Di Salvatore Greco
Scorrere il calendario ITF è un esercizio curioso, a suo modo divertente, che racconta molto di come funziona il mondo del tennis “minore”. Guardando quello del 2014, ad esempio, ci si accorge che l’ultima tappa dell’anno solare del circuito Futures negli Stati Uniti si è tenuta nella prima settimana di novembre e portava la sigla di USA F34. La rete di tornei sul territorio statunitense insomma fa sì che per trentaquattro settimane su cinquantadue l’anno si possa scegliere di giocare su un campo i cui teloni sono marcati USTA, per non parlare dei tornei di livello Challenger. Un tennista americano che per ragioni di età o di classifica fosse impegnato prevalentemente nei Futures non avrebbe quasi motivo di andare a giocare oltreoceano, eppure Stefan Kozlov – il talento americano più spasmodicamente atteso della sua generazione – ha giocato per le ultime quattro settimane tra Croazia, Francia e Bielorussia e al secondo tentativo sul veloce indoor di Minsk ha conquistato il suo primo successo da professionista spezzando il mantra che lo voleva, finora, un eterno incompiuto.
Parlare di eterno incompiuto per un ragazzo la cui data di nascita recita scanditamente “1 febbraio 1998” è un atto quasi disonesto, frutto della pressione volontaria o meno che il mondo del tennis americano (e non solo) getta sulle spalle di questo sedicenne dall’indiscusso talento ma al quale non si possono certo chiedere i miracoli. E probabilmente proprio per questo, per la folle pressione che pulsa da ogni campo degli Stati Uniti d’America quando il cognome Kozlov appare in tabellone, il giovane di origini russe è scappato verso la terra dei padri, a giocare due oscuri tornei Futures di fila a Minsk, lontano dove non potevano raggiungerlo gli occhi severi del mondo USTA, o perlomeno solo quelli più interessati.
La storia, per il resto, è nota: dopo una stagione di alti e bassi con un’esplosione attesa e mai arrivata, fermata (troppo?) spesso al penultimo o terzultimo atto di tornei che per livello tecnico avrebbe potuto vincere ma che ha perso per scarsa esperienza, tensione o poca concentrazione, è arrivata la curiosa tournée europea indoor conclusa con due tappe inaspettatamente bielorusse che hanno fatto segnare una finale –persa dall’indigeno Dzmitrij Zhyrmont- e la vittoria nella settimana successiva ottenuta dopo la finale contro lo stesso Zhyrmont. Sono pochi per ovvi motivi gli spunti tecnici che si potrebbero cogliere da tornei del genere, anche per l’impossibilità di seguirne i match, ma la concretezza pulita del risultato (7-6 6-1 nella finale per il titolo) è consolante viste le numerose partite importanti perse quest’anno da Kozlov al terzo set, sei solo a livello Futures. Il ricordo di questo successo e la consapevolezza di questa concretezza potranno essergli molto utili in futuro, verso un 2016 che avrà tutto un altro peso.
Il 2015 da par suo non è stato certo l’anno dell’attesa (da altri) fioritura di Stefan Kozlov per cui il primo titolo Futures è arrivato nello stesso anno dei due Challenger vinti di fila da Taylor Fritz, dal battesimo slam di Frances Tiafoe e dai titoli numero due e tre in carriera per il meno chiacchierato ma altrettanto promettente Michael Mmoh. Insomma, la luce messianica del tennis americano è sempre meno concentrata su uno solo dei wonder-boys della scuderia USTA e questo non può essere che un bene per Kozlov, per il tennis, per tutti quanti.
Leggi anche:
- None Found