Di Paolo Angella
Angelica Moratelli è la tennista italiana che più ha vinto in questo inizio di 2016, numeri straordinari quelli di Angelica: tre tornei vinti ad Hammamet in Tunisia in singolare e uno in doppio, 18 vittorie e una sola sconfitte (da Anastasia Grymalska) da inizio anno, se consideriamo anche i doppi le vittorie arrivano a 28 praticamente in un mese. Numeri straordinari e soprattutto inaspettati se consideriamo che Angelica aveva appena vissuto un anno difficilissimo pieno di sconfitte, che l’avevano portata addirittura a uscire dal ranking e dover ripartire praticamente da zero.
Il grande merito di questa rinascita va senza dubbio al suo nuovo allenatore, Marco “Moro” Moretto, che ha iniziato a seguire Angelica Moratelli verso la fine del 2015, nel suo circolo di Bassano assieme al fratello Tommaso Moretto e a Marco Fioravanzo. Abbiamo incontrato Marco per farci raccontare la sua storia e parlare di questo straordinario inizio di stagione di Angelica.
Marco, raccontaci i tuoi inizi nel mondo del tennis. Come ti sei avvicinato a questo sport?
Ho iniziato a giocare a tennis perché i miei genitori lo giocavano, anche se solo a livello amatoriale. Fino a 10 anni praticavo anche calcio e sci. A calcio ero anche abbastanza bravo e infatti quando ho deciso di dedicarmi solo al tennis, l’allenatore di calcio insisteva parecchio affinché non smettessi. Il tennis mi piaceva di più e ho iniziato a giocare e togliermi qualche soddisfazione a livello under 12, under 14 e under 16. Sono stato anche convocato per la nazionale e mi ha seguito per due anni l’allora coach federale Gaetano Di Maso. Quello doveva essere il trampolino di lancio per la carriera professionistica e invece per me è stato l’inizio di una involuzione, perché dopo due anni non sono stato più convocato e io ho vissuto quel momento come una sconfitta personale e ci sono rimasto molto male, allontanandomi per un po’ dal tennis.
E sei tornato a giocare a calcio, ma il tennis non te lo sei tolto dalla testa vero?
Ho fatto un anno ancora di tennis, ma in modo completamente svogliato. A 18 anni ho praticamente smesso e ho riprovato col calcio, ma non avendolo praticato da anni è stato difficile anche riprendere col pallone. Ho lasciato lo sport, ho deciso di studiare più seriamente, mi sono iscritto all’Università, a sociologia a Trento e poi, improvvisamente, verso 20 anni, mi è tornata una voglia pazzesca di giocare a tennis. Sono andato ad allenarmi a Cervia con Massimo Bontempi e Marco Borghetti per un anno e mi sono tolto ancora qualche soddisfazione sui campi, ho preso i primi punti ATP e sono entrato in classifica.
E quando hai deciso di diventare maestro di tennis?
E’ stata una situazione abbastanza casuale. Ho dovuto fare il servizio militare perché in quell’anno non ero riuscito a fare i due esami all’università. Mi hanno mandato alla Cecchignola a Roma con altri atleti. Riuscivo comunque ad allenarmi un po’, ma a fare pochi tornei. In caserma ho conosciuto Graziano Silingardi, maestro di tennis di Torino, che mi ha proposto di fare il corso da maestro, che era in zona. Io non ero convinto, non mi interessava, ma in quel periodo non c’erano tornei che avrei potuto fare, così ho accettato di iscrivermi al corso proprio solo perché non avevo nulla da fare. I miei superiori mi hanno concesso di partecipare al corso che è durato sei mesi, di giorno andavo alle lezioni e la sera tornavo in caserma. Quando mi sono congedato mi restavano da fare solo due mesi in giro per le scuole tennis e due mesi nei centri estivi, li ho fatti e sono diventato maestro.
E hai iniziato subito a insegnare tennis?
Non ne avevo la minima intenzione. Come detto, ho fatto il corso, così per caso. Appena congedato avevo intenzione di continuare a giocare, di fare tornei. Un giorno ricevo una telefonata di Massimo Sartori, che mi propone di lavorare alla sua scuola tennis di Caldaro come maestro. Non ero convinto, ma la proposta era allettante, fra l’altro in un periodo con pochi tornei. Ho iniziato, anche lì quasi per caso e, a poco a poco, ho veramente capito che quello era la professione che più di ogni altra avrei voluto fare nella vita.
Sono arrivate quindi le prime soddisfazioni…
Ho iniziato a lavorare con tanti ragazzini veramente forti, c’era Seppi dodicenne, già allora bravissimo e tanti altri agonisti. Sono stato un anno a Caldaro, vivevo a casa di Massimo, ho imparato davvero tantissimo, oltre alla passione per questo lavoro.
E poi finalmente sei tornato a casa, a Bassano.
A metà estate ricevo la telefonata del presidente del tennis club di Bassano, la mia città e il circolo dove avevo iniziato a giocare a tennis. Mi spiega che stanno facendo un grande rinnovamento a tutti i livelli e mi propone di dirigere quella che allora era una piccola scuola tennis, assieme al mio grande amico Marco Fioravanzo. Quelli sono stati giorni di crisi fortissima per me. Non volevo andare via da Caldaro, da Massimo Sartori, dove mi trovavo benissimo, ma la proposta di tornare a casa era davvero irrinunciabile.
A Bassano sei ripartito quasi da zero.
Ci siamo dovuti rimboccare le maniche. C’era veramente tanto da fare, lavoravamo gratis anche il sabato e la domenica per fare conoscere la scuola tennis e cercare nuovi allievi. Giorno dopo giorno vedevamo che i progressi e i miglioramenti iniziavano ad arrivare, siamo anche riusciti ad arrivare alla serie A1 con i nostri ragazzi e ho avuto anche tante soddisfazioni.
E si sono messi in evidenza subito alcuni giovani che allenavi?
Soprattutto due ragazzi, Francesco Salviato e Tommaso Gabrieli. Poi mi è stato proposto di seguire un ragazzo molto promettente, Marco Bortolotti e per noi è stato il salto di qualità, perché effettivamente Marco è un ragazzo con un talento naturale sopra la media.
I risultati sono arrivati abbastanza presto, a quanto pare!
Direi che abbiamo fatto un buon lavoro con Marco. Lo dicono i numeri. E’ arrivato da noi che era 780 nel ranking, ora è circa 380 e quindi è stato davvero fatto un gran balzo in classifica.
E poi vi hanno cercato anche altri tennisti promettenti…
Lo scorso anno è venuto da noi Il papà di Mattia Bedolo, che è un ragazzo molto molto interessante. Fino ad allora lo allenava il padre, ora cercava una struttura più completa per far crescere il figlio e siamo stati orgogliosi che si sia rivolto a noi.
E infine è arrivata Angelica Moratelli.
Mi ha chiamato, verso la fine dello scorso anno, un mio carissimo amico, Simone Andreoli, che è il suo maestro storico. Lo conosco da tanti anni, abbiamo fatto tantissimi tornei assieme da ragazzi. Mi ha chiesto di aiutarli per far cambiare definitivamente marcia ad Angelica, dopo un anno molto travagliato e ho accettato con entusiasmo questa sfida e, per ora, sembra veramente che stiamo andando verso la strada giusta. Fra l’altro io conoscevo già molto bene Angelica e la sua famiglia, perché perché mi è capitato di vederla giocare semplicemente perché era allenata da Simone. Ho sempre saputo che è una ragazza molto seria e diligente negli allenamenti e che il talento e il potenziale di Angelica è molto molto elevato e che avrei potuto lavorare molto bene con lei. Si è creato subito il feeling giusto e questo ha fatto subito la differenza e ci siamo posti nelle condizioni ideali per lavorare al meglio.
Quali sono i punti di forza nel gioco di Angelica?
Lei è una tennista completa, sa fare bene tutto. Pratica un gioco soprattutto d’attacco. Le sue superfici preferite sono quelle veloci, in particolare l’hard indoor. Per questo motivo, tra l’altro, ho avuto molti dubbi su quali tornei farle in questo inizio di stagione e mi sono anche confrontato con Simone Andreoli, chiedendo un suo parere. All’inizio pensavamo che potesse essere meglio giocare qualche torneo hard indoor per farle vincere più facilmente qualche partita e per permetterle di acquisire fiducia, ma io l’ho vista talmente bene negli allenamenti che ho deciso di “rischiare” e iscriverla a questa serie di tornei su terra rossa in Tunisia, anche perché come entry list c’erano le condizioni ideali per lei che non aveva classifica. La scelta, a posteriori, è stata quanto di meglio potessimo fare, ovviamente per i risultati che ci sono stati, ma anche per la location che abbiamo trovato, ottimo clima, otto campi ben tenuti, sempre disponibili per gli allenamenti, anche un bel resort con camere accoglienti e cibo molto meglio di quello che pensassi, ci siamo trovati davvero bene ad Hammamet. Peccato solo per il vento che a volte dava parecchio fastidio, ma imparare a servire e giocare con il vento può sempre venire utile.
Angelica ha fatto un inizio di anno straordinario fino a questo punto, te lo aspettavi?
Non mi sorprende affatto perché ho visto subito che il suo livello tecnico è molto elevato. La prima volta che l’ho vista giocare, da quando è arrivata da noi è stato a dicembre a Ortisei e ho subito capito che non avrebbe potuto fare altro che migliorare suoi risultati perché la tecnica è veramente notevole. Fra l’altro io non conoscevo bene il livello medio dei tornei femminili, ma ho avuto subito la conferma che, nei 10000 dollari, non ha molte rivali al suo livello. Poi ovviamente, ci possono essere mille ragioni che bloccano una tennista al di là del suo talento e della tecnica, ma io ero fiducioso fin dall’inizio.
Quindi il problema era solo mentale e non tecnico? Avete lavorato più sull’aspetto psicologico che non su quello tecnico?
Noi siamo stati molto bravi intanto a farle tornare la voglia e il piacere di giocare a tennis e poi a farla sentire in fiducia. Dal punto di vista tecnico lei è arrivata completa e brava in tutti i fondamentali. Abbiamo solo cambiato leggermente il lancio di palla nel servizio, ma tutto il resto del mio lavoro è stato dal punto di vista mentale.
Vi siete posti degli obiettivi per il proseguimento della stagione?
Il nostro obiettivo che ci siamo posti quando Angelica ha iniziato a lavorare con me, è stato quello di raggiungere il suo best ranking del 2013, che è la posizione numero 318 in classifica entro la fine dell’anno. Questo lo abbiamo stabilito quando era senza classifica, prima ancora che iniziasse a giocare. Però l’inizio dell’anno è stato così positivo, che credo non sia pretestuoso pensare a qualcosa di meglio, a raggiungere e superare quel ranking prima del previsto. L’obiettivo finale, poi deve essere la top 100. Non so quanto tempo ci vorrà, ma prima o poi credo che Angelica abbia il talento e i mezzi per arrivarci.
Infine la programmazione di Angelica. Salirete di livello immagino.
Certo. Tra due settimane facciamo Beinasco, un 25000 dollari e poi cercheremo di giocare anche 50000 dollari se possibile. E’ sempre importante cercare di scoprire il limite della tennista che segui. Vincere facile non serve, per salire in classifica e soprattutto nella crescita tennistica bisogna confrontarsi con le più brave. Io, in realtà, non conosco ancora bene il livello femminile che si trova nei tornei da 25000 e 50000 dollari, devo capire quanto l’asticella si alzi rispetto ai 10000. Sono comunque molto ottimista sul fatto che Angelica possa fare bene anche in tornei di questo livello.
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