di Michele Galoppini (@MikGaloppini) e Giulio Gasparin (@GiulioGasparin)
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Mancano pochi giorni all’ultimo atto della FedCup 2015 tra Repubblica Ceca e Russia, due tra le strapotenze del tennis femminile ormai da tanti anni. C’è chi non farà parte di questo ultimo incontro poiché, nonostante il forte legame con Mosca e la Russia, è giocatrice della Serbia e di questo ne è orgogliosa. Aleksandra Krunic a 22 anni è già una dei pilastri della sua nazione tennistica, ancora guidata dalla grande amica Jelena Jankovic e da Ana Ivanovic e, come poche altre, è fortemente orgogliosa e vogliosa di far parte della sua squadra e di portare in alto il nome della sua nazione. Si dice ‘hot-blooded’ come noi italiani e dà un valore grandissimo ai Giochi Olimpici.
Dotata di un gioco decisamente atipico, ha già raggiunto la posizione 62 del ranking e sin da piccola è un’ottima specialista del doppio, dove oltre alla finale agli Australian Open Junior ha ottenuto un titolo WTA. Atipica sul campo, lo è anche al di fuori, nel suo modo di pensare, in ciò che le piace fare e nei suoi interessi, come potete ora scoprire nell’intervista esclusiva che io e Giulio Gasparin abbiamo avuto il piacere di vivere qualche giorno fa.
Partiamo da una considerazione: quest’anno hai giocato diversi colpi molto spettacolari, come i tweener, le palle corte, volée pazzesche… sembra che ti piaccia proprio giocare così in campo!
Beh sì… decisamente! Le volée sono la cosa che preferisco fare e gioco volée da sempre quindi mi trovo particolarmente bene a rete a giocarle. Meglio che fare palle corte, almeno per quanto mi riguarda (sorriso).
Come hai ditto, hai un gioco molto complete. Puoi raccontarci come tutto è cominciato? So che hai iniziato a giocare in Russia, poi ti sei trasferita in Slovacchia… ma certamente puoi dirci di più…
Esatto, ho cominciato a Mosca, ho lavorato là con il mio primo coach per 10 anni, ma poi ad un certo punto non poteva più viaggiare con me, quindi ho dovuto pensare a qualcosa. Mi sono spostata in Slovacchia e sono stata là per un anno o poco più. Quindi ho tentato di trovare la mia strada in Serbia, perché in Slovacchia non c’erano molti coach e passavo da uno all’altro, finché non ho cominciato a lavorare con Biljana [Veselinovic], e tutt’ora lavoro con lei. All’inizio la condividevo con Alizé Cornet, ma da Wimbledon, quando si sono separate, lavoro da sola con lei. Ho un team tutto serbo ora, il che è perfetto… la nostra mentalità non è la stessa degli altri, magari lo sapete già. Per esempio siamo molto passionali (sorriso). Mi sento al massimo ora, ora che sono a casa.
So che tu ed Jelena Jankovic siete particolarmente amiche, che lei ti aiuta molto. Vuoi dirci di più a riguardo?
Jelena mi ha supportato durante tutta la mia carriera, diciamo da quando ho 15 o 16 anni, da quando abbiamo giocato la FedCup assieme. Da allora abbiamo giocato spesso in doppio assieme. Mi ha aiutata molto anche in allenamento ed è sempre pronta ad allenarsi con me. La rispetto tantissimo come giocatrice ma prima di tutto come persona. È una persona molto aperta ed è facile capire quando le piace qualcosa o quando qualcosa che mi riguarda non la convince, è molto diretta con me e mi piace questo tipo di comunicazione. Essere chiari con le persone è ciò che preferisco. Comunque sì, lei è davvero di supporto oltre ad essere una persona molto aperta.
Inoltre, anche con Timea Bacsinszky hai un ottimo rapporto. Siete molto vicine ed avete discusso di quanto sia difficile arrivare al top e soprattutto confermarsi…
Stavo giocando contro di lei un match in un torneo da $25.000 in Svizzera, un paio di anni fa quando eravamo entrambe fuori dalla top100. Stavamo parlando e pensavamo ‘è così bello essere al top, i tornei sono differenti, gli hotel sono differenti, tutto è differente in pratica (sorriso)!’ Lei ha avuto un cammino piuttosto tortuoso, credo, ed è sempre bello parlare con qualcuno come lei, apertamente. Non è un segreto nel tour: anche se certe persone credono di essere troppo speciali o di fare cose troppo speciali, tutti sanno che tutte facciamo e lavoriamo lo stesso e che non ci sono grandi differenze tra noi e loro. Mi piace fare quattro chiacchiere, conoscere persone, ma non tutte la pensano allo stesso modo…
Sei molto interessata alla psicologia ed alla criminologia, ma studi economia, sbaglio?
Allora, sto finendo il terzo anno ed iniziando il quarto, ma sarà tosto perché non sono quasi mai a casa. Ogni volta che sono a casa tento di passare qualche esame ed andare all’università, poiché, sapete, altrimenti gli esami non si passano (risata). È difficile fare queste due cose nello stesso momento, soprattutto perché quando si hanno delle ore libere dal tennis non sempre si è disposti ad aprire un libro, leggere ed imparare microeconomia. La mia carriera da tennista durerà fino, diciamo, a 35 anni, dipende da come mi sentirò e se sarò in grado anche di camminare a 35 anni (risata), ma poi… Inoltre mi piacciono gli aerei! Mi fa davvero paura prendere un aereo, eppure leggo un sacco di libri su aerei e cose simili (sorriso)… mi piacciono un sacco di cose e non penso che quando il tennis sarà acqua passata mi troverò a dire ‘oddio cosa farò ora?’ Sicuramente avrò un sacco di tempo libero, ma fortunatamente ci sono tante cose che mi interessano (sorriso).
Credo che il momento in cui ti sei fatta conoscere sia stato nel 2014, agli Us Open quando battesti Petra Kvitova e spingesti poi la Azarenka al terzo set, al quarto turno. Come sono cambiate le cose da quel Us Open?
Beh, sapete, c’è sempre pressione, che tu sia numero 1, in top10 o in top100. La pressione da affrontare c’è sempre. Pensavo ‘ok, quando entrerò in top100 sarà tutto più facile’… ma no, non è assolutamente vero (risata). Ho subito la pressione, ho cambiato il mio team, il mio fisioterapista, il mio coach e generalmente odio cambiare le cose. Ho dovuto abituarmi al nuovo ambiente. Facevo fatica a contrastare la pressione immagino, soprattutto perché avevo molte aspettative da me stessa. Sono una perfezionista ed è difficile conviverci (sorriso). Ora sto solo cercando di godermela e di accettare i miei errori e di farmi qualche complimento quando gioco bene e me lo merito, perché se ci si punisce per gli errori che si compiono bisogna anche gratificarsi per le cose buone, anche solo con un ‘bel match!’ o un ‘gran punto!’ Ancora faccio un po’ fatica, ma sono a buon punto. Ho solo bisogno di un po’ di tempo (sorriso).
Visto che abbiamo detto che sei interessata alla psicologia ed abbiamo parlato della pressione, come è stato tornare agli Us Open quest’anno?
È stato… ehm… terribile! Ero nervosa già quando sono atterrata in America! Ma nemmeno a New York, quando ancora andavo a Stanford! Ho giocato malissimo là, quel mese vorrei davvero cancellarlo dalla memoria, anche se mi ha permesso di imparare molto da me stessa. Però è stata dura. Quando poi tutto è finito, quando non ho difeso i punti in uscita e quasi sono uscita dalle prime 100, mi dissi ‘ok, sono viva, sono in salute, gli altri sono in salute. Quindi a posto.’ Tutto questo tempo che io, assieme a tanti altri, ho passato a preoccuparmi e prepararmi per cosa sarebbe potuto succedere… e poi non è successo niente di spaventoso; il processo di preparazione è stato 10 volte più spaventoso di ciò che poi è successo effettivamente. Ora cerco solo di godermi il momento, senza pensare a cosa potrebbe succedere… cioè, è martedì, dio solo sa se sarò viva venerdì (risata)!
Prima hai citato la FedCup. Da italiani, sai, proviamo un certo debole per la FedCup, ma quanto significa per te?
Significa tantissimo. Quando ero una ragazzina, non lo nascondo, piangevo e dicevo ‘voglio giocare per la Russia, io vivo in Russia! Non mi interessa della Serbia!’Dopotutto non ci avevo mai vissuto, non conoscevo nessuna compagna di squadra, non avevo mai vissuto quell’atmosfera. Ma poi, quando giocai la mia prima FedCup quando avevo 15 anni tutto cambiò. Certamente ho ancora tanto della Russia in me, credo, perché ho speso a Mosca tutta la mia vita e tutt’ora quando atterrò là mi sento bene, mi sento a casa e non vedo l’ora di tornarci. Ma sono serba, non c’è dubbio. Ed è sempre speciale giocare per la propria nazione, soprattutto se giochi in Serbia, perché siamo simili a voi ragazzi, agli italiani. Siamo passionali, siamo patriottici, potremmo strapparci le maglie in campo… è qualcosa di grosso in Serbia. Il mio sogno è giocare le Olimpiadi, e vincere le Olimpiadi! Non mi interessa particolarmente degli Slam. Un sacco di giocatrici mi han detto che sono pazza, ma per me piazzarmi al primo posto con la medaglia d’oro, ascoltare l’inno nazionale, valgono 10 volte la vittoria di uno Slam. Questa sono io, forse sono fuori, non so (sorriso).
Anche con Novak Djokovic hai una bella amicizia, magari puoi chiedergli di giocare il doppio misto…
Yeah, è un gran bravo ragazzo, è sempre disponibile per queste cose, quindi sicuramente proverò a sfruttare la cosa per qualcosa di simile (risata). Non saprei se per il doppio misto olimpico, ma ci sto pensando (risata).
Abbiamo avuto modo di parlare con Roberta Vinci. Visto che l’hai battuta recentemente un’altra volta, ti ha fatto molti complimenti per il tuo tennis…
Grazie! Mi piace molto giocare contro Roberta, perché il mio gioco si adatta al suo ma anche perché lei è molto divertente. Ha un tennis molto bello ed altamente tecnico e giocarci contro è sempre bello. Inoltre è una bella persona, ci si passa molto volentieri il tempo, è disponibile a fare quattro chiacchiere ed è una persona molto aperta e diretta, non come tante altre giocatrici… Poi è italiana e come dicevo prima anche lei è molto passionale in tutto ciò che fa, anche quando parla, quando gesticola, dice le parolacce (risata)…
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