Lisa Sabino stacca per la quarta volta in quattro anni il biglietto per le Prequalificazioni degli internazionali BNL d’Italia e ci ha rilasciato una intervista in esclusiva per SpazioTennis. Lisa nasce 30 anni fa, nella Svizzera italiana, precisamente a Mendrisio, e nel corso della sua carriera tennistica ha vinto 14 titoli a livello ITF in singolare e ben 28 in doppio, con molte partner diverse. E’ professionista da 12 anni, con un best ranking piazzato al numero 315 WTA in singolare e 292 in doppio. Probabilmente sottovalutata sia in Svizzera che in Italia, Lisa resta un punto di riferimento per chi segue il tennis, sia per il suo gioco splendido sul piano tecnico, sia per la passione smisurata per il tennis e lo sport in generale. Pronta ed in gran forma l’abbiamo incontrata per ascoltare le sue considerazioni sul più importante torneo Italiano e ne abbiamo approfittato per ripercorrere le tappe della sua carriera e della sua vita con le riflessioni sul futuro.
Lisa, a Cagliari hai staccato il biglietto per le prequali per la quarta volta, ci racconti come è andato il torneo sardo?
“A fine marzo ho partecipato al torneo Open BNL 2017 al TC Cagliari; al primo turno ho giocato con una ragazza cagliaritana Francesca Piu (2.7) con la quale ho fatto un po’ di fatica, ero contratta, ho prevalso solo al terzo set. Poi grande sfida in semifinale con Federica Di Sarra che, anche se fa poca attività internazionale, è sempre in gran condizione, possiede un gioco complicato da affrontare ed è talentuosa. Questa partita vinta in 2 set con Di Sarra mi ha dato molta fiducia per affrontare Anna Floris in finale dove ho vinto al terzo set. Anna Floris la conosciamo, è stata numero 129 del mondo, gioca in casa perché fa la coppa a squadre proprio a Cagliari: è mancina, ti toglie il tempo, tira forte, si appoggia anche bene ai tuoi colpi, sono contenta di come ho giocato. C’era anche un bell’ambiente al circolo cagliaritano, un gran tifo, spettatori appassionati e competenti, insomma una bella esperienza.”
Le tue esperienze a Roma negli anni passati? E ti piace il format delle prequali?
“Giocare al Foro ha sempre un fascino particolare, è un traguardo che tutti i tennisti vorrebbero raggiungere. Questa è la mia quarta qualificazione, nel 2015 poi mi sono anche qualificata per il tabellone di quali, dove ho giocato con la Dulgheru (ex numero 26 WTA n.d.r.) perdendo in 2 set. C’è da dire che dare la possibilità a tantissimi tennisti di provare la partecipazione al più importante torneo italiano è una idea interessante, e qualcuno come me è anche riuscito a sfruttarla. Il rovescio della medaglia è che in effetti dopo tante partite si arriva un po’ stanchi, sia fisicamente che mentalmente e può capitare di essere scarichi come successe a me 2 anni fa con la romena Dulgheru.”
Che cosa è il tennis per te? E come sono stati i tuoi inizi?
“Ho iniziato da piccolina perché vedevo mio papà giocare ad un circolo ed ho iniziato a palleggiare con lui. In realtà fino a 16 anni io giocavo 3 volte a settimana, ero lontanissima dallo standard attuale che in alcuni casi prevede che la ragazza faccia una scuola per corrispondenza e si alleni diverse ore al giorno. In Svizzera si andava a scuola fino alle 17 tutti i giorni, figurati. E dagli undici anni comunque ho cominciato ad allenarmi in Italia, precisamente a Como, perché a Lugano nel circolo dove sono “nata” non c’erano ragazzini del mio livello. Il mio primo Maestro è stato Giacomo Paleni, che mi ha fatto crescere e con cui ho mosso i primi passi nel circuito Juniores ed anche nel circuito Pro, ci siamo lasciati professionalmente dopo 12 anni di collaborazione, quando io avevo circa 22 anni. Con Paleni siamo cresciuti insieme per molti anni, io ero una bambina che è diventata donna, lui anche è maturato come Coach, e poi le strade si sono divise.”
Da Junior numero 71 del mondo, poi è stato complicato ripetere la stessa classifica da pro, perché?
“Premetto che sono arrivata 71 del mondo Junior pur facendo il Liceo linguistico a Como. Ci eravamo dati un obiettivo con Coach Paleni di arrivare a disputare almeno uno slam nell’ultimo anno a livello Juniores, e quindi facemmo una precisa programmazione in tal senso: infatti partecipammo a tanti tornei anche fuori dall’Italia in posti improbabili come Kenia ad esempio, e dieci anni fa non era una cosa comune come invece è adesso. Ora è normale girare Europa e mondo anche da Junior. Io in realtà vivevo tutto questo in maniera più distaccata, ero 71 del mondo ma pensavo solo a giocare e divertirmi, a seguire la passione che avevo dentro per questo sport. In quel momento non mi sono resa conto di quel che stava succedendo, non ho guadagnato consapevolezza di me. In quell’anno comunque ho giocato le quali al Roland Garros di categoria ed è stata una grande soddisfazione. Poi per vari motivi non ho partecipato, purtroppo, agli altri Slam. Più tardi nel corso della carriera da Pro, facevo passi da formichina ma costanti, ogni anno guadagnavo un 150 posizioni, fino al best ranking del 2008 dove ho raggiunto la posizione 315 della classifica WTA; ad inizio 2009 ho subito un infortunio al ginocchio sinistro con annessa operazione che mi ha bloccato per 8 mesi perché il decorso post-operatorio non andava bene. Da lì ho dovuto riprendere gradualmente con vari problemi perché caricavo molto sulla gamba destra e quindi ho finito per infortunarmi ancora proprio all’arto inferiore destro. E poi ogni volta ho avuto qualche difficoltà nuova da affrontare, il che da una parte mi ha frenata nella rincorsa alla classifica, dall’altra però non ha mai minato la mia passione. Ho sempre dato il massimo.”
Lisa si interrompe un attimo e ci racconta di quando era piccolina illuminandoci sulla sua passione per il tennis: “Capitava che andassi con mio papà al tennis club Campo Marzio, al centro di Lugano, un circolo piccolo con soli due campi, ed io passavo ore ad immaginarmi partite pazzesche di fantomatici Slam palleggiando contro il muro…avevo una voglia matta di giocare a tennis.”
Che giocatrice è Lisa Sabino? Come ti descriveresti sul piano tecnico?
“Penso di saper giocare tutti i colpi, di essere una giocatrice abbastanza completa, non disdegno il cambio di ritmo, attaccare, e costruirmi delle giocate a sorpresa. Sto provando ad implementare degli schemi precisi. Da ragazzina il rovescio mi appariva come il mio colpo preferito, ma lavorandoci ho implementato molto anche il diritto giocandolo anche a sventaglio con profitto.”
Nella tua carriera finora hai affrontato molte giocatrici che sarebbero diventate top 100 (soglia psicologica di chi si ritiene abbia “sfondato”) come, Lisicki, Minella, Flipkens, Sakkari, Sasnovich, Voracova, Danilidou (insieme alla quale hai vinto anche in doppio), Koehler; hai la consapevolezza di giocare alla pari di ragazze che sono entrate nella fatidica classifica top 100?
“Se mi alleno con intensità e continuo a giocare a quasi 31 anni è perché ci credo proprio, e ci credo tanto. Chi forse non ci credeva molto era l’ambiente tennistico che tendeva a dire che se non uscivi a 20/21 anni eri praticamente finita. E’ relativamente poco tempo che ci si è resi conto del fatto che i migliori risultati per un’atleta si possono avere anche dopo i 30 anni, come dimostrano i best ranking di molti campioni e campionesse. E quindi c’era molta pressione su noi ragazzine agli inizi delle nostre carriere. E’ fondamentale capire questo da parte di tutti i soggetti che contribuiscono alla crescita di un ragazzo: porre degli obiettivi troppo alti ad un giovane potrebbe equivalere a bruciarlo o comunque a bloccarne la crescita. La mia esperienza ad esempio mi suggerirebbe di far terminare il liceo ad un ragazzo prima di fargli fare full time di tennis e tornei in giro per il mondo. Da ragazzina io un po’ di pressione l’ho patita.”
Già da molti anni navighi intorno alla 400esima posizione WTA, e il 2016 è stata una stagione molto positiva con vittorie in Tunisia e Spagna (tra l’altro su 2 superfici differenti se non erro) e molti turni superati: è una nuova primavera?
“Mi sento molto migliorata sia a livello tecnico, sia atletico, e la scorsa stagione è stata un po’ particolare, ho perso diverse partite con match point a disposizione, che mi hanno fatto un po’ perdere fiducia con parecchia amarezza. E poi sono arrivata a fine ottobre un po’ svuotata a livello psicofisico. Così ho pensato di aggiungere al mio staff una mental coach, Libera Del Lungo, con la quale stiamo lavorando molto bene.”
Come lavori con Libera Del Lungo?
“Stiamo lavorando molto sulle mie impressioni, sui momenti e su come gestirli; del resto io ho girato molto spesso il circuito da sola, quindi so gestire di mio benino le emozioni e gli stati d’animo, o quantomeno ne conosco gli effetti, e la competenza di Libera mi sta aiutando in tal senso. Mi accorgo dei momenti di caduta di energia, e di quelli invece in cui lo stato d’animo mi viene in soccorso.”
Il 2017 è cominciato a Bergamo, quale è la tua programmazione per quest’anno?
“Sì, Bergamo, dove ho fatto secondo turno, è stato un torneo prova, che ha coinciso col cambio di allenatore, ora è Sergio Di Francesco, e con questa aggiunta della dottoressa Del Lungo, sono contenta delle sensazioni. Gioco la A2 e poi vado a fare le quali a Chiasso in un 25mila dollari. Per questa stagione cercherò di giocare un filo meno, cercando di arrivare molto in palla ad un torneo, focalizzandomi sullo stato di forma. Più qualità e meno quantità per usare uno slogan. Meglio fare un torneo in cui stai al top e vai avanti parecchio che fare 3 secondi turni con spreco di energie psicofisiche ed economiche. Anche la classifica, soprattutto se parliamo di 10mila dollari e 25mila dollari, si deve costruire in tal senso, almeno per le mie caratteristiche.”
Veniamo ad un discorso più tecnico: su quale fondamentale hai maggiormente lavorato e migliorato nel corso degli anni, e invece quale è stato più complicato da implementare e perché?
“Ti dirò che in realtà il fondamentale in cui ho fatto più fatica è stato il servizio, ho cambiato diverse volte sia il movimento degli arti superiori che quello degli arti inferiori, ad esempio adesso son tornata ad unire i piedi. Poi ho provato anche a cambiare l’impugnatura, portandola verso una continental (impugnatura a martello), al fine di favorire la pronazione del polso. Ora servo meglio, ed è finalmente un colpo che sento più mio. Sai, poi mi sentivo dire ‘sei così alta, come servi male’, e quindi è stata anche una piccola rivincita. Per quanto riguarda il rovescio alterno il back a quello bimane, e devo stare attenta a non perdere le distanze. Del diritto ti ho detto, ora lo sento molto di più, e al volo me la cavo benone.”
Tatticamente si dice che tu sia molto lucida in campo, è così?
“In genere capisco ciò che devo fare contro l’avversaria, ne percepisco ben presto i limiti ed i punti di forza, è una mia dote naturale. Ovviamente le contromisure non sono sempre attuabili, però le idee corrette mi vengono. Sto comunque lavorando parecchio sulla tattica, proprio per attuare in maniera più fluida ed automatica degli schemi di attacco, non voglio restare ancorata a fondo campo a remare, non è nelle mie corde e bisogna saper attaccare e chiudere il punto presto quando se ne ha la possibilità. E per questo alcuni schemi sono assai utili. Ho fatto tanti tornei senza nessuno al seguito, quindi ho anche sviluppato bene l’attitudine a capire cosa devo fare e quando, il riuscirci sempre è un altro paio di maniche.”
Al contrario in alcuni forum internazionali ho letto che fin dalle tue prime apparizioni si parlava di un limite negli spostamenti, che veniva considerato quel che ti mancava per avvicinare le top player è così? E hai colmato quel gap?
“Sicuramente tra i miei limiti c’è una carenza di velocità naturale, insita nelle mie caratteristiche, però proprio non aver fatto una preparazione atletica specifica fino ai 16 anni ha influito negativamente. Ti dicevo che mi allenavo solo 3 volte alla settimana, non c’è stata alcuna propedeutica alla P.A. tennistica. Poi i problemi alle ginocchia non hanno certo migliorato le cose. Però ti dico che adesso da quando lavoro con Daniele Pinto, cioè da circa un paio di anni, sono migliorata tantissimo. Ho conosciuto Daniele per curare un problema alla spalla che mi trascinavo, e grazie a lui ho risolto in pochissimo tempo: il suo metodo si basa sugli studi della neurologia funzionale, è uno dei più importanti esperti italiani di crossfit e mi sento davvero bene sul piano atletico, credo di non essere mai stata più in forma. Lavoriamo molto senza scarpe, facciamo allenamenti per la vista, per l’attenzione, utilizziamo anche il metronomo in tantissimi esercizi vari e utili. Poca noia, tanto impegno e parecchia soddisfazione. Per questo ti dico che mi sento davvero bene.”
Con quale racchetta e corde giochi?
“Uso una Head Speed del 2013, customizzata, del peso di 340 gr e come corda uso budello e monofilamento Pacific.”
Chi sono stati i tuoi Coach e chi è l’attuale? Quali differenze tra i vari modelli di insegnamento?
“Dagli 11 ai 23 anni sono stata con Giacomo Paleni in Italia; come ti dicevo lui mi ha davvero tirata su fin da piccolina, la mia crescita deve molto a lui. Poi sono stata in Svizzera, prima a Lugano poi direttamente al centro tecnico federale. A Lugano mi sento a casa, ma l’Italia è una realtà che adoro, mio papà è italiano e mamma è svizzera, per questo è difficile definirmi in qualche modo. Però appunto la federazione svizzera mi diede l’opportunità di allenarmi al centro federale e per questo ho accettato di tornare, anche se non ho nessuno da citare in particolare come formatore o tecnico. Poi è stato Alessandro Galli qui a Roma a seguirmi per un paio di anni. Le differenze? Beh con Paleni ho fatto un grande lavoro sulle sensazioni, più che specificatamente sulla biomeccanica dei gesti, la sua filosofia è che l’atleta debba sentire il colpo, che diventa personale. Con Galli ho lavorato più sull’aspetto tecnico, curando un certo tipo di dettaglio, lavorando anche sul ritmo, senza però dimenticare le sensazioni. Sergio Di Francesco è da novembre 2016 il mio nuovo Coach, mi allena al Kristall di Acilia, e vuole migliorare quelle piccole cose che non mi riescono ancora bene, come entrare più nel campo. Con lui in particolar modo stiamo curando servizio e risposta, in modo molto accurato. Il servizio lo vogliamo far diventare un “fattore”, e lo sta diventando piano piano, ora sono molto più sicura di me. Anche il primo colpo dopo il servizio deve diventare aggressivo, e questo è possibile se la battuta è stata all’altezza, sia per la prima sia per la seconda di servizio. Ovviamente anche la risposta deve diventare ancora più profonda per mettere in difficoltà l’avversaria.”
Quante ore di allenamento a settimana fai quando non sei in torneo? E come è suddiviso il lavoro tra tecnico/tattico e atletico?
“In questo periodo faccio circa 2 ore di tennis e 2 ore di atletica al giorno, il mio preparatore Daniele Pinto mi ha consigliato di provare a giocare meno. Preferisco diminuire il lavoro in prossimità della gara, proprio per aumentare la performance qualitativamente. Più o meno 50 % tecnico-tattico, 50% atletico.”
Preparazione invernale: quante settimane secondo te vanno fatte? E quante ne fai tu e come sono sviluppate?
“Dipende, la preparazione va personalizzata. Per quanto riguarda me in questa stagione ho deciso di fare solo qualche settimana, cercando di curare la prevenzione all’infortunio e un raggiungimento graduale dello stato di forma.”
Cosa ti ha spinto ad allenarti in questa città ed è vero che ti trovi bene?
“Roma mi piace molto, mi ci trovo bene davvero, è un buon ambiente per allenarsi.”
Veniamo all’economia tennistica, tema molto delicato. Quanto spendi a stagione per la tua attività? (e visti i prize money piccoli, quali sono le tue entrate? E’ vera la leggenda che una 300 del mondo va sotto o al massimo pari?
“Costa parecchio ma non ho mai tenuto un conto specifico. Forse possiamo dire che più o meno 30mila euro bastano; se riesci a giocare la Serie A già recuperi qualcosa, e magari se vai avanti nei tornei, anche nei 15mila dollari, puoi fare cassa. Però certo è dura.”
Legato al discorso dell’economia c’è la scelta dei tornei da disputare. Sappiamo bene che alcuni tornei sono più abbordabili di altri, come alcuni 25mila dollari o 15mila dollari in Asia o in Africa o in Centroamerica: hai mai pensato se tu potessi disputare una intera stagione a girare in Asia o in tornei più semplici come sarebbe la tua classifica? E consiglieresti di investire su se stessi in tal senso potendolo fare, o è comunque l’Europa il banco di prova fondamentale per chi vuole emergere?
“Intanto dipende da come peschi al sorteggio, perché anche nei tornei considerati più facili ci stanno un sacco di partite potenzialmente insidiose e poi ti ritrovi in realtà assurde, difficili, in circoli improbabili, con difficoltà di qualsiasi natura. Insomma alla fine riesci forse a guadagnare qualche punto in più, ma pochi, che ti possono anche consentire di salire nel ranking, e ad esempio giocare 25mila dollari in tabellone principale ma se non hai il livello perdi netto e cosa ti trovi in mano…E’ un espediente da usare se ti mancano pochi punti all’obiettivo che ti prefiggi e sei già consapevole di avere un livello più alto.”
Quale è la vittoria che ricordi con più soddisfazione e quale la sconfitta più bruciante della tua carriera finora? E perché?
“Un torneo che ricordo con piacere è quello legato alle Universiadi di Kazan nel 2013. Io e il mio compagno Patrick Olivier Eichenberger abbiamo perso in semifinale nel doppio misto, contro Vesnina/Kutsnetsov, ma l’ambiente era pazzesco, con tanti atleti di numerose discipline, una esperienza meravigliosa, come una Olimpiade. Sconfitte brucianti particolari non ne ricordo, alcune la scorsa stagione con match point a favore, ma fa parte del tennis. Per fortuna nel nostro sport c’è la settimana successiva la possibilità del riscatto. In altre discipline è più duro digerire la sconfitta perché magari fai tutta la preparazione per una gara o due in un anno. Proprio all’Universiade ho conosciuto le ragazze della staffetta femminile di atletica leggera della nazionale svizzera, disperate perché per un errore nel passaggio del testimone avevano vanificato un anno di lavoro.”
Tu Lisa sei molto brava anche nella specialità di doppio, alcune ragazze in realtà si sono specializzate in questa disciplina per allungare la carriera, è nelle tue corde questa futuribile decisione? E con quale partner ti sei trovata meglio?
“Mi è sempre piaciuto giocarlo, ho vinto parecchi titoli, però da un paio d’anni a questa parte ho deciso di giocarne meno, perché comunque un po’ di energie sia fisiche sia mentali le disperdi. Al momento mi voglio concentrare sul singolare. L’anno scorso ho avuto il piacere di giocare e vincere un titolo con Eleni Daniilidou, grande campionessa ed esempio di umiltà e passione, sarebbe bello ripetersi nuovamente.”
E’ cambiato il tennis in questi 10 anni di carriera? Che differenze ci sono tra le ventenni di adesso e quelle di 10 anni fa?
“Le ventenni di oggi sono già delle professioniste sotto tutti gli aspetti, 10 o 15 anni fa non c’era ancora questa abitudine di accompagnare le ragazze in giro per il mondo con i coach tutte le settimane, forse si girava di meno. Si nota maggiore organizzazione. Le ragazze italiane della mia generazione erano molto forti, diciamo che forse prima c’era più talento. Ora c’è più attenzione per altri aspetti oltre la tecnica, come la preparazione atletica esasperata, si cercano subito i risultati e si tende a tirar più forte e basta. Magari si perdono delle cose durante la crescita. Alcuni anni fa durante una trasferta in Australia con Vivienne Vierin mi trovai a concordare su una riflessione del suo Coach Marco Girardini, grandissimo uomo e molto competente come tecnico: lui sostiene che un buon maestro deve provare ad insegnare ad una giovane allieva il tennis che si giocherà in futuro. Se oggi insegni ad una ragazza di 15 anni devi pensare a cosa sarà il tennis nel 2025.”
E il tennis del futuro come sarà?
“Potrebbe anche tornare un tennis più tecnico, anche perché a livello fisico sono tutti dei mostri, per cui o si finirà a giocare a flipper e non più a tennis, oppure chi saprà variare di più, con back, palle corte e con discese a rete propositive, potrebbe avere una marcia in più in futuro. Per cui ora secondo me per far crescere bene una giovane bisogna insegnarle tutto e non solo a tirare forte.”
La situazione del tennis femminile in Italia è un po’ in stallo, alcune ragazze stanno emergendo ma non sembra esserci già la nuova stella: che ne pensi? E in Svizzera?
“Quando ero bambina mi esaltavano Steffi Graf e Boris Becker. Attualmente come non citare il grande Roger ma adoro Gilles Simon, unico mingherlino a riuscire a stare nell’Olimpo: mi piace vedere l’intelligenza del francese, il suo acume tattico. Anche Wawrinka mica male! Tra le femmine l’ultima che mi è piaciuta è stata la Mauresmo. Tra le italiane mi piace la Bianca Turati, è una di quelle che gioca meglio. Tra le svizzere ammiro la tenacia e la crescita di Susan Bandecchi.”
Tornando indietro ai 20 anni, quali scelte rifaresti e quali no?
“Credo che rifarei tutto, anche perché ho sempre scelto in base alle possibilità che avevo, ed ho sempre dato il massimo, sono contenta di quel che è stato finora.”
I rapporti con federazioni italiana e svizzera come sono?
“Economicamente non ho mai avuto sostegni particolari, ora i rapporti sono ben pochi.”
I tuoi genitori ti hanno supportato nella tua attività? Che tipo di genitori sono stati?
“All’inizio mi ha sostenuto più mio papà, poi più tardi mia mamma, comunque non sono stati genitori particolarmente pressanti; ogni tanto vengono ai tornei in cui gioco, se sono vicini. Ci saranno ad esempio a Chiasso credo.”
Come descriveresti il tuo carattere? C’è qualcosa nel prossimo che ti fa arrabbiare? E un tuo difetto? Come bisogna essere per andare d’accordo con te?
“Sono una persona riservata e sensibile. Odio la mancanza di rispetto, e forse a volte penso troppo. Il cervello a volte bisognerebbe ibernarlo. Per andare d’accordo con me bisogna essere se stessi, nella vita ci si sceglie per cui la spontaneità è tutto.”
Quali sono le tue migliori amiche tra le colleghe e può esistere amicizia vera nel circuito?
“Difficile conciliare l’aspetto agonistico con una amicizia davvero profonda, ma comunque non ho mai avuto grossi problemi con le altre ragazze del circuito. Mi faccio i fatti miei, diplomazia svizzera. Non ho amiche del cuore, ma nemmeno nemiche.”
Nel tuo futuro c’è l’idea di una famiglia e dei figli? Alcune colleghe e colleghi mi hanno confidato che è molto difficile mantenere una relazione sentimentale per chi fa il tennista professionista (o il coach, chi insomma è nel circuito) a causa della vita di relazione poco organizzabile; è vero che è più facile avere una storia sentimentale soddisfacente con chi fa la stessa vita?
“Mi piacerebbe un giorno avere dei figli, ma la vita del tennista è così impegnativa che al momento non ci penso. Sicuramente venire dallo stesso mondo rende più semplice capire il partner però se il rapporto ha basi solide funziona lo stesso.”
Ti senti portata per l’insegnamento? E ti piacerebbe un domani fare la coach?
“Mi sento portata per l’insegnamento ma al momento sono ancora una giocatrice, per cui sono concentrata su me stessa, sulle mie sensazioni: quando e se farò la Coach sarà differente. Le donne coach sono inferiori nel numero anche perché l’età coincide con quella in cui si diventa mamme e può essere difficile far coincidere i due ruoli, certamente è complicata la logistica in giro per i tornei con un bimbo al seguito. In più c’è anche una società ancora legata a certi stereotipi, per cui il ruolo della donna è visto in modo differente.”
Ti senti realizzata Lisa?
“In questo momento sono molto felice. Ti rispondo di sì, sono realizzata.”
C’è qualcuno che ti senti di ringraziare in modo particolare per la tua carriera o per la tua vita fuori dal campo?
“Sicuramente i miei genitori sento di ringraziarli.”
Io ho scritto che sei stata sottovalutata, è così?
“Mah, non lo so, sottovalutata da chi? Vuoi sapere una cosa? Forse la prima a sottovalutarmi per un lungo periodo sono stata proprio io, ma quel tempo è finito. Da quando lavoro con la mia mental coach la consapevolezza di avere una forza ed una energia che possa sostenermi in ogni momento non mi abbandona mai.”