Ci sono quelle vittorie che segnano per sempre una carriera: che sia il torneo, il punteggio o l’avversario sconfitto a suscitare l’attenzione rimangono per sempre negli occhi dei fans le immagini di match terminati in modo quasi del tutto impronosticabile. Se anche Maria Sharapova non batte Serena Williams dal 2004, la sua vittoria a Wimbledon in finale proprio quell’anno contro la minore delle sorelle americane è un ricordo ancora ben impresso nelle menti di tutti coloro che amano il tennis. Non è stata così sconvolgente, in quanto si trattava solo di un secondo turno, la vittoria di Garbiñe Muguruza sulla stessa Serena Williams al Roland Garros 2014: doppio 6-2 in poco più di un’ora con Serena brekkata 5 volte su 8 e incapace di reagire in alcun modo alle bordate piatte e profonde della giovane spagnola. Non possiamo ancora dire se quella vittoria abbia sancito il definitivo lancio della tennista iberica ad alti livelli o se la spagnola sarà protagonista di exploit simili a quelli raggiunti nell’ultimo Wimbledon, ma aver inflitto alla Williams la peggior sconfitta in termini di punteggio a livello Slam lo scorso anno qualcosa vorrà pur dire.
Tornando a porre la nostra attenzione sull’appena concluso torneo dei Championships non può passare inosservata la splendida cavalcata della simpatica e sorridente spagnola: primo turno tra i più insidiosi per le tenniste comprese tra le teste di serie (è partita con il pettorale numero 20) contro la Lepchenko, mai davvero a suo agio sull’erba ma il cui dritto mancino non è facile da addomesticare nemmeno su superifici rapide, e secondo turno che la vedeva opposta alla Lucic-Baroni, capace ad inizio Millennio di issarsi fino alle semifinali di Wimbledon, prima di inchinarsi a Sua Maestà Steffi Graf. Un secondo set pessimo nel quale è quasi riuscita a ricolmare lo strappo iniziale è stato forse l’unico vero momento di sbandamento nel torneo della spagnola prima dei match finali: il terzo set vinto con agio le ha permesso di guadagnarsi la chance di affrontare la Kerber al terzo turno. Dopo la vittoria in rimonta a Parigi sempre a livello di terzo turno, Garbiñe si è ripetuta anche a Wimbledon: in uno dei match più intensi e di alto livello del 2015 ha posto fine alle più che mai legittime velleità della neo campionessa del torneo di Birmingham. Particolarmente confortante per la spagnola è stata la tenuta fisica, in quanto dopo un interminabile primo set conclusosi solo al termine di un tie break fiume, ha un pò rallentato col braccio e accorciato i colpi subendo un pesante 16 che non l’ha minimante impensierita per il proseguo del match: il 62 conclusivo ben rappresenta una superiorità netta nei confronti del tennis troppo difensivo (anche su erba) della tedesca. I due match seguenti contro Wozniacki e Baczinsky, in ottavi e quarti rispettivamente, hanno seguito più o meno la stessa trama tattica del match contro la tedesca; la spagnola, trovatasi di fronte giocatrici più avanti di lei in classifica ma non in grado di competere con lei sul piano della potenza, è stata ammirevole nel gestire in maniera ottimale i match, insistendo sui diritti delle sue avversarie (colpo meno forte sia della danese che della svizzera) senza però metterlo eccessivamente “in palla”, ma sfruttandone le incertezze nei momenti topici dell’incontro. Non di diversa lettura, sia nel pronostico che nell’effetivo svolgimento del match, è stato l’incontro di semifinale, la prima a livello Slam raggiunta dalla spagnola dopo gli stop ai quarti al Roland Garros del 2014 (contro Sharapova, poi splendida vincitrice) e del 2015 (contro la piacevolissima sorpresa Safarova, futura finalista); la Radwanska, uscita forse definitivamente dal peggior periodo della propria carriera tennistica, è sì giunta in semifinale a Wimbledon, ma pare davvero non avere il tennis per raggiungere la vittoria in uno Slam ed arginare la potenza di tenniste che, in particolare sull’erba (nonostante sia la superficie prediletta della giocatrice di Cracovia) riescono a sfondare il muro che la polacca prova ad erigere. Avanti 6-2 3-1 con irrisoria facilità, vantaggio ottenuto sfruttando la debolezza del servizio e del diritto della Radwanska, il suo gioco si è inceppato a pochi punti dalla vittoria: il diritto è diventato meno sicuro e non riusciva più ad abbreviare gli scambi come le riusciva nella prima parte dell’incontro. Grazie però ad una ritrovata concentrazione, un gioco nettamente più potente e che può davvero permetterle di ottenere la vittoria nei tornei che contano è riuscita ad avere la meglio in tre set e raggiungere la prima finale Slam. La conclusione del torneo è nota, ma non nasconde i meriti guadagnati dalla Muguruza nelle due settimane e soprattutto ha mostrato che il gioco della spagnola può appartenere al tennis di vertice e non solo quello di immediato rincalzo alle migliori. Contro Serena ha provato a stare vicina all’americana nel punteggio ed è riuscita perfino ad ottenere un vantaggio significativo, prima che l’americana riacquistasse fiducia e ribaltasse nel giro di pochi minuti la situazione: da 24 sotto nel primo set è letteralmente piombata avanti per 6-4 5-1 con a disposizione il servizio per chiudere il match. La tensione ha però bloccato Serena, a pochi punti dal secondo “Serena Slam” e dal completare i tre quarti del più prestigioso Grand Slam (nonchè dallo staccare definitivamente Venus, ferma a quota 5 trofei di Wimbledon) e, accompagnata dalla continua voglia di lottare della spagnola, ha permesso a quest’ultima di riagguantare la numero 1 del mondo sul 54, prima però di giocare uno zoppicante ultimo game del match che ha consegnato trofeo, gloria e possibilità di covare ambizioni ancora più incredibili alla Williams.
Se l’analisi del torneo dell’iberica sembra la classica “Cindarella story” che negli ultimi anni abbiamo già descritto grazie alle varie Errani, Cibulkova, Safarova e Lisicki, la splendida corsa della spagnola sembra poter essere il preludio a qualcosa di ancora più grande. Il tennis della spagnola in primis è di altissimo livello, se si esclude il gioco di volo; il servizio infatti è in continuo miglioramento (se si osserva la potenza di questo fondamentale lo scorso anno e lo si compara con quella attuale si nota un incremento significativo di velocità e una capacità di trovare in modo più agevole angoli che le permettono di aprirsi facilmente il campo) e, se riuscirà a sfruttare ancora di più la forza della parte superiore del corpo, può diventare un’arma quasi micidiale. Tra tutti i colpi quello che maggiormante colpisce ed affascina è il rovescio: pulito, preciso, profondo e penetrante non è solo un’allitterazione, ma la descrizione di un fondamentale sul quale la Muguruza costruisce e continuerà a costruire le sue vittorie. Caratterizzata da un’esecuzione assai compatta che maschera la difficoltà di esecuzione di quel colpo in determinate situazioni non sempre agevoli, il rovescio dell’iberica sembra nato per il gioco sui prati; giocato in entrata quando ha la possibilità di eseguirlo con i piedi dentro il campo è devastante e risulta vincente nella maggior parte delle situazioni. Il suo diritto non è un colpo di facile lettura e non affascina come il rovescio per stile e classe, ma per la sua particolarità intrinseca: a volte è colpito con spin piuttosto accentuato che è in grado di allontare le avversarie dalla linea di fondo, altre volte la potenza che la spagnola riesce ad imprimere lo fa sembrare un missile terra-aria che riesce a far male sia lungolinea che incrociato. Forse non fosse cresciuta tennisticamente in Spagna non sarebbe così forte ed efficace com’è oggi con il diritto, ma rimane il fatto che a seconda della superificie può sfruttarne i diversi vantaggi e questo è un aspetto non irrilevante in un tennis apparentemente monocorde come quello della Muguruza. Il gioco di volo invece risulta ampiamente insufficiente ed è autrice di innumerevoli disastri sia con volée che con lo smash: seppure giochi spesso il doppio non si trova quasi mai nella posizione corretta per colpire al volo e l’impugnatura chiusa che utilizza nei fondamentali da fondo non aiuta. Lo scambio che le ha regalato il break decisivo nel terzo set della semifinale è stato in questo senso emblematico: giunta a rete per chiudere con un apparentemente semplice smash, lo ha eseguito in modo tutt’altro che ottimale ed è stata costretta a continuare il punto, concludendolo però con un rovescio in arretramento in contropiede sull’incrocio delle righe da applausi. Questo particolare evento dimostra la fiducia che ha nell’eseguire i fondamentali da fondo ma allo stesso tempo le incertezze che caratterizzano il suo gioco di volo, in quanto anche lo schiaffo non arriva ai livelli di quello di picchiatrici d.o.c. come Sharapova, Azarenka o Kvitova.
Detto degli aspetti su cui può migliorare, a colpire sono i miglioramenti a livello mentale di cui è stata protagonista negli ultimi due anni; da tennista che spesso tendeva a deprimersi ed uscire lentamente dal match è riuscita a forgiare questo particolare aspetto del suo carattere e ora risente meno di queste pause. Ormai è quasi una garanzia quando si trova ad affrontare giocatrici dal gioco difensivo o poco aggressivo come Halep, Kerber, Wozniacki, Radwanska, Errani e Baczinsky, specialemente nei grandi palcoscenici e quando ha sufficiente tempo per recuperare dalle fatiche degli incontri precedenti, proprio come avviene negli Slam grazie al giorno di riposo. Non è un caso che quest’anno abbia raggiunto gli ottavi a Melbourne (persi lottando contro Serena), i quarti a Parigi (raggiunti sconfiggendo Giorgi, Kerber e Pennetta) e la finale di Wimbledon: la Muguruza non teme la responsabilità di giocare su campi importanti, anzi sembra esaltarsi e trarre la giusta energia dal pubblico che si schiera dalla sua non solo per il suo gioco esplosivo ma anche per i suoi modi affabili. L’aver scelto finalmente di rappresentare la Spagna (e non il Venezuela, sua terra natale) sembra averle dato ulteriore tranquillità e il Paese del quale ora difende i colori sembra averle dato le giuste basi tecniche e tattiche, come già evidenziato per quanto riguarda il diritto. Tuttavia il tennis che si insegna in Spagna è ben diverso da quello che la Muguruza pratica e per questo deve imparare da tenniste come Serena e Maria (che, insieme a Martina Hingis, sono i modelli di riferimento per quanto riguarda il gioco per sua stessa ammissione) ad essere convinta al 100% dei colpi rischiosi che si appresta a giocare; in Spagna insegnano a pensare molto, specialmente durante lo scambio, ma Garbiñe deve imparare in particolar modo dalla Sharapova a pensare prima di giocare uno scambio poiché durante lo svolgimento del punto, a causa del suo gioco di grande potenza e spinta da fondo, non ha abbastanza tempo per riflettere e ogni secondo di esitazione può rivelarsi fatale: anche per le picchiatrici pensare è fondamentale, ma i match più importanti spesso si decidono su pochi episodi, pochi colpi in contropiede o sulla riga (come dimostra il penultimo match della semifinale vinta a Wimbledon) che occorre già aver “programmato” in precedenza o per i quali bisogna essere lucidi nella scelta del momento dell’esecuzione. Inoltre un ulteriore e definitivo salto di qualità deve passare attriaverso i momenti di pausa, sempre meno presenti ma spesso ancora decisivi; a Eastbourne, pur opposta ad un’ottima Konta, ha perso un match a causa di pause meno rilevanti degli anni passati ma che sul finale del primo parziale e ad inizio terzo set hanno compromesso la sua prestazione.
Ciò che può dà fiducia è però il percorso che la spagnola sta vivendo: ogni sua conferenza stampa post vittoria a Wimbledon permetteva di capire come la spagnola stesse imparando ad affrontare le nuove situazioni che si trovava ad affrontare, dalla durezza dei tornei di due settimane, alla pressione dei fans e alle (false) preferenze sulle superifici, argomenti che spesso le tenniste (anche quelle giovani, come dimostra il 2014 di Eugénie Bouchard) non affrontano per sembrare più sicure e meno umane di certe colleghe. Garbiñe non ha paura di sembrare umana, anzi proprio nella sua modestia e nella capacità di rimanere sempre con i piedi per terra, fondamentale se si vuole raggiungere (e soprattutto restare al top, vedi sempre l’esempio della Bouchard) i vertici del tennis, troviamo i punti di forza della Muguruza dentro e fuori dal campo. La sua corsa ai Championships, grazie ai suoi modi di fare e alle sue parole trasparenti ma mai banali, è sembrata la corsa di un fan qualunque che, seppur lontanissimo dall’idea di poter giocare match nei main draws dei tornei dello Slam, riesce a capire con assoluta chiarezza cosa sta succedendo nella testa, nel gioco e nella carriera di una tennista ed aspirante campionessa della porta accanto. I suoi modi gentili, le sue fossette sulle guance, il suo sorriso naturale ma che non può lasciare indifferenti non bastano per vincere uno Slam, ma se acccompagnati da un gioco di indubbia qualità, da uno staff ben solido e pronto a supportarla nelle scelte più complicate e a mantenerla con i piedi per terra, pur continuando a far ardere nel suo spirito, nella sua testa e nel suo cuore la voglia di raggiungere la vetta del mondo tennistico, possono spingerla ben più in alto dell’attuale nona posizione WTA. Può raggiungere la vittoria in un torneo dello Slam, e può farlo su qualunque superficie: dovesse imparare a convivere con la popolarità (che a certi livelli diventa un elemento necessario da considerare) che il tennis di oggi impone, specialmente ad una ragazza così alta e di bell’aspetto, non sarà solo più una giocatrice di buone speranze e di alto livello, ma un’atleta in grado di riportare la Spagna femminile ai livelli degli anni Novanta e di colmare quel vuoto che necessariamente le sorelle Williams e la Sharapova causeranno al momento del loro ritiro.