Nel 2004 ha raggiunto la 41ma posizione WTA, suo best ranking. Nel corso della sua carriera ha partecipato a tutte quattro le prove del Grande Slam; ha raggiunto due volte, nel 2006 e nel 2007, il terzo turno agli Australian Open. Nel torneo di Bali, nel 2004, ha sconfitto la fresca vincitrice del Roland Garros, Anastasia Myskina, che in quel periodo era anche numero 2 del mondo. Vanta anche altri successi: ha battuto giocatrici quali Maria Sharapova, Na Li, Dinara Safina, Marion Bartoli, Jelena Dokic e Samantha Stosur. Se non avete ancora capito, sto parlando della simpatica biondina di Motta di Livenza (Treviso), Maria Elena Camerin, ex professionista e attuale maestra di tennis. Insieme al suo maestro storico, colui che crede in lei da quando aveva 10 anni, ha iniziato una nuova avventura. I due hanno aperto una scuola tennis a Jesolo, e io ho avuto il piacere di intervistarla.
Maria Elena racconta subito la difficoltà iniziale.
«Ho iniziato gradualmente. Il passaggio da professionista ad allenatrice è molto forte. Sto facendo meno tornei e nel frattempo insegno. Mi sento abbastanza bene in questa nuova avventura anche se mi mancano le mie amiche del circuito».
Ora lavori con Marcus Lundgren, il tuo maestro storico. Com’è il vostro rapporto?
«Lui per me è come un secondo padre, mi è stato sempre vicino, anche durante i momenti di crisi della mia carriera. Ci sono stati momenti in cui volevo smettere, momenti in cui ho smesso per poco. Però con il suo modo di fare è sempre riuscito a farmi tornare in campo. Tuttora che è mio collega, in cuor suo, vorrebbe che continuassi a giocare. Il nostro è un bellissimo rapporto, lo reputo una grandissima persona e credo sia la cosa più importante».
Ti piace questa nuova avventura o preferivi la vita da professionista?
«Sono due contesti diversi. Adesso mi rendo conto che non è facile anche questa nuova vita perché incontri ragazzi diversi l’uno dall’altro, con pregi e difetti differenti. Ogni volta è un test per riuscire a fargli capire quello che tu hai vissuto. Però non sono riuscita a staccarmi completamente dalle mie competizioni».
So che collaborerai anche con il TC Prato, Club che ti sta molto a cuore e che nel 2012 hai condotto sul Tetto d’Italia…
«Si, il progetto partirà a ottobre. È il club in cui gioco la Seria A. Li aiuterò con una collaborazione nella scuola tennis una settimana al mese».
Ti piacerebbe in futuro seguire alcuni ragazzini nei circuiti ATP e WTA?
«Sì mi piacerebbe molto. Forse questo potrebbe essere anche un buon modo per iniziare questa nuova vita perché se segui i ragazzi giovani che hanno potenzialità e già giocano nel circuito mondiale è uno stacco più lieve. Credo sia una bellissima esperienza».
Il tennis ti ha dato tanto e sta continuando a farlo. Ora vinci i tornei Open, giochi la Serie A; ma so che non hai molto tempo per allenarti. Qual è il tuo segreto?
«Il segreto credo sia che mi diverto sempre quando sono in campo. Posso giocare con il ragazzino di 12 anni, con il socio, posso fare la partita del torneo e mi diverto. Non vedo l’ora di fare il match. Mi alleno molto meno, mi riscaldo due minuti e inizio a fare subito i punti. Questo mi diverte molto».
Siamo ancora in clima US Open; sei molto amica di entrambe le finaliste. Che effetto ti ha fatto vederle giocare questo week-end?
«Le emozioni sono partite dalle semifinali. Dopo che Roberta ha battuto la Williams ho iniziato a guardare i voli. Ne ho comprato uno, però era al limite di tempo e non so se ce l’avrei fatta a vedere il match. Alla fine, a malincuore, ho deciso di non partire. Le emozioni sono state indescrivibili. Se tornassi indietro nel tempo e pensassi a noi tre da bambine non avrei mai pensato ‘Loro due nel 2015 faranno la finale degli US Open’. Credo comunque che sia il modo migliore di chiudere una carriera per Flavia. Questa finale corona tutti i sacrifici che entrambe hanno fatto, le gioie, i dolori, perché sia una che l’altra ne hanno avuti tanti di dolori. Flavia si è infortunata due o tre volte, Roberta aveva smesso di giocare, aveva iniziato a insegnare, faceva la maestra in un Camp estivo. Mi ricordo il suo ex allenatore che mi scriveva ‘Came, fai qualcosa tu, scrivile, aiutala’, e adesso vederle lì, ridere, divertirsi, come se giocassero in Puglia, credo sia una cosa straordinaria».
Le hai sentite in questo periodo?
«Sì, le ho sentite. Con Flavia mi sento spesso, dall’inizi del torneo quasi tutti i giorni. Ho fatto anche una scommessa con lei. Quando è arrivata nei quarti le ho detto: ‘Se vinci gli US Open mi metto in costume davanti al Duomo di Milano’. Adesso spero solo che lei si sia dimenticata. Io non glielo ricordo sicuramente. – ride – Sapevo che mi doveva raccontare qualcosa, era da giorni che mi diceva ‘Ci dobbiamo assolutamente vedere’ quindi avevo capito che era importante. Quando mi scrive così dico ‘Oddio, cos’è successo questa volta?’, è una cosa reciproca per noi. Credo che la notizia fosse quella che lei ha dato durante la premiazione».
Cosa ne pensi di questa scelta di Flavia?
«Penso che cercherò in tutti i modi di farle cambiare idea anche se conosco il soggetto. È una testa molto dura. Però questa decisione è una cosa che viene da dentro, credo ci abbia pensato a lungo. Forse nel momento in cui lei si fermerà veramente, a mente fredda, si potrà ragionare insieme. Io ci proverò comunque, ci proverò a farle cambiare idea».
Leggi anche:
- None Found