Parlare in questo periodo storico di tennis australiano significa citare tennisti come Kyrgios e Kokkinakis, che hanno tutte (o quasi) le carte per dominare in questo sport. In queste prime partite di Wimbledon 2015, Kyrgios è passato facilmente al turno successivo (tre set facili contro l’argentino Schwartzman) ma Kokkinakis è stato costretto a fermarsi, sempre in tre set, contro un altro argentino, Leonardo Mayer.
C’è anche stato il ritiro dalle competizioni dell’ex n.1 Leyton Hewitt, sconfitto 11-9 al quinto da Jarkko Nieminen ma gli australiani possono anche evitare di preoccuparsi, almeno per un po’. Oltre ai citati giovanissimi ci sono validi giocatori che spesso passano inosservati, come ad esempio Sam Groth (vittorioso in quattro set contro Sock), Ebden fantastico nella stagione su erba, John Millman (vittorioso per tre set a zero contro Robredo) e James Duckworth, classe ’92, che ha battuto al quinto il tunisino Jaziri (ha vinto i primi due prima di subire la rimonta del nordafricano e chiudere 7-5 il parziale decisivo).
Ducks, questo il nickname usato dai suoi amici, è un ragazzo sportivo (ama fare surf, giocare a ping pong, calcio e tantissimi altri sport) e non immaginerebbe mai di essere lontano dal mondo dello sport, tanto che in caso non avesse avuto successo con la carriera da tennista avrebbe scelto di diventare un giocatore di rugby per la squadra dei Newcastle Knights.
Nipote di Beryl Penrose, vincitrice degli Australian Open in singolo e in doppio nel lontano 1955, James non ha trovato difficile seguire la strada della nonna, provando ad emularla. Tutta la sua famiglia giocava a tennis e di certo lui non poteva sottrarsi a questa routine, prendendo la prima racchetta all’età di 7 anni. Da li sono cominciati i successi che lo hanno portato prima nella top 10 junior, piazzamento che poi gli ha permesso di essere il leader nel suo team di Junior Davis Cup (nel 2008), partecipando a una competizione che sarà (fino ad ora) il ricordo più bello della sua carriera.
Il passaggio ai pro è stato, se così si può dire, positivo. Chiudere a meno di 20 anni nella top 300 non è certamente un risultato da buttare, specie nel tennis di oggi, in cui è sempre più difficile ottenere risultati da giovani. È mancato più che altro quel balzo che ti permette di cominciare a giocare a livello Challenger e Atp. James infatti dal 2011 al 2013 è salito, con una costanza che non è semplice trovare, guadagnando 60-70 posizioni l’anno fino al 2013, anno in cui ha chiuso a ridosso dei top 100 (n.136). Passare più in su era, ed è, la parte più difficile per gran parte dei tennisti che magari navigano nei challenger ma collezionano pochi risultati a livello Atp. James è così rimasto in questo “limbo” e quest’anno, grazie ai risultati ottenuti nei Master 1000 americani (un paio di secondi turni partendo dalle qualificazioni) e in qualche 250 (alcuni quarti di finale) è riuscito finalmente a stabilizzarsi nei primi 100.
Il suo ranking, 85 questa settimana (b.r al numero 82) non è un punto di arrivo, anzi. La top 100 – come ha detto mesi fa – è sicuramente un traguardo positivo ma sento di poter fare di più, sento di avere il livello giusto per battere tennisti che sono nella top 50 e, anche, più in là.
Se poi ci aggiungi che la sua citazione preferita è la seguente: “Ho cercato di migliorarmi per anni, ora sto bussando alla porta più grande (la top 50) per entrare …”
Per questo, il secondo turno raggiunto questa settimana a Wimbledon (supera un turno per la prima volta su tre partecipazioni) deve essere considerato come il momento giusto per ottenere quel terzo turno in uno Slam, o anche più, che manca ancora nel palmares del ragazzo di Sydney (3 volte ha ottenuto il secondo turno, nello slam di casa, gli Australian Open, fermandosi sempre lì). La sfida sarà quella con Sam Groth, ragazzone (supera i 2 metri di altezza) di Brisbane che ha superato in 4 set l’americano Sock. I pronostici sarebbero tutti per quest’ultimo ma James, con il suo dritto, proverà a compiere l’impresa e a prendersi questo importante risultato.
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