di Giorgio Giosuè Perri
E siamo a 11. Come Bjorn Borg, come Rod Laver. Novak Djokovic ha vinto, lo ha fatto di nuovo, lo ha fatto alla sua maniera. Dominando in lungo e in largo dal primo all’ultimo quindici, mettendo alle corde un Andy Murray altalenante, che ha provato a dare tutto se stesso nel secondo set con scarsi risultati. Il serbo ha raggiunto Roy Emerson a quota 6 Australian Open, ha iniziato l’anno nella migliore maniera possibile con la doppietta Doha-Melbourne, ha semplicemente messo in chiaro le cose per l’ennesima volta. SI fatica sempre di più a trovare un difetto nel gioco di Nole: perfetto al servizio, da fondo, anche a rete. Solido tecnicamente e mentalmente, sempre sereno, mai negativo, la macchina da guerra “Novak” funziona su tutte le superfici, in ogni situazione e contro ogni avversario, anche nel 2016. 6-1 7-5 7-6(3) il punteggio finale in favore del numero uno del mondo, bravo a tenere alta la percentuale di prime palle per tutta la durata dell’incontro (con un picco del 68% nel secondo set) e a gestire in maniera perfetta anche tutte le situazioni di pericolo. Murray entra dalla porta sbagliata della storia e diventa il secondo giocatore della storia, dopo Ivan Lendl, a perdere cinque finali di fila nello stesso torneo dello Slam.
Tutte le premesse per una partita lottata svaniscono dopo il primo game. Murray si procura una palla break, ma sprecata l’opportunità soccombe sotto i colpi del numero uno del mondo. Lo scozzese gioca un game di servizio tragico, lo condisce con un doppio fallo sul 15-40 e poi non vince un punto fino al quarto game, dove comunque cede nuovamente la battuta a quindici. Djokovic sale facilmente 5-0 e va a due punti dal parziale, prima di concedersi al passante dello scozzese sulla palla game. Il numero uno del mondo chiude senza difficoltà la prima frazione poco dopo, con autorità e un saldo di 30 punti vinti a 15: un dominio.
Nel secondo set qualcosa si muove. Un Murray fino ad allora impacciato, scarico sulle gambe e decisamente nervoso, trova la forza per cambiare qualcosa. Si scuote, urla, combatte, serve meglio. Vince uno scambio fiume nel quinto punto nel primo game, tiene la battuta e poi entra in lotta con le unghie e con i denti. Non riesce ad essere incisivo in risposta, anzi è costretto a fare i miracoli per rimanere aggrappato sulla sua battuta Nel terzo game deve annullare quattro palle break per andare avanti 2-1, ma non riesce a fare lo stesso nel settimo game. Il serbo approfitta di un calo al servizio di Murray (29% di punti vinti con la seconda) per portarsi avanti di un break anche nel secondo parziale, ma spegne un attimo la luce e per la prima volta nella partita perde la battuta. La gloria dura poco per il britannico, che perde l’attenzione proprio nel momento più importante. Sul 5-5 gioca un gran tennis fino al 40-0, ci mette in mezzo anche un rovescio vincente, ma poi si distrae e viene surclassato dalla potenza dei colpi di Djokovic. Rapidamente si arriva ai vantaggi, con la stessa rapidità Nole si prende gli altri due punti per mettere lo zampino vincente, quello decisivo per la conquista del secondo set. Malgrado una palla break concessa, a causa di due doppi falli dal 30-15, Djokovic non si disunisce e porta a compimento il suo obiettivo.
A Murray vengono a mancare le tre cose più importanti: testa, gambe e cuore. Nole ne approfitta subito, si issa sul 15-40 e, dopo un errore banale, gioca un passante lungolinea spaventoso per piazzare il sesto break della sua partita. Il serbo si distrae di nuovo e ricomincia a faticare un po’ di più da fondo campo, concede una palla break nel quarto game e perde la battuta nel sesto, merito anche di un Murray improvvisamente più spregiudicato e aggressivo. Si entra nelle fasi conclusive del set, si segue l’ordine dei servizi e si arriva al tie break. Murray commette un doppio fallo, Djokovic piazza un ace. Il “jeu decisif” continua sulla falsa riga degli opposti, con errori da una parte e vincenti dall’altra. Il serbo cambia campo in vantaggio 5-1, chiudendo poi per 7-3 la partita. Vince ancora, vince sempre.
Dopo questa finale si allarga ancora di più la forbice tra il numero uno e il numero due del mondo, sia per quanto concerne la classifica che gli scontri diretti. 22-9 il bilancio in favore di Novak Djokovic, che ha vinto 7 dei 9 incontri nei tornei dello Slam, 4 delle 6 finali totali.