(Thanasi Kokkinakis ai tempi dell’under 16)
di Matteo Mosciatti
Sarà capitato a molti di voi, almeno una volta, seduti sul divano davanti alla tv. Vi sarà successo per forza, nel bel mezzo di un’intensa seduta di zapping, di urlare “Oh, ma quello è…quello è…maaaamma vieni a vedere chi c’è in televisione!”. Riconoscere una persona incontrata in passato, un amico o un parente che recita in un film, viene intervistato al telegiornale o partecipa ad un incontro sportivo genera dentro di noi un conseguente interesse, tanto che poi, magari, quell’evento finiamo col seguirlo fino alla fine.
Alla soglia dei vent’anni e dopo tre quarti di questi dedicati al tennis, mi è facile trovare amici o rivali (limitandomi al maschile) ben avviati in classifica ATP, come anche accorgermi di non aver più sentito nominare alcuni che da “under” sembravano davvero promettenti. Da piccoli ci si lascia spesso condizionare dalla “fama”, dal numero di testa di serie sul tabellone piuttosto che rendersi conto che l’unica classifica che conta realmente nella vita è quella dei professionisti, e che forse se a 13 anni corri più del favorito numero uno del torneo, quel torneo lo puoi tranquillamente vincere tu.
Ne vincerà tanti di tornei, ma di tornei davvero importanti, Borna Coric, numero 33 del mondo ad appena 18 anni. Da “piccolo” Borna frequentava con regolarità le tappe del circuito Tennis Europe che si svolgevano (e si svolgono tutt’ora) in Italia, così, dopo che vinse il Lemon Bowl, me lo trovai di fronte al primo turno del tabellone principale del Torneo Internazionale under 12 di Porto San Giorgio. Sarà che al campo vicino al nostro giocava l’idolo di casa Gianluigi Quinzi, dunque il silenzio regnava sovrano durante gli scambi, ma io, seriamente, non ho mai sentito urlare tanto forte un giocatore di tennis durante una partita che, alla fine, ha vinto. Sul 2 pari al primo set il croato lanciò un grido disumano dopo un dritto tirato a rete ed io, guardando fuori, vidi alcuni ragazzi italiani gesticolare come a dire “questo è matto!”. La spaventosa rabbia, però, veniva compensata da un tennis straordinario fatto di accelerazioni improvvise e di grande rapidità di piedi, nonostante un fisico tutt’altro che impressionante. Comunque Coric non vinse il titolo, che si aggiudicò il suo connazionale Karlo Skvorc. Mai sentito? Tranquilli, non siete voi gli ignoranti: oggi Skvorc non ha alcun punto ATP e non ho idea di cosa faccia nella vita.
Restando sui classe ’96, l’altro Golden Boy del circuito è Thanasi Kokkinakis, portacolori dell’Australia e, anch’egli, presente ad alcuni tornei nella nostra penisola qualche anno fa. “Kokki” viveva le settimane di gara con una tranquillità unica, sempre con il sorriso sulle labbra a scherzare con i compagni di viaggio, che successivamente non sono rimasti al suo livello (ricordo Li Tu, suo amico più basso della rete ma piuttosto bravo).
Simpatico come Kokkinakis il francese Maxime Hamou, ora a ridosso dei top 200 che vanta un’ottima carriera under. La prima volta che lo vidi, qualificazioni Tennis Europe Trieste, aveva 11 anni, indossava completini che gli stavano enormi e vinse 60 60 contro il mio migliore amico, non uno scarso. Negli anni successivi ogni volta che lo incontravo aveva i capelli più voluminosi e il rovescio più fluido. Ah, altra particolarità: sia Kokkinakis sia Hamou giocavano benissimo il doppio.
All’under 16 di Foligno la partita più veloce della mia vita: scendo in campo contro un giapponese più piccolo della borsa Yonex che porta a fatica sulle spalle; alcuni italiani mi dicono che in allenamento non sembrava niente di che, è mancino e non tira fortissimo. Il suo nome? Yoshihito Nishioka, ATP Ranking #137. Dopo un riscaldamento ridicolo durante il quale il nipponico tira 5 dritti a caso e viene a provare le volèe, inizia il match. Da quel momento ricordo solo che passai circa 40 minuti a raccogliere le palline che tirava a una velocità impressionante senza darmi modo di entrare nello scambio. Io feci un game e tornai a casa, lui vinse il torneo senza perdere un set. Chapeau.
Riesplorando la Croazia, uno molto forte era Franko Miocic, ’95 dagli scatti d’ira stile Coric attualmente 1300 posizioni dietro Borna. Di ragazzi che conquistarono trofei senza dar seguito a tali risultati ci furono anche il cipriota Sergis Kyratzis, il rumeno Paul Rares Andriuc, l’inglese Billy Harris, lo slovacco Maruscak ed il francese Alexandre Favrot, anche se, esclusi coloro che non giocano più, a vent’anni non possiamo dare per “finito” un giocatore.
Da bambino puoi vincere tanto, girare il mondo e sembrare il nuovo Federer, ma non è a 14 anni che si decide la tua carriera. Non sembrava Federer, ma neanche Nadal o Djokovic, quell’Andrey Rublev che un paio di settimane fa ha condotto la Russia ad una fondamentale vittoria in Coppa Davis. Il biondissimo atleta di Mosca sfidò mio fratello Marco nella finale di Porto San Giorgio 2009 (esatto, lo stesso torneo in cui persi con Coric due anni prima) e, onestamente, non mi impressionò per niente. Di sicuro non era scarso, ma del servizio e del diritto di adesso quel Rublev aveva ben poco, concedendo svariate occasioni all’avversario sino ad uscire sconfitto.
Dopo aver citato anche il gigante russo Daniil Medvedev, che a 16 anni in Belgio mi rifilò circa 20 aces ed ora è 371 del mondo (ma da fondo campo non valeva più di un 2.6 italiano), chiudiamo con l’unico con cui ho ancora un conto in sospeso: Yuriy Kryvoy, Ucraina, 1464 ATP. Era testa di serie numero uno al Tennis Europe under 14 di Waiblingen, nei pressi di Stoccarda, e dopo avermi rimontato al primo turno da 7/5 4/1 in mio favore, sfiorò la vittoria del torneo perdendo in finale. In quella finale, caro Yuriy, dovevo esserci io. Di quella partita, caro Yuriy, prima o poi avrò la rivincita che mi spetta.
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