È comune affermare e ritenere che la maturità di una persona non si valuti dall’età ma dalle idee espresse e dalla sensibilità mostrata soprattutto in situazioni precise o nel momento in cui bisogna affrontare argomenti particolarmente delicati. Belinda Bencic ha appena dichiarato di non sentirsi affatto pronta a vincere uno Slam nel 2016, nonostante gli ultimi esaltanti risultati del 2015 sembrino suggerire una crescita esponenziale in termini di gioco e fiducia per quanto riguarda la talentuosa tennista elvetica: la finale a s’Hertogenbosch (persa contro la nostra Camila Giorgi), la vittoria nel prestigioso Premier di Eastbourne (vittorie interessantissime contro la defending champion Keys, l’allora finalista in carica di Wimbledon Bouchard, la rampante Konta, un’acciaccata Wozniacki e una delle giocatrici più insidiose su erba, Agnieska Radwanska), gli ottavi a Wimbledon (persi contro un’ottima Azarenka) e soprattutto la splendida corsa verso il titolo nell’ancora più blasonato torneo di Toronto (in cui fu capace di mettere in fila, una dopo l’altra, ex finaliste o vincitrici Slam come Bouchard, Wozniacki, Lisicki, Ivanovic, Serena Williams e Halep) hanno convinto tutti, fan ed esperti, a pensare che quella tennista così simile come gioco e modo di portare i corpi ad un’altra ex bambina prodigio del Paese degli orologi e della cioccolata, Martina Hingis, fosse una vera predestinata. Dominatrice a livello juniores, capace di chiudere il 2013 da numero uno del mondo di categoria grazie soprattutto alle vittorie a Roland Garros e Wimbledon juniores, è stata protagonista di una rapidissima transizione dal mondo degli under a quello dei pro.
Nel 2014 ha scalato circa 180 posizioni e quest’anno sembrava lanciata fin da gennaio ad una progressione come gioco e nel ranking ancora più interessante: le tante pressioni e un gioco ancora in netta fase work in progress però l’hanno resa protagonista di poche vittorie e tante sconfitte inattese nei primi 5 mesi dell’anno, culminati con una stagione sul rosso quasi disastrosa. Se si escludono gli ottavi a Indian Wells e Miami non ha impressionato ad inizio 2015, e un bilancio di 9 vittorie a fronte di 13 sconfitte da gennaio a maggio non ha rappresentato certo il modo migliore per affrontare una stagione così delicata come il suo 2015, nel quale era chiamata a mostrare di potersi destreggiare alla grande tra le pro in ogni torneo e su ogni superficie, specialmente su palcoscenici importanti. La seconda parte di stagione, grazie ai tantissimi successi su erba e su cemento (americano o asiatico, come testimonia la finale raggiunta a Tokyo battendo tra le altre Stosur, Muguruza e la ‘solita’ Wozniacki), come già detto è stata ben più convincente per quanto riguarda il livello di gioco espresso e la capacità di affrontare a viso aperto qualsiasi tipo di giocatrice su ogni superficie. Stanca dopo i tanti match estivi, si è dovuta ritirare a Wuhan (contro la Giorgi dopo aver ceduto il primo set) e a Pechino (addirittura senza scendere in campo al secondo turno contro la Lucic) chiudendo anzitempo una stagione che l’avrebbe dovuta vedere attesa protagonista al “Master B” di Zhuhai.
La Bencic è così riuscita a chiudere, per la prima volta in carriera, una stagione tra le prime 15 del ranking WTA (precisamente al numero 14, ottimo risultato considerando i primi mesi di 2015 ma, sotto altri punti di vista, deludente se si considera che, in caso di vittoria in finale a Tokyo contro una rinata Radwanska, sarebbe entrata in Top10) e inizierà il 2016 con tantissima fiducia accumulata al termine di un anno che, indipendentemente dalla posizione nel ranking raggiunta e dagli evidenti miglioramenti mostrati sotto ogni aspetto (fisico e tattico), verrà ricordato specialmente per la sua splendida vittoria in semifinale a Toronto contro una Serena Williams che in questa stagione ha perso solo altre due volte (contro la Kvitova a Madrid in straight sets e ovviamente contro Roberta Vinci a Flushing Meadows in quella che probabilmente può essere considerata la sconfitta più dolorosa della lunghissima carriera della leggenda statunitense): in balia del gioco dell’americana per gran parte del primo set, è rimasta attaccata con denti al match mostrando un’invidiabile maturità che va ben oltre i 18 anni di età.
Come spesso però accade, confermarsi ad alti livelli è più difficile che arrivarci: agli Us Open è arrivata come una delle giocatrici da tenere d’occhio (non solo più come newcomer ma come giocatrice potenzialmente in grado di arrivare alla seconda settimana, come fece nel 2014 spingendosi addirittura fino ai quarti da unseeded player), ma al secondo turno ha rischiato una clamorosa débacle contro la giapponese Doi, tennista in crescita (tanto da aver portato a casa il primo titolo WTA ad ottobre in Lussemburgo), ma che non dovrebbe rappresentare una grossa insidia per lei: dopo un match rocambolesco, in cui è stata per tre volte a un punto della sconfitta ed aver sprecato lei tantissime occasioni per portarsi definitivamente avanti nel match ed essersi fatta prendere da una crisi isterica a fine secondo set, tanto da aver pianto nel cambio campo quando si trovava sotto un set e 6-5 nel secondo dopo aver sprecato un vantaggio di 5-2, è riuscita a potare a casa il match, venendo però sconfitta piuttosto nettamente (per 63 64) dalla maggiore delle sorelle Williams, Venus, al terzo turno. Di certo non si è trattato di un sorteggio facile, considerando soprattutto la rinascita di Venus in questo 2015, soprattutto nella parte finale dell’anno, ma questa sconfitta ha messo in evidenza come il limite principale della Bencic ad oggi sia legato all’affrontare ad armi pari giocatrici che fanno della potenza devastante il loro punto di forza. Non è un caso che le sconfitte negli Slam siano arrivate contro Goerges (non più quella del 2011/2012 ma sempre una giocatrice potente e potenzialmente devastante sul singolo incontro), Keys, Azarenka e Venus: nonostante la vittoria contro Serena o contro alte giocatrici che basano il loro gioco su colpi devastanti, la Bencic preferisce sicuramente affrontare giocatrici come Halep, Radwanska o Wozniacki (impressionanti le 4 vittorie su 4 incontri quest’anno contro la danese a Indian Wells, Eastbourne, Toronto e Tokyo) che sono più costanti all’interno della partita e che difficilmente commettono errori gratuiti, ma che sicuramente concedono alle avversarie la possibilità di entrare nello scambio e di provare a fare il loro gioco.
Questo è proprio quello di cui la Bencic ha bisogno, cioè di avere il modo di costruire la propria ragnatela e di giostrare i propri colpi al meglio sfruttando un’innata dote di anticipo, la capacità di leggere le giocate delle avversarie e ad una sempre migliore mobilità che le permette di coprire ottimamente il campo e trovare vincenti da ogni posizione e con ogni fondamentale. Non è davvero l’erede della Hingis in quanto ad intelligenza tattica, ma è nettamente superiore rispetto alla maggior parte delle altre tenniste di vertice per quanto riguarda questo particolare aspetto che rappresenta, insieme alla capacità di generare più potenza da fondo campo e col servizio rispetto al suo idolo d’infanzia Martina, il suo punto di forza sul quale costruisce e dovrà continuare a costruire le sue vittorie in futuro. Proprio a questa minor potenza e continua ricerca di soluzioni alternative al fine di resistere alle bordate delle avversarie specialmente nei match clou dei tornei (cioè quando ormai sono entrate in palla e il numero degli errori non forzati cala sensibilmente) o in tornei importanti come gli Slam (in cui il giorno di riposo sembra favorire le tenniste che prediligono un gioco offensivo) Belinda fa riferimento quando afferma di non sentirsi affatto in grado di poter vincere uno Slam nell’immediato futuro.
Di sicuro si tratta di una ragazza intelligente, in grado di capire che non è il caso di deprimersi dopo le prime sconfitte impreviste (vedi quelli di inizio 2015) o di esaltarsi eccessivamente dopo i primi successi “pesanti”; in questa maturità e consapevolezza nei propri mezzi risiede un’importantissima risorsa da sfruttare nel futuro, quando avrà ben capito quali sono (o sono state) le vere ragioni che l’avranno spinta sempre più in alto nel ranking (senza trovarsi quindi ai piani alti sfruttando l’onda dell’entusiasmo ma senza aver davvero riflettuto sulle ragioni dei suoi successi). Per lei la strada per la conquista di uno Slam è ancora lunga, ma certe avversarie come Serena, Venus e Sharapova non sono eterne, e inoltre il tennis femminile ha bisogno di nuovi volti in grado di esprimere un tennis pensato e volto all’attacco come quello della giocatrice di Flawil: sarà proprio Belinda la futura vera numero uno della WTA? Il 2016 potrà darci importanti risposte, ma se sarà il 2017 o il 2018 l’anno della prima vittoria Slam poco importa: Belinda ha tutto per portare a casa i trofei che davvero contano e queste dichiarazioni non fanno altro che testimoniare che si tratta di un personaggio non banale, con le idee chiare e la testa sul collo, cosa fondamentale in un mondo come quello del tennis, che è un esempio lampante di come arrivare in alto sia facile se comparato alle tantissime difficoltà che si devono affrontare al fine di rimanervici.