo. Hai preso la decisione di lasciare l’Italia da piccolissima…
“Io ho vinto i campionati toscani under 12, ma non sono stata convocata per gli assoluti e da quel momento abbiamo capito che in Italia si puntava su altre ragazze e infatti non ho mai ricevuto un solo centesimo di aiuto dalla federazione, quindi, per continuare ad alimentare il sogno di diventare una tennista professionista ho deciso di trasferirmi subito all’estero, anche se i miei genitori non erano d’accordo, almeno all’inizio.”
Prima tappa importante, l’accademia di Bollettieri in Florida…
“Sì, avevo solo tredici anni, ma mi ero messa in testa di andare da Nick Bollettieri in Florida. I miei genitori non volevano, ma li ho convinti ad andare assieme a vedere e si sono persuasi anche loro che la struttura era sicura, era garantito lo studio, era una specie di città tutta racchiusa nel Campus, dove si viveva, si studiava e si imparava a giocare a tennis. Hanno deciso di lasciarmi provare per un semestre e invece sono rimasta sette anni. E’ stata dura perché tornavo a casa due volte l’anno, vedevo i miei genitori quattro volte l’anno perché un paio di volte venivano loro a trovarmi, è chiaro che c’erano momenti di sconforto, ma è stata un’esperienza straordinaria di crescita sia umana che tennistica che rifarei mille volte e che consiglierei a tutte le ragazze.”
Poi c’è stata la Spagna, Barcellona in particolare…
“A venti anni ho deciso di riavvicinarmi alla mia famiglia, alle mie zone di origine e ho anche valutato la possibilità di fermarmi stabilmente in Italia, però, con la mia famiglia abbiamo deciso di provare un’altra esperienza all’estero. In Florida avevo conosciuto un ex giocatore, Julian Alonso, a cui piacevo molto come tennista e mi aveva già proposto di seguirlo in Spagna per lavorare assieme al suo team. Ho deciso di accettare la proposta e mi sono trasferita a Barcellona, dove sono rimasta per quattro anni.”
Molte tenniste italiane, anche importanti, si sono trasferite in Spagna ad allenarsi negli ultimi anni. Cosa ha la Spagna che non noi non abbiamo?
“Dal punto di vista tecnico credo che mediamente i maestri italiani siano più bravi e più preparati di quelli spagnoli. La grande differenza la fa l’organizzazione complessiva che in Spagna è molto più precisa e strutturata. C’è una cultura diversa dal punto di vista sportivo. In Spagna lo sportivo è seguito a 360 gradi in tutte le componenti, tecniche, fisiche, culturali, ambientali. In Italia questo non succede. Ti insegnano la tecnica, ma se non stai bene devi cercarti da sola il medico adatto. I nutrizionisti ora ci sono anche in Italia, ma in Spagna interagiscono ogni giorno con i preparatori atletici e con i medici per adattare le esigenze caso per caso. E’ proprio una questione di mentalità diversa. Fra l’altro qua in Italia ogni sport va avanti per conto suo, in Spagna nella struttura in cui ero a Barcellona, la parte medico-sportiva seguiva contemporaneamente noi tenniste, ma anche i giocatori del Barcellona calcio, quelli del basket e così via. Per ogni problema c’era presente il professionista in grado di valutarlo. Ora sto cercando di seguire una supplementazione alimentare, ma qua in Italia sto facendo fatica a trovare professionisti in gamba che mi seguano, in Spagna era la norma per tutti gli sportivi farlo.”
Avendo vissuto così tanti anni all’estero, ti capita di far fatica con la lingua italiana oppure di pensare in inglese o spagnolo?
“Sì devo essere sincera, a volte non trovo la parola italiana corretta e qualche volta faccio un po’ fatica a trovare la struttura sintattica corretta in italiano, poi quando sono all’estero ormai penso direttamente nella lingua locale, però ormai penso di stabilirmi definitivamente in Italia, quindi piano piano anche l’accento tornerà italiano a tutti gli effetti.”

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