di Andrea Martina
In Francia c’è vita oltre ai quattro moschettieri Simon, Tsonga, Gasquet e Monfils? Assolutamente sì, e nonostante sarà molto arduo riproporre in futuro tanta abbondanza attorno alla top 15, la scuola francese sta continuando a raccogliere ottimi frutti.
Per quanto Pierre-Hugues Herbert alla soglia dei 25 non possa considerato come “una giovane promessa”, la sua ultima affermazione al Challenger di Bergamo potrebbe rappresentare la spinta decisiva per entrare stabilmente nei top 100.
Intuire la crescita futura di Herbert vuol dire mettere insieme alcuni pezzi: la continuità con cui è salito nel ranking fin dai primi anni (con l’eccezione dell’ultima stagione condizionata da un infortunio), i risultati ottenuti in doppio a livello Slam, un tennis votato all’attacco e particolarmente efficace sulle superfici rapide e la capacità di arrivare in fondo ai tornei anche dalle qualificazioni.
Ma prima di partire con ipotetiche previsioni è bene tracciare un confine tra un “primo Herbert” e un “secondo Herbert” individuabile nella scelta dal 2015 in poi di giocare regolarmente il doppio con Nicolas Mahut. Specialità che tra l’altro ha visto il suo unico acuto a livello junior con la vittoria (in coppia con Krawietz) nell’edizione 2009 di Wimbledon.
Bisogna dire che già dai primi anni nel professionismo Herbert aveva sempre disputato sia singolare che doppio: tra il 2010 e il 2013 sono ben 22 i tornei di doppio portati a casa oltre a 6 vittorie nel singolare (tutte nei Futures). Un percorso che gli ha permesso di far respirare il suo tennis molto tecnico e perfezionare una delle sue lacune, la risposta. Ma per quanto questa crescita sia stata costante, molti vedevano in Herbert uno dei tanti “oggetti preziosi” della scuola francese con tanto talento e poca concretezza dal momento che a 22 anni era da poco entrato nei primi 200 del mondo, un po’ in ritardo per i parametri del professionismo.
Proprio nel momento in cui i riflettori su di lui iniziavano ad abbassarsi, arrivò l’exploit al Master 1000 di Parigi-Bercy del 2013 con la qualificazione al tabellone principale (fuori i top 100 De Schepper e Zeballos), l’eliminazione di Paire al primo turno con un sonoro 6/2 6/2 e il match di secondo turno perso contro Djokovic 7/6 6/3 tra gli applausi entusiasti del pubblico di casa. Una prestazione che aveva regalato ad Herbert il “pass” per il Roland Garros 2014, anno del suo debutto in un tabellone Slam: sorteggiato al primo turno con la testa di serie numero 11 Isner, Herbert fece un’ottima figura perdendo 7/6 7/6 7/5 cedendo all’avversario l’unica palla break concessa in tutto il match.
Quell’ottimo servizio poteva solo portare benefici sull’erba e infatti, nei successivi tornei di Halle e Wimbledon, Herbert riuscì a centrare la qualificazione al tabellone principale, ripetendo questo percorso anche a Metz, Tokyo (dove vinse il torneo di doppio con Przysiezny) e Basilea. Prestazioni che lo portarono a chiudere il 2014 alla posizione 111.
La scelta di giocare il doppio con Mahut (che alcuni fanno coincidere con l’Australian Open 2015) è stato di fatto un semplice esperimento proposto dallo stesso Mahut che, dopo il ritiro di Llodra, era alla ricerca di un compagno per la stagione successiva. Scartando i quattro moschettieri francesi troppo impegnati nel singolare e la collaudata coppia Benneteau/Roger-Vasselin, il profilo di Herbert era quello più adatto per costruire un doppio di qualità. I primi esperimenti arrivarono nel finale di stagione al Master 1000 di Parigi Bercy, ma già al secondo tentativo nel Challenger di Mouilleron arrivò il primo successo (e doppietta per Herbert con la vittoria anche del singolare).
Ma grazie all’edizione degli Australian Open Herbert ha dimostrato una volta per tutte di poter competere nel tennis che conta raggiungendo la finale in doppio, certificata soprattutto dalla qualità delle coppie eliminate: Cabal/Farah, Qureshi/Zimonjic, i connazionali Benneteau/Roger-Vasselin e Dodig/Melo. L’aver vinto contro tutti questi specialisti non bastò per andare “fuori giri” in finale con la coppia meno “doppista” incontrata, ovvero Bolelli/Fognini.
Quella finale, però, poteva rappresentare il punto di svolta della carriera di Herbert. Non a caso il circuito aveva da poco visto in Jack Sock (vittoria a Wimbledon con Pospisil) un ottimo esempio di singolarista che riusciva a sbloccarsi grazie alle vittorie in doppio: cresce la convinzione nei propri mezzi, l’abitudine a giocare partite importanti, l’imparare a gestire la pressione e a prendere confidenza con la vittoria.
Un infortunio subìto nel primo turno dell’ATP di Marsiglia a febbraio lo ha costretto, praticamente, a tornare competitivo solo a Wimbledon dove è riuscito ancora una volta a superare le qualificazioni andando a vincere il suo primo match da professionista sui prati dell’All England Club: 10/8 al quinto set contro la giovane promessa asiatica Chung. Nel secondo turno ad eliminarlo è stato Tomic con un copione già visto in passato: 6/4 7/6 7/6 non riuscendo a salvare l’unica palla break concessa in tutto il match.
Tutto questo è stata la preparazione al capolavoro fatto sul cemento americano: nel torneo di preparazione agli US Open, l’Atp 250 di Winston Salem, aveva superato ancora una volta le qualificazioni e da lì era arrivato fino in fondo eliminando Stakhovsky, Baghdatis, Bedene, Carreno-Busta e Johnson, per poi arrendersi ad Anderson 6/4 7/5. Una cavalcata lunga 9 match con 85 aces all’attivo che lo ha portato dritto nei top 100.
Presente nel main draw degli US Open grazie alla wild card a disposizione della federazione francese, è stato subito estromesso dal singolare, motivo in più per concentrarsi sul doppio e raggiungere ancora una volta la finale sempre a braccetto con Mahut. Questa volta, però, sono stati i francesi ad alzare il trofeo regolando Murray/Peers con un doppio 6/4 che ha valso anche un posto alle Finals di Londra.
Ed ecco, quindi, arrivare al Challenger di Bergamo della scorsa settimana. Torneo che ha visto un’ecatombe di teste di serie nei primi turni e ha permesso ad Herbert di rilanciare una classifica che sicuramente non faceva giustizia al suo tennis: con una media di 13 aces a partita il francese ha portato a casa il suo terzo Challenger in carriera e riavvicinato la top 100. Quest’affermazione infatti va in continuità con il buon torneo disputato nell’Open d’Australia nello scorso mese: nonostante la coppia Herbert/Mahut non sia riuscita a difendere la finale, il più giovane dei due è riuscito in singolare a superare le qualificazioni e a raggiungere il terzo turno (miglior risultato in carriera a livello Slam).
60 punti lo separano dalla top 100 e da qui al prossimo giugno c’è un’autostrada davanti senza nulla da difendere. Il doppio, ovviamente, resterà dal momento che può essere la porta d’ingresso per una convocazione in Davis e magari anche per una futura medaglia.
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