di Salvatore Greco
La risposta geografica alla domanda del titolo è immediata in modo quasi lapidario: Stefan Kozlov adesso si trova in Michigan, nell’affascinante località dal toponimo nativo americano di Kalamazoo famosa per aver ospitato la primissima fabbrica delle leggendarie chitarre Gibson e, nel mondo del tennis, per essere la sede ormai storica dei campionati nazionali juniores USTA, un po’ la capitale del tennis giovanile a stelle e strisce, in barba alla Florida e alle sue mastodontiche strutture.
Stefan Kozlov si trova lì in questi giorni proprio per partecipare ai campionati nazionali, competizione alla quale partecipa più che legittimamente essendo un classe 1998 lontano ancora svariati mesi dal raggiungere i fatidici diciotto anni. Eppure in qualche modo stride vederlo lì, lontano dai palcoscenici internazionali, a giocare il torneo di casa con gli amici di una vita, anche se è vero che il livello del torneo maschile quest’anno a Kalamazoo è altissimo con il quartetto di che comprende oltre allo stesso Kozlov anche Frances Tiafoe, Taylor Fritz e Tommy Paul, praticamente il meglio delle rising-stars che il tennis americano al maschile può offrire al momento.
La verità sembra però che, se solo ne avessero avuto la possibilità, tanto Kozlov quanto Tiafoe ormai firmatari di contratti da professionisti con ricche agenzie specializzate avrebbero preferito trovarsi su altri palcoscenici. Kalamazoo dal canto suo offre certezze, rappresenta un’alcova calda e confortevole nella quale ritirarsi a pensare, dove tutto è così dannatamente yankee che per un adolescente americano è difficile non sentircisi a casa; Kalamazoo è la cura per l’anima ferita dai bocconi amari di un circuito Futures grigio e poco soddisfacente e dai lividi di un circuito Challenger frequentato da uomini fatti e finiti, spesso arrabbiati.
Kozlov cerca di ripartire da lì, dalla terra dei laghi dove tutto è a stelle e strisce proprio per azzerare una stagione 2015 che finora ha risposto poco alle promesse che nel finale del 2014 cantavano mirabili e progressive sorti per il tennista americano di origini russe, promesse scolpite nell’incredibile finale raggiunta nel Challenger di Sacramento e persa inevitabilmente da Sam Querrey e nella vittoria del prestigioso torneo juniores dell’Orange Bowl ottenuta dopo varie finali slam junior perse in precedenza.
Proprio da lì sarebbe dovuto partire il 2015 di Kozlov, dalla pace fatta con il circuito giovanile e con i fantasmi finalmente scacciati dell’essere un giovane promettente ma incapace di imporsi al momento decisivo. E difatti la scelta chiara e netta era stata quella di abbandonare del tutto i tornei under-18 con 17 anni ancora da compiere e un coraggioso, per alcuni avventato, passaggio al professionismo senza passare per i docili sentieri del tennis universitario. Ma la prima stagione genuinamente pro’ del giovane Kozlov è stata finora tutto meno che un’arrembante scalata, anzi si è manifestata in una serie di risultati piuttosto discontinua e che ovviamente fa segnare finora un laconico 0 alla voce dei titoli conquistati in stagione. Difficile anche per un Kozlov in forma e che in questi mesi ha iniziato a superare il gap fisico che lo caratterizzava immaginare una sequenza come quella ottenuta dal coetaneo Safiullin lo scorso anno con cinque trofei Futures di fila conquistati in altrettante settimane, ma di certo il quarto di finale ottenuto nel challenger hawaijano di Maui e le finali di maggio nei Futures di Orange Park in Florida e di Città del Messico sono oggettivamente troppo poco per un tennista del talento e delle prospettive di Stefan Kozlov.
Difficile valutarne i progressi (o regressi) tecnici avendo avuto poche possibilità concrete di vederlo in azione su campi coperti da telecamere, l’impressione è che la facilità di gioco e il perfetto tempo sulla palla che l’avevano portato alle luci della ribalta siano ancora dalla sua parte e che la crescita fisica stia limando la poca potenza nei colpi che forse era il suo difetto più evidente anche agli occhi dei più ammirati fan. Quello che è emerso negli ultimi mesi sembra più un fattore psicologico, la famigerata difficoltà nel chiudere i match unita forse a una motivazione non sempre al massimo nel giocare tornei del circuito Futures come dimostrano i due incontri contro il tennista delle Barbados Darian King entrambi persi al terzo set rispettivamente nella già citata finale di Orange Park (USA F15) e nella semifinale di Cordoba (Messico F4), match quasi identici nei quali alla tentata rimonta nel secondo parziale dopo aver vinto il primo non è seguita la capacità di portarla avanti fino alla vittoria.
Basterà il clima festoso e domestico di Kalamazoo a ridare a Kozlov lo spirito giusto per affrontare anche i tornei meno stimolanti ma fondamentali ai fini delle classifiche? Di sicuro una vittoria sarebbe uno slancio importante per ridare entusiasmo, ma il giovane Stefan lo ricordi: fuori dalla campana di vetro con il logo USTA il mondo pro’ è ben altra cosa
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