Il ritorno di Íñigo Cervantes

cervantes inigo

Di Paolo Silvestri

Il suo cognome è quanto di più autenticamente iberico ci possa essere, se è vero come è vero che lo spagnolo è definito, in ossequio al grande autore del Quijote, “la lingua di Cervantes”. Lui però è nato a Irún, nei Paesi Baschi, una terra con una cultura e una lingua assolutamente particolari e per molti versi autonome rispetto al ceppo castigliano. Una terra dove lo sport “nazionale” è quella sorta di pallone elastico denominato pelota e che non vanta di certo una grande tradizione tennistica, anche se ha sfornato un campione come Alberto Berastegui e alcuni buoni giocatori come Gorka Fraile, Guillermo Olaso o la giovane e promettente Lara Arruabarrena. Tutti loro, però, sono cresciuti in altre aree della Spagna con climi e strutture più favorevoli. Íñigo non ha scelto la pelota e, pur avendo giocato a calcio fino a quattordici anni ed essendo un tifoso sfegatato della Real Sociedad di San Sebastián, non ha seguito le orme del padre Manuel, ex portiere professionista in diverse squadre spagnole di serie A. Ha scelto invece di seguire le orme dei suoi idoli tennistici Marcelo Ríos e Lleyton Hewitt, che lo hanno portato prima a Barcellona poi ad Alicante, dove attualmente è allenato da Javier Ferrer (fratello di David) e Israel Vior, responsabili della “Academia Tenis Ferrer” di Jávea.

Nonostante la sconfitta nella finale di Montevideo ad opera di Guido Pella, Cervantes è riuscito, con la complicità della matematica, a posizionarsi al numero 98 del ranking, attraversando quel simbolico confine invisibile che ha il potere di rendere visibili. Una più che meritoria stagione, con cinque finali e tre vittorie a livello Challenger (Ostrava, Vicenza e Marburg), che gli sono anche valse la qualificazione per il “Masterino” di São Paulo dove, ironia della sorte, ha incrociato al primo turno, battendolo in tre durissimi set, il suo connazionale Daniel Muñóz de la Nava.

“Muy grande!!! También se puede llegar al top 100 por las montañas, canales, subterráneos….”, così dice uno dei tanti tweet di congratulazioni che gli sono arrivati in questi giorni. Molte sono in effetti le strade che possono portare al simbolico confine invisibile, e a Íñigo ne è toccata una impervia, che si è snodata appunto fra montagne, canali e sotterranei. Tomás Carbonell, l’autore del messaggio, si riferiva fuor di metafora a quel calvario di lesioni e interventi che proprio nel miglior momento della sua progressione lo avevano costretto a stare più di un anno fuori dai tornei e dai campi, con la “bellezza” di quattro operazioni in otto mesi: una doppia alle anche, una al gomito e una al tendine d’Achille. Tagliando completo, insomma. Era passato da un promettente numero 130 del mondo a poco più di vent’anni, a una lunga e poco promettente convalescenza di due mesi in sedia a rotelle, da dove aveva visto la sua classifica cominciare a scendere, fino a scomparire. Ma poi, piano piano, ha avuto voglia di ricominciare, e nella primavera del 2014 ha ripreso in mano la racchetta, remando nei Futures e nei Challenger e con qualche interessante zampata nei circuito maggiore (in particolare il terzo turno di Barcellona), e chiudendo l’anno al 250º posto del ranking. Infine, questo 2015 dedicato quasi esclusivamente ai Challenger gli ha permesso di scalare oltre 150 posizioni e di unirsi al solito folto gruppo di spagnoli presenti fra i primi cento del mondo.

Il suo gioco, del tutto schematico ma evidentemente efficace, si basa su un buon servizio e solidi colpi da fondo, con rovescio bimane e scudisciata di dritto liftato “made in Spain”, decisamente lontano dai concetti di bellezza ed eleganza. Il suo incedere un po’ sgangherato e apparentemente svogliato lo fanno sembrare una sorta di Monfils minore, ma di sicuro non è uno che si tira indietro nei momenti in cui il gioco si fa duro e ha le carte in regola per consolidare e migliorare la posizione ottenuta. Tra l’altro lunedì 30, proprio all’indomani della finale di São Paulo, compie 26 anni e chissà che non possa festeggiarli con un buon risultato. Noi, insieme ai complimenti per il traduardo raggiunto, gli auguriamo buon compleanno e buona fortuna.

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