Murray, n.1 di passaggio? L’anello debole dei fab four rischia


È la prima stagione della carriera che inizia da n.1 del Ranking Atp. Andy Murray non l’ha cominciata al meglio, perdendo in finale a Doha contro Djokovic ma soprattutto uscendo prematuramente agli ottavi di finale degli Australian Open contro Misha Zverev, non approfittando dell’ancor precedente eliminazione di Nole con Istomin. Un percorso interrotto che gli avrebbe permesso di prolungare la sua permanenza in vetta alla classifica mondiale, comunque certa almeno sino al Masters 1000 di Madrid. Lo scozzese ha però mancato l’appuntamento con la prima grande prova stagionale, mostrando probabilmente un’incapacità di reggere pressioni, attese e peso del trono mondiale.
Negli ultimi 20 anni è accaduto solamente in due circostanze che il primo giocatore del mondo non riuscisse a vincere nemmeno un titolo Slam, nel 2003 e 2008, come illustra uno studio interattivo pubblicato recentemente da Bwin. Il Major che risulta essere più difficilmente conquistabile è il Roland Garros, dove gli specialisti della terra battuta riemergono dalle ceneri e riescono a giocare brutti scherzi anche ai top player. Proprio lo Slam parigino è quello in cui Murray ha fatto maggior fatica in carriera ed il ritorno a grandi livelli di Nadal non sembrerebbe lasciar presagire nulla di buono nemmeno per quest’anno. 30 anni da compiere ed una leadership che Andy vorrebbe non fosse ricordata come una delle meno vincenti dell’era moderna, dove ha comunque dovuto farsi strada sgomitando fra tre mostri sacri come raramente si era visto in passato in una stessa epoca.


Solo 11 volte, il 26% dei casi, Murray ha raggiunto la finale negli Slam disputati. Un abisso rispetto agli altri componenti del Fab Four, che superano abbondantemente il 40%. Federer e Nadal hanno confermato nonostante età ed infortuni di essere ancora al top, Djokovic potrebbe ritrovare le motivazioni perse per strada dopo quasi un lustro di dominio: il britannico ha l’obbligo di confermare, quanto meno a Wimbledon, la legittimità di quella n.1 stampata sul petto. I dati dicono che proprio l’erba regina è lo Slam dove il leader del Ranking Atp riesce a confermarsi, alla stregua di Melbourne. Proprio l’erba regina è il giardino preferito di un Murray che ben due volte ha saputo conquistare i Championships.
Le statistiche al momento però non seguono il trend di Murray: negli ultimi 20 anni il 50% delle volte a trionfare negli Australian Open è stato il n.1 al mondo. Statistica ancor più pesante da confermare è il 90% di vittorie medio delle partite disputate nei 4 Major dell’anno dal primo in classifica. Numeri che con il ritorno di una concorrenza agguerrita, capitanata dai “vecchietti” Roger e Rafa, rischiano di pesare come un macigno sul meno vincente dei quattro fenomeni del nuovo millennio.
Dal canto suo Andy può però sfoggiare con immenso orgoglio la doppia medaglia d’oro olimpica vinta a Londra e Rio, risultato mai centrato da nessuno dei sopra elencati. Il prossimo appello arriverà fra Miami ed Indian Wells, prima di una stagione sulla terra che mai lo ha visto protagonista in carriera.

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